Il diritto al compenso dell’avvocato pubblico segue la competenza e non la cassa

11 Gennaio 2024
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L’anno in cui è maturato il diritto al compenso dell’avvocato comunale, a seguito del deposito della sentenza ovvero del passaggio in giudicato della stessa, non può essere superato rinviando all’anno successivo la liquidazione dell’incentivo. Pertanto, per la corte dei conti dell’Emilia-Romagna (deliberazione n. 204/2023) l’ente non può violare o eludere il principio contabile operando sulla cassa invece che sulla competenza.

La domanda di un Sindaco

Il Sindaco di un ente locale ha chiesto se sia possibile superare il regolamento comunale riguardante i compensi corrisposti ai propri legali, attraverso una liquidazione al personale dipendente interessato posticipata al periodo contabile successivo rispetto al deposito della sentenza favorevole ovvero al passaggio in giudicato della stessa.

Le indicazioni del Collegio contabile

Per i magistrati contabili le regole sui compensi degli avvocati pubblici sono dettate dal principio contabile di cui all’all. n. 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011, par. 5.2, lettera a) ultima alinea, secondo cui: “per la spesa corrente, l’imputazione dell’impegno avviene: […] Per quanto riguarda la spesa nei confronti dei dipendenti addetti all’Avvocatura, considerato che la normativa prevede la liquidazione dell’incentivo solo in caso di esito del giudizio favorevole all’ente, si è in presenza di una obbligazione passiva condizionata al verificarsi di un evento, con riferimento al quale non è possibile impegnare alcuna spesa. In tale situazione l’ente deve limitarsi ad accantonare le risorse necessarie per il pagamento degli incentivi ai legali dipendenti, stanziando nell’esercizio le relative spese che, in assenza di impegno, incrementano il risultato di amministrazione, che dovrà essere vincolato alla copertura delle eventuali spese legali”.

La questione sulla concreta applicazione del principio contabile è stata già affrontata da altra magistratura contabile (Corte dei conti Puglia, deliberazione n.120/2021) che ha precisato quanto segue “nei casi di giudizi conclusi con la compensazione integrale delle spese tra le parti, ai dipendenti facenti parte dell’Avvocatura di un Ente locale vadano corrisposti i relativi compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali vigenti, nei limiti dello stanziamento previsto, essendo pertanto non consentito un surrettizio ed artificioso superamento di tali limiti, per il tramite di una liquidazione posticipata ad un periodo temporale successivo”. In altri termini, per il Collegio contabile adito, deve essere confermato il sopra indicato principio pena la violazione, in caso di liquidazione posticipata, del principio contabile. D’altra parte, a dire del Collegio contabile, una liquidazione posticipata ad un esercizio successivo rispetto al deposito della sentenza favorevole ovvero al passaggio in giudicato della stessa sulla base del principio della competenza finanziaria, costituirebbe un aggiramento della norma.

La risposta

Per i magistrati contabili, in definitiva, non è possibile da parte di un ente, in caso di provvedimenti giudiziali con compensazione integrale delle spese, ivi compresi quelli di transazione dopo sentenza favorevole all’ente stesso, superare l’originaria massima consistenza dello stanziamento (stanziato nel 2013) per l’anno di riferimento, per il tramite di una liquidazione al personale dipendente interessato posticipata al periodo contabile successivo.

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