Il limite del trattamento economico complessivo dell’avvocato comunale va calcolato al netto dei onorari percepiti

20 Giugno 2024
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Il “trattamento economico complessivo” dell’avvocato civico, rispetto al quale calcolare gli onorari liquidabili, deve essere computato al netto dei ridetti compensi, a prescindere dal fatto che questi ultimi, in ragione della riconosciuta natura retributiva, concorrano, assieme alle altre voci stipendiali, a determinare il trattamento economico complessivo individuale ad altri fini. Con queste indicazioni la Corte dei conti della Sicilia (deliberazione n. 131/2024) si è posta in controtendenza rispetto alle recenti indicazioni dei giudici del lavoro.

Le richieste del Sindaco

Il dubbio sollevato da un ente locale riguarda il corretto calcolo del limite dei compensi percepiti dell’avvocato interno, stante le indicazioni legislative del d.l. 90/2014 secondo cui detti compensi non potranno essere superiori al valore della remunerazione percepita, sia di parte fissa sia di parte variabile. In particolare, se nella retribuzione variabile debba o meno considerarsi i medesimi compensi percepiti nell’anno di riferimento.

Il parere

Il d.l. 90/2014, convertito dalla legge 11 agosto, n.114, ha disciplinato il trattamento economico accessorio degli avvocati comunali, precisando all’art.9 che i compensi professionali previsti dal comma 3 e dal primo periodo del comma debbano essere corrisposti “in modo da attribuire a ciascun avvocato una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo”.

Secondo il Collegio contabile, il “trattamento economico complessivo”, cui fa riferimento il citato comma 7 per definire il limite rispetto al quale calcolare gli onorari liquidabili ai singoli avvocati pubblici, deve essere computato al netto dei ridetti compensi, a prescindere dal fatto che questi ultimi, in ragione della riconosciuta natura retributiva, concorrano, assieme alle altre voci stipendiali, a determinare il trattamento economico complessivo individuale ad altri fini. In caso contrario, ovvero se comprendesse anche gli onorari professionali, rispetto ai quali deve fungere da tetto, verrebbe meno la funzione di limite di spesa assegnatagli dalla norma. Il predetto limite, infatti, ove calcolato unitamente ai medesimi compensi aventi fonte nell’art. 9, commi 3 e 6, del D.L. n. 90 del 2014, non sarebbe fisso, ma, aumentando in misura corrispondente agli stessi compensi professionali maturati, risulterebbe di fatto irraggiungibile o comunque incrementato degli emolumenti oggetto di limitazione, in contraddizione con la lettera e la finalità della legge, che prevede, espressamente e inderogabilmente, un tetto retributivo individuale specifico, parametrato alla remunerazione del singolo avvocato dipendente.

Pertanto, l’avvocato alle dipendenze di una amministrazione pubblica non può percepire, in un anno, somme, a titolo di onorari e compensi professionali, in misura superiore al totale delle altre voci retributive al primo spettanti nel medesimo esercizio. Queste ultime sono costituite, oltre che dal trattamento fondamentale (stipendio tabellare, tredicesima, indennità integrativa speciale ove prevista, retribuzione di anzianità ove spettante, indennità di comparto, etc.) anche da quello accessorio di qualunque natura, fissa e variabile, con esclusione, tuttavia, come esposto, di quello derivante dagli stessi compensi professionali spettanti agli avvocati.

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