Fallibilità delle società in house: la Suprema Corte interviene in modo deciso

Approfondimento di V. Giannotti

Le problematiche sulle società in house providing ha posto in dottrina ed in giurisprudenza notevoli problematiche, sia in merito ai profili della concorrenza (a fronte dell’affidamento diretto operato dagli enti locali), che quelli relativi alla compatibilità in tema di aiuti di stato o alla responsabilità degli organi sociali, sia in merito alla possibile soggezione delle stesse alle procedure fallimentari. A ben vedere le società c.d. in house providing sono state considerate come la longa manus dell’ente, ossia come una sua derivazione operativa tanto che la costituzione, come società, non poteva non tenere conto che la stessa fosse nei fatti del tutto dipendente dal soggetto pubblico o pubblici proprietari. A fronte di tale confine ristretto tra volontà forte del socio che ne affidava in via diretta i servizi (eludendo le regole della concorrenza) e la responsabilità della società nei confronti dei terzi ha posto un problema, in merito alla crisi di impresa, se la formale costituzione della società potesse avere una vita autonoma rispetto al suo socio pubblico, ponendo un problema in merito alla sua fallibilità e il tipo di correlazione con la responsabilità del socio pubblico.
La Corte di Cassazione, Sez.I Civ., con la sentenza 07/02/2017 n. 3196 affronta il problema della fallibilità delle società in house providing, a fronte del ricorso dei creditori i quali evidenziavano la mancanza dei requisiti soggettivi di fallibilità, in considerazione della qualità di organismo pubblico e della rilevanza del controllo analogo che esercitava il Comune sulla partecipata. Trattasi di una ipotesi precedente alla nuova legislazione sugli appalti (d.lgs. 18 aprile 2016, n.50) e sulle società pubbliche ( d.lgs. 19 agosto 2016, n.175). Nel caso concreto, la questione concerne la fallibilità o meno di una società, costituita secondo le forme della società a responsabilità limitata, affidataria da parte dell’ente territoriale pubblico partecipante di plurimi servizi di gestione del relativo patrimonio, nell’ambito di un rapporto disputato quanto alla prossimità al controllo analogo, proprio delle società in house.

Le indicazioni della Suprema Corte

I giudici di Palazzo Cavour evidenziano come il giudice di legittimità abbia stabilito importanti principi secondo i quali, in tema di società partecipate dagli enti locali, la scelta del legislatore di consentire l’esercizio di determinate attività a società di capitali, e dunque di perseguire l’interesse pubblico attraverso lo strumento privatistico, comporta che queste assumano i rischi connessi alla loro insolvenza, pena la violazione dei principi di uguaglianza e di affidamento dei soggetti che con esse entrano in rapporto ed attesa la necessità del rispetto delle regole della concorrenza, che impone parità di trattamento tra quanti operano all’interno di uno stesso mercato con identiche forme e medesime modalità (Cassazione n. 22209/2013).

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