I comuni per i quali, anche in considerazione delle pronunce rese dalla Corte dei conti, sussistano squilibri strutturali di bilancio suscettibili di provocare il dissesto finanziario, non superabili con gli ordinari strumenti di cui agli artt. 193 e 194 del d.lgs. TUEL, possono ricorrere alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale disciplinata dagli artt. 243-bis e seguenti del TUEL. Tale istituto – introdotto, come noto, ad opera del d.l. n. 174 del 2012 – si inserisce in un sistema in cui sono prefigurate, in una graduale articolazione, le situazioni di precarietà delle gestioni amministrative e, in parallelo, i rimedi per farvi fronte (cfr. Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 16/SEZAUT/2012/QMIG; v. anche ex pluribus Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, sentenze n. 1/2024/EL; n. 34/2020/EL; n. 19/2018/EL 5/2019).
Sul piano sostanziale, la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale contiene in sé gli elementi per configurarsi come un rimedio compiutamente autonomo, di guisa da rappresentare un tertium genus rispetto alle fattispecie già codificate agli artt. 242 e 244 del TUEL per gli enti in deficitarietà strutturale e in dissesto. L’obiettivo primario della stessa deve individuarsi nell’attuazione di un percorso graduale di risanamento dell’ente atto a superare gli squilibri di bilancio che si sono precarizzati “nello sviluppo di una programmazione che, comunque, conserva la validità delle linee generali della politica di bilancio già attuata dall’Amministrazione” (così, Sez. Autonomie, delib. n. 22/SEZAUT/2023/QMIG; cfr. anche delib. n. 36/SEZAUT/2016/QMIG).
È proprio in tale dinamica gestionale che risiede la peculiarità della misura de qua: la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, pur presupponendo una situazione di evidente deficitarietà strutturale prossima al dissesto – e, dunque, ipoteticamente idonea a dar luogo al c.d. dissesto guidato ex art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149 del 2011 – tende a valorizzare la responsabilità degli organi ordinari dell’ente nell’assunzione delle iniziative per il risanamento (cfr. Sezione delle Autonomie, deliberazioni n. 16/SEZAUT/2012/QMIG e n. 13/SEZAUT/2023/QMIG). Trattasi, a ben vedere, di un impianto pienamente coerente con uno dei principi fondamentali del federalismo fiscale (i.e., rafforzamento della responsabilità di mandato degli amministratori), che trova espressione anche nell’art. 4-bis del d.lgs. n. 149 del 2011 nella parte in cui, nel codificare la relazione di inizio mandato comunale, contempla l’ipotesi del ricorso alle procedure di riequilibrio finanziario pluriennale (cfr. Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 13/SEZAUT/2023/QMIG).
Nella delineata cornice, gli organi “ordinari” dell’ente sono chiamati a predisporre uno specifico piano pluriennale, secondo le modalità, i tempi e i contenuti disciplinati nell’art. 243-bis e ss. del TUEL. Il PRFP presenta una struttura bipartita: “ricognitiva” rispetto ai fattori di squilibrio e “programmatica” rispetto alle misure di riequilibrio da adottare. Più in dettaglio, la fase ricognitiva esige la precisa quantificazione della massa passiva iniziale e costituisce, come tale, il presupposto per la corretta impostazione contabile e giuridica del piano, rappresentando l’obiettivo del risanamento in termini di risorse straordinarie da recuperare; di contro, la fase programmatica richiede la predisposizione di misure idonee a conseguire il risanamento attraverso il progressivo e completo recupero delle passività emerse dalla ricognizione iniziale (così, Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione n. 34/2020/EL; cfr. ex plurimis anche Sezioni riunite, sentenza n. 34/2015/EL).
Nel disegno normativo, come osservato dalla magistratura contabile, la procedura di riequilibrio, in ragione delle caratteristiche strutturali e delle “potenzialità aggiuntive” che la connotano (ad esempio, l’ampiezza del periodo di rientro, il ricorso al fondo di rotazione etc.), rappresenta indubbiamente un utile rimedio per scongiurare la più grave situazione di dissesto finanziario.
Tuttavia, essa deve essere “rigorosamente attuata e sottoposta a scrupolosi controlli sulla regolarità della gestione e sul puntuale procedere del percorso di risanamento, perché potrebbe rivelarsi un dannoso escamotage per evitare il trascinamento verso una situazione di dissesto da dichiarare ai sensi dell’art. 6, comma 2 del d.lgs. 149/2011, diluendo in un ampio arco di tempo soluzioni che andrebbero immediatamente attuate” (così, Sezione delle Autonomie deliberazione n. 16/SEZAUT/2012/INPR). In altri termini, il sistema delineato non si traduce in un favor legislatoris, sic et simpliciter, alla procedura ex art. 243-bis e ss. del TUEL, rispetto alla dichiarazione di dissesto, essendo il ricorso all’istituto meritevole di “tutela” solo nei limiti in cui sussistano effettive prospettive di riequilibrio sostanziale e duraturo (cfr. ex pluribus SS.RR. spec. comp. sent. n. 1/2024/EL 32/2020/EL).
Non va peraltro sottaciuto che la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, abbracciando un arco temporale più vasto, comprensivo di più consiliature, richieda – a tutela degli equilibri finanziari futuri – maggiori limitazioni, controlli più penetranti nella fase di pianificazione ed in quella attuativa, nonché un maggior rigore nell’osservanza delle prescrizioni imposte dalla norma o dal Piano, la cui violazione (nei casi di cui all’art. 243-quater, comma 7, TUEL) comporta l’obbligatorietà della dichiarazione di dissesto finanziario.
A garanzia dell’effettivo perseguimento degli obiettivi di risanamento, il giudizio finale sull’approvazione, recte omologazione, o il diniego del Piano, nonché la vigilanza periodica sull’esecuzione dello stesso, sono affidati alla Corte dei conti, quale giudice terzo e indipendente, garante degli equilibri di bilancio e della tenuta dei conti pubblici. Il sistema codificato crea, dunque, una condizione di raccordo tra magistratura contabile e misure di risanamento, sia nella fase costitutiva, in quanto il Piano deve essere approvato, recte omologato, dalla Sezione regionale di controllo, sia nella fase di sviluppo e attuazione, in relazione alle misure previste dall’art. 243-bis, comma 7, TUEL.
Con particolare riguardo a quest’ultima fase, l’art. 243-quater, comma 3, del TUEL prevede che “in caso di approvazione del piano, la Corte dei conti vigila sull’esecuzione dello stesso, adottando in sede di controllo, effettuato ai sensi dell’art. 243 bis, comma 6, lettera a), apposita pronuncia”.
Al fine di garantire un costante monitoraggio sullo stato di realizzazione del PRFP, l’art. 243-quater, comma 6, TUEL, dispone che l’Organo di revisione dell’ente trasmetta al Ministero dell’Interno e alla competente Sezione regionale della Corte dei conti, entro quindici giorni successivi alla scadenza di ciascun semestre, una relazione sullo stato di attuazione del Piano e sul raggiungimento degli obiettivi intermedi, ivi fissati.
La concreta attuazione del PRPF è informata al cd. principio di intangibilità, il quale può trovare un temperamento solo al ricorrere di preminenti esigenze di finanza pubblica, previste per legge (ad esempio, v. art. 1, comma 15, del d.l. n. 35 del 2013, convertito in l. n. 64 del 2013; art. 1, commi 573, della l. n. 147 del 2013; art. 49-quinquies del d.l. n. 69 del 2013, convertito in l. n. 98 del 2013; art. 3, commi 2 e 3-ter del d.l. n. 16 del 2014, convertito in l. n. 68 del 2014 etc.), tese, per lo più, a consentire la “riapertura” della pianificazione prima del pronunciamento della Sezione solo in ipotesi specifiche e, dopo il pronunciamento della Sezione di controllo, solo in presenza di miglioramenti dei risultati di bilancio (cfr., ex plurimis, SS.RR., in sede giurisdizionale in speciale composizione, sent. n. 34/2014/EL; SS.RR. in sede di controllo, delib. n.122/SSRRCO/QMIG/2018; Sez. Autonomie, delib. n. 5/SEZAUT/QMIG/2018; sez. reg. di contr. Campania, delib. n. 77/2024/PRSP).
Le verifiche sullo stato di attuazione e sul raggiungimento degli obiettivi intermedi del piano di riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243-quater TUEL sono ascrivibili alla categoria di controlli di legittimità-regolarità (cfr. Corte Costituzionale, sentt. n. 18/2019 e n. 39/2014).
L’esercizio di tale funzione, neutrale e indipendente, richiede di ricostruire, in primo luogo, l’andamento del risultato di amministrazione, di esercizio in esercizio, per l’intero periodo di esame di guisa da accertare l’avvenuto recupero dei disavanzi prodottisi, secondo il ritmo di rientro stabilito in sede di approvazione del Piano o l’eventuale emersione di ulteriore disavanzo da gestione ordinaria. La verifica del rispetto del complesso delle regole della gestione finanziaria imposte agli enti locali è un punto fermo nel corso della procedura di risanamento; infatti, le situazioni di squilibrio si generano laddove ci si è discostati da criteri di sana gestione desumibili dalle norme e dai principi contabili e in molti casi laddove si siano generati fattori critici che non trovavano rappresentazione in bilancio (cfr. Sez. Autonomie, delib. n. 16/SEZAUT/2012/QMIG). La ricostruzione del risultato di amministrazione diviene pertanto strumentale alla verifica dello scostamento rispetto agli obiettivi intermedi del Piano e all’accertamento della perdurante sostenibilità e adeguatezza del PRFP, quale idoneo strumento di riequilibrio. Secondariamente (e parallelamente), l’esame istruttorio deve avere ad oggetto lo stato di realizzazione delle misure individuate nel Piano per ripristinare la sana gestione finanziaria e garantire, in via prospettica, il riequilibrio strutturale delle finanze comunali.
Tali verifiche devono muovere dalle relazioni semestrali, redatte dall’organo di revisione ex art. 243-quater TUEL; ciononostante, la giurisprudenza contabile è pacifica nel riconoscere la “legittimazione delle Sezioni regionali ad avviare, successivamente alla ricezione della predetta relazione, una specifica attività istruttoria volta ad approfondire ed anche aggiornare eventuali aspetti del piano che consentano di fornire utili informazioni sulle attività di risanamento finanziario avviate dall’ente” (così, Sez. Autonomie, delib. n. 36/SEZAUT/2016/QMIG). Trattasi di un’impostazione – come sottolineato dalle Sezioni Riunite – tesa a privilegiare una visione dinamica dei profili contabili che sostengono il Piano, anche sulla base delle risultanze contabili e dei fatti gestionali successivi, poiché l’evolversi degli eventi influisce continuamente ed incessantemente sugli equilibri di bilancio dell’Ente (SS.RR. in sede giurisdizionale in speciale composizione, sentt. n. 2/2015/EL e n. 34/2014/EL).
Difatti, l’esame dello stato di attuazione dei piani di riequilibrio non è diretto solamente ad una verifica contabile del conseguimento di ciascun obiettivo finanziario programmato dall’ente, ma ad13 analizzare la situazione complessiva dello stesso nella sua evoluzione dinamica (cfr. Sez. Autonomie, delib. n. 36/SEZAUT/2016). In altri termini, il Piano deve essere sempre proporzionato alle reali problematiche finanziarie esistenti non solo al momento della relativa approvazione, ma anche nella fase della relativa esecuzione, nel pieno rispetto dei principi di veridicità, attendibilità e correttezza. È pertanto evidente che la verifica della congruità, attendibilità e sostenibilità del PRFP rappresenti un elemento immanente e centrale durante l’intero percorso di risanamento intrapreso dall’Ente con l’adesione alla procedura di riequilibrio (SS.RR. in sede giurisdizionale in speciale composizione, sent. n. 34/2014/EL).
La giurisprudenza contabile ha ripetutamente chiarito che un piano di riequilibrio finanziario, precedentemente approvato, possa ritenersi ancora congruo qualora ricorrano, inter alia, le seguenti condizioni:
i) sia accertata concretamente l’attuale e persistente adeguatezza dei mezzi e delle risorse originariamente destinati al riequilibrio finanziario dell’ente;
ii) sia attuata una più incisiva azione di risanamento a garanzia dell’equilibrio strutturale di bilancio;
iii) sussista una effettiva sostenibilità di medio-lungo periodo dello strumento di riequilibrio (cfr., ex multis, Sez. Autonomie, delib. n. 36/SEZAUT/2016/QMIG; SS.RR. in sede giurisdizionale in speciale composizione, sentt. n. 1/2023/EL, n. 7/2021/EL, n. 2/2019/EL e n. 2/2015/EL).
Pertanto, appare evidente che le valutazioni effettuate dalla Corte dei conti in corso di esecuzione del Piano debbano avere riguardo ad una visione globale della situazione finanziaria, patrimoniale ed economica dell’Ente locale di guisa da accertarne le reali condizioni (cfr., ex plurimis, Sez. Autonomie, delibb. n. 36/SEZAUT/2016/QMIG e n. 16/SEZAUT/2012/INPR; SS.RR. in sede giurisdizionale in speciale composizione, sentt. n. 1/2023/EL, n. 7/2021/EL, n. 2/2019/EL, n. 2/2015/EL e n. 34/2014/EL).
Ciò porta a considerare che, nella fase attuativa, il deteriore scostamento dei risultati di bilancio reali rispetto a quelli pianificati, per essere causativo del dissesto, debba essere rilevante in termini di durata (almeno un esercizio finanziario ovvero due semestri) ed intensità e, comunque, tale da evidenziare una definitiva compromissione della capacità di risanamento dell’Ente. Laddove la magistratura contabile dovesse accertare che all’autonoma decisione dell’ente di ricorrere a tale rimedio non siano seguiti gli atti e i risultati conseguenziali così come disciplinati dalla legge, vengono a conclamarsi ex lege i presupposti di una situazione di grave precarietà della situazione finanziaria ed amministrativa che impongono il rimedio risolutivo previsto dall’ordinamento (i.e., dichiarazione di dissesto). Difatti, a presidio dell’effettività delle misure adottate, l’art 243-quater, comma 7, TUEL stabilisce che “l’accertamento da parte della competente Sezione regionale della Corte dei conti di grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi intermedi fissati (…) comporta l’applicazione dell’art. 6 comma 2 d.lgs. 149/2011, con l’assegnazione al Consiglio dell’Ente, da parte del Prefetto, del termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto”.
Tale rimedio è imposto omisso medio, ossia come conseguenza immediata e vincolata al verificarsi delle ipotesi contemplate del comma 7 sopraricordato, senza la necessità di ulteriori accertamenti concernenti il merito della situazione finanziaria (cfr. Sez. Autonomie, delib. n. 13/SEZAUT/2013/QMIG).
In altre parole, l’accertamento di grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi intermedi fissati dal Piano – al pari delle altre ulteriori tre situazioni ipotizzate nell’art. 243-quater, comma 7 (mancata presentazione del piano, diniego di approvazione del piano, mancato raggiungimento del riequilibrio finanziario al termine del periodo di durata del piano) – configura una fattispecie legale tipica di condizioni di dissesto finanziario che si aggiunge a quelle già previste dal TUEL (art. 244 TUEL) e comportano l’obbligo di dichiarazione di dissesto e, quindi, la conseguente attività sollecitatoria e, eventualmente, sostitutiva del Prefetto, da cui il richiamo all’art. 6, comma 2, del d.lgs. 149/2011.
Comportano, cioè l’avvio della fase esecutiva affidata al Prefetto che “… in quanto sostitutiva degli organi di governo dell’ente, sia ordinari, sia straordinari, competenti nella materia, sottrae “ex lege” ai medesimi il potere di ogni iniziativa” (così, Sez. Autonomie, delib. n. 13/SEZAUT/2013/QMIG; cfr. anche delib. n. 1/SEZAUT/2013/QMIG).
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento