di Matteo Barbero
Istituito un fondo ad hoc da finanziare con i risparmi di spesa
La legge di conversione del decreto legge Milleproroghe prova a rilanciare la maxi operazione statale di rinegoziazione dei mutui degli enti locali, che dovrebbe consentire a questi ultimi di ridurre il peso degli interessi liberando risorse da destinare a interventi di policy. Un doppio correttivo inserito durante l’iter parlamentare riporta in auge un tema da tempo scomparso dall’agenda politica nazionale, malgrado le forti aspettative dei territori. Tutto nasce dal comma 557 della l 160/2019, che ha delineato l’obiettivo di conseguire una generale riduzione degli oneri di rimborso dei prestiti gravati da tassi di interessa non più coerenti con il mercato attuale.
L’idea di fondo è semplice: lo Stato si accolla i debiti, li rinegozia e si fa pagare dagli enti una rata più bassa di quella originaria. In tal modo, si otterrebbe un doppio vantaggio: da un lato, si conseguirebbe una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico delle finanze pubbliche, dall’altro gli enti locali otterrebbero un vantaggio, in termini di condizioni finanziarie del prestito, beneficiando della lunga fase di bassi tassi di interesse (che peraltro a breve potrebbe terminare) nonché da una minore rischiosità per gli istituti finanziatori connessa al fatto di avere come controparte la Repubblica italiana. Finora, tutto ciò è rimasto confinato al terreno delle buone intenzioni. Per dare gambe al meccanismo, viene innanzitutto esteso a tutti gli enti l’esonero dalla verifica preventiva delle condizioni di cui all’art. 41, comma 2, della l 448/2001: per effetto di tale modifica, non dovrà più essere essere assicurata la riduzione del valore attuale delle passività post ristrutturazione rispetto a quello ante ristrutturazione (in precedenza, l’esonero erra previsto solo per i comuni con meno di 5.000 abitanti). In base al dl 162/2019, spetta al ministero dell’economia e delle finanze fissare le modalità e i termini per la presentazione dell’istanza da parte degli enti ed individuare la società in house che sarà incaricata della gestione operativa del meccanismo.
Cruciale in tal senso il ruolo dell’unità di coordinamento, coordinata dallo stesso Mef e dal Ministero dell’interno e cui partecipano anche i rappresentanti di Anci e Upi. Alla fine, ciascun ente dovrà sottoscrivere con la società in house apposito contratto avente ad oggetto l’accollo da parte dello Stato dei mutui ristrutturati. Tale contratto dovrà stabilire le modalità di rimborso del debito da parte dell’ente e a quantificare un contributo per le eventuali penali derivanti dalla ristrutturazione. Questo è un altro snodo critico, che sarà necessario risolvere perché l’operazione abbia senso e non si blocchi solo perché il gioco non vale la candela. Su questo, interviene il secondo correttivo, con il quale viene creato un fondo da finanziare con i risparmi in termini di spesa per interessi sul debito statale, da ripartire fra gli enti aderenti.
In collaborazione con Mimesi s.r.l.
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