La Corte Costituzionale, con la sentenza n.18/2019, ha sanzionato la ripartizione del disavanzo originario dei piani di riequilibrio in un periodo più ampio (fino a trent’anni), grazie all’inserimento dell’art.1 comma 424 della legge di stabilità 2017. La Consulta ha evidenziato come il collegamento tra il disavanzo originario, stabilito nella fase iniziale del piano di riequilibrio, venisse collegato alla provvista delle anticipazioni di liquidità provenienti sia del d.l.35/2013 sia all’allungamento fino a trent’anni del rimborso del fondo di rotazione. L’incostituzionalità della norma è consistita, in sintesi, nel permettere di ripianare il disavanzo originario non secondo la durata del piano originario, ma estendendone in modo inammissibile la sua durata oltre il piano di riequilibrio addossandone, in tal modo, le conseguenze sulle generazioni future, aumentando nell’arco temporale del piano di riequilibrio originario la spesa. La norma prevedeva, infatti, che gli enti che avevano presentato o avuto approvato il piano di riequilibrio finanziario, in regola con i tempi medi di pagamento, avrebbero potuto ripartire l’eventuale disavanzo originario, che nasceva dallo stralcio dei residui inesigibili o di dubbia esigibilità (da inserire nel conto del patrimonio fino al compimento dei termini di prescrizione) antecedenti al 1º gennaio 2015, in un periodo massimo di 30 anni, dall’anno successivo a quello dell’anticipazione di liquidità ricevuta. Quindi, il finanziamento delle anticipazioni di liquidità ricevute sarebbero andate a finanziare un disavanzo, non per investimenti, ma derivante dallo stralcio di crediti spesso derivanti da operazioni correnti, con evidente illegittimità costituzionale di tale finanziamento.
La Corte dei conti, sezione regionale di controllo per le Marche, nella deliberazione 7 marzo 2019, n.15 è stata chiamata, invece, a verificare se anche le disposizione della legge di stabilità del 2016, per contenuti e modalità, potesse rientrare nell’ipotesi sanzionata dalla Consulta.
Le disposizioni della legge di stabilità 2016
Il dubbio nasce dalla disposizione della legge di stabilità 2016 che, ai commi 714 e 715, ha come contenuti le medesime disposizioni successivamente novellate dal comma 434 dell’articolo unico (legge di bilancio 2017) norma questa sanzionata dalla Corte Costituzionale nella richiamata sentenza n.18/2019. Tale, normativa del 2016 prevedeva la facoltà per gli enti in riequilibrio finanziario di rimodulazione/riformulazione del piano al fine di renderne coerenti i contenuti con gli esiti delle operazioni preliminari per l’avvio del nuovo sistema di contabilità armonizzata ed, in particolare che:
- gli enti locali che nel corso del 2013 o del 2014 hanno presentato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale o ne hanno conseguito l’approvazione ai sensi dell’articolo 243 bis del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono ripianare la quota di disavanzo applicato al piano di riequilibrio, secondo le modalità previste dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 2 aprile 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 89 del 17 aprile 2015. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, i medesimi enti, ferma restando la durata massima del piano di riequilibrio come prevista dall’articolo 243 bis, comma 5, del citato testo 3 unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, possono provvedere a rimodulare o riformulare il precedente piano in coerenza con l’arco temporale di trenta anni previsto per il riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n.118. La restituzione delle anticipazioni di liquidità erogate dagli enti di cui ai periodi precedenti, ai sensi degli articoli 243 ter e 243 quinquies del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, è effettuata in un periodo massimo di trenta anni decorrente dall’anno successivo a quello in cui viene erogata l’anticipazione (comma 714);
- Gli enti locali che hanno conseguito l’approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale ai sensi dell’articolo 243 bis del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per il periodo della durata del piano possono utilizzare le risorse derivanti da operazioni di rinegoziazione di mutui nonché dal riacquisto dei titoli obbligazionari emessi senza vincoli di destinazione (comma 715).
Le indicazioni della Sezione delle Autonomie
La prima interpretazione su tale normativa è contenuta nella deliberazione n.13/2016 della Sezione delle Autonomie. Secondo quest’ultima, al fine di fugare la possibilità di interpretazioni opportunistiche, è stato sottolineato che “Il sopravvenuto intervento normativo attuato con l’introduzione dei commi 714 e 715 riconosce la facoltà di riformulare o rimodulare il piano già approvato o presentato solo per consentire il ripiano del disavanzo scaturito dal riaccertamento straordinario dei residui nei termini e con le modalità stabilite dall’art. 3 del decreto legislativo n. 118 del 2011 e dal decreto ministeriale 2 aprile 2015 ma lascia impregiudicati i vincoli normativi e gli impegni già assunti da ciascun ente al momento dell’approvazione del piano”.
Definito il quadro legislativo e le indicazioni della Sezione delle Autonomie, la Corte marchigiana evidenzia come la operata rimodulazione non incida né sulla durata della originaria pianificazione né sulle misure previste per il finanziamento della massa passiva da ripianare ma miri unicamente a rendere coerenti i contenuti del piano di riequilibrio con gli esiti del riaccertamento straordinario dei residui previsto dai nuovi principi della contabilità armonizzata (ad esempio per reimputazione dovuta ad una diversa esigibilità degli stessi secondo il principio della competenza finanziaria potenziata).
Conclusioni
In conclusione per il Collegio contabile non essendoci modifiche sul disavanzo, se non quello tecnico dovuto ai nuovi principi contabili, né sul periodo di ripartizione previsto nel piano originario, la normativa della legge di stabilità 2016 non presenta problemi di legittimità Costituzionale.
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