di E. cuzzola
Come è noto, il fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE) è uno degli istituti fondamentali della riforma realizzata con in d.lgs. n. 118/2011 (cfr., in particolare, l’allegato 4/2, § 3.3 e l’esempio n. 5, nonché l’art. 167 TUEL – d. lgs. n. 267/2000): si tratta, in sintesi, di un fondo obbligatorio che ha la funzione specifica di misurare il valore di un credito in ragione della capacità di riscossione.
Come evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. reg. contr. Campania nella delib. n. 196 del 14 ottobre 2019, detto fondo si atteggia diversamente in fase di bilancio di previsione e a consuntivo.
Ed infatti, secondo il Legislatore, posto che la capacità di riscossione va misurata per entrambi i tipi di FCDE mediante un confronto tra crediti iniziali e riscossioni entro un orizzonte temporale omogeneo preciso e determinato (il quinquennio precedente), nel bilancio di previsione serve a ridurre le autorizzazioni di spesa, valutando la capacità degli accertamenti di competenza di tradursi in incassi, in grado di sostenere il pagamento di obbligazioni passive esigibili. Per tale ragione gli accertamenti previsti vengono svalutati tramite un indice legale, calcolato ponendo a denominatore la serie storica degli accertamenti previsionali e quelle delle correlate riscossioni. In tal modo si obbliga l’ente a trovare risorse aggiuntive per realizzare le condizioni di pareggio ai sensi dell’art. 162 TUEL.
A consuntivo, il FCDE è una tecnica rettificativa che mira a correggere il valore nominale dei crediti residui complessivamente confluiti nel risultato di amministrazione, raffrontando la serie storica dei residui inziali (a denominatore) e quella delle riscossioni (a numeratore). Anche a consuntivo, il FCDE è, dunque, un istituto prudenziale la cui funzione è rendere il risultato di amministrazione capace di rappresentare la distanza che vi è tra debiti esigibili e capacità dei crediti, anch’essi esigibili, di tradursi in cassa per sostenere i pagamenti. Tuttavia, gli effetti contabili, a consuntivo, non sono solo quelli di riduzione della capacità di impegnare spesa, ma anche di creare apposite di riserve di valore da impiegare in futuro a fronte di eventi rischiosi per l’equilibrio di bilancio.
Tecnicamente, il FCDE si traduce in un accantonamento che riduce la parte disponibile (Riga E) del risultato di amministrazione (art. 187 TUEL), con un duplice effetto:
– diminuire la spesa autorizzabile nell’esercizio successivo tramite la quantificazione dell’avanzo/disavanzo di Riga E da applicare nel successivo bilancio di previsione;
– creare una riserva in grado di rendere neutro, in futuro, l’eventuale stralcio di residui attivi inesigibili in senso economico.
Leggi il parere della Corte dei conti delib. n. 196 del 14 ottobre 2019
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