Il miglioramento del risultato ottenuto, rispetto al disavanzo da riaccertamento straordinario, non è utilizzabile

26 Luglio 2018
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Il quesito posto da un ente locale riguarda la possibilità di utilizzare il maggior risparmio ottenuto in sede di rendiconto, rispetto al disavanzo dovuto al piano di rientro trentennale da riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi. In altri termini, il miglioramento del disavanzo complessivo la cui copertura, secondo il DM 02/04/2015, permette di soddisfare il recupero nel successivo periodo restante del trentennio dovrebbe permette all’ente locale di poter espandere la propria spesa mediante applicazione di variazioni di bilancio (ai sensi dell’art.175 Tuel), nell’esercizio successivo al rendiconto ove tale maggior risparmio è stato realizzato.

Le indicazioni negative della Corte dei conti

La Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, con la deliberazione 18 luglio 2018 n. 92 risponde in modo negativo al questo posto dal Comune per le seguenti motivazioni:

  • Le disposizioni della contabilità armonizzata prevedono che in presenza di un risultato di amministrazione insufficiente a comprendere le quote vincolate, destinate ed accantonate, la differenza è iscritta nel primo esercizio considerato nel bilancio di previsione, prima di tutte le spese, come disavanzo da recuperare;
  • In caso di disavanzo, le quote vincolate del risultato di amministrazione sono esse stesse un debito da onorare e non certamente una copertura finanziaria da destinare a spesa;
  • la possibilità di utilizzare l’accantonamento (per cui si è già provveduto a reperire la copertura in bilancio) presuppone, da un lato, il verificarsi del rischio, dall’altro una variazione di bilancio ex art. 175 Tuel che consenta di aumentare lo stanziamento del programma corrispondente, previo “svincolo” della risorsa accantonata e nuova valutazione della congruità del rimanente fondo rischi;
  • la stessa Consulta ha precisato come, l’esigenza di assicurare la piena disponibilità dell’avanzo di amministrazione da parte degli enti che lo realizzano, una volta che tale avanzo sia definitivamente accertato in sede di rendiconto e la non computabilità dell’avanzo di amministrazione presunto ai fini del pareggio nel bilancio di previsione in ragione dell’incertezza sul suo effettivo importo. Da tale principio ne discende, secondo il Giudice delle leggi (sentenza n. 247/2017), la non disponibilità ella quota di avanzo soggetta a obblighi di accantonamento a fronte di rischi o a obblighi di ripiano di disavanzi o debiti pregressi, in quanto il vincolo di non spendibilità delle somme deriva dalla ragione stessa del relativo obbligo di accantonamento che impedisce di considerarne l’importo a copertura di nuove spese.

Precisate le sopra indicate motivazioni, apparirebbe arduo sostenere che, al fine di utilizzare una quota accantonata o vincolata, l’ente si trovasse di fronte da un lato ad un disavanzo di amministrazione e dall’altro lato ad un avanzo (libero) di amministrazione da poter utilizzare, ottenendo una sorta di avanzo ottenuto per sottrazione dal disavanzo complessivo, tale da permettere di utilizzare lo stesso per finanziare spese o quote da applicare al successivo bilancio di previsione. Pertanto, sostiene il Collegio contabile, gli accantonamenti ed i vincoli imposti dall’ente locale nel rendiconto costituiscono per l’ente stesso pur sempre una spesa prioritaria ed obbligatoria da onorare.

Conclusioni

Sulla base delle su estese motivazioni, per il Collegio contabile non è possibile coniugare il ripiano trentennale del disavanzo da recuperare con l’utilizzo di “maggiori risparmi” conseguiti rispetto alla quota annuale di disavanzo da recuperare. Con l’ovvia conclusione che, quelli che l’Ente locale definisce come “risparmi”, non costituiscono effettivi risparmi, ma solo un anticipato conseguimento dell’obbligato obiettivo dell’equilibrio di bilancio da raggiungere il prima possibile.

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