Il pareggio di bilancio è in Costituzione

Il Sole 24 Ore
18 Aprile 2012
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Il pareggio di bilancio entra nella Costituzione. Il Senato ha dato ieri sera il via libera finale al disegno di legge che prevede l’obbligo costituzionale del pareggio (o meglio dell’equilibrio) dei conti per tutte le pubbliche amministrazioni.
La legge, che si applicherà a decorrere dall’esercizio finanziario relativo all’anno 2014, prevede anche l’introduzione di un organismo parlamentare di controllo dei conti pubblici indipendente, sul modello del Cbo americano.
Il varo del Ddl a tempi di record rappresenta uno dei tasselli fondamentali della risposta italiana agli impegni presi con la Ue nel Fiscal compact, il patto firmato il 2 marzo scorso da 25 Paesi dell’Unione europea. L’Italia, dopo Germania e Spagna, è il terzo Paese fra le maggiori economie dell’Eurozona ad attuare le previsioni di quell’intesa. Regole contenute nella riforma approvata ieri in quarta lettura dall’aula di Palazzo Madama con 235 si, 11 no e 34 astenuti. Una maggioranza superiore ai due terzi che eviterà il referendum confermativo: trattandosi infatti di un provvedimento di revisione costituzionale (articolo 138) sono state necessarie due deliberazioni da parte dei due rami del Parlamento. Tra i sì anche quello del premier Mario Monti, senatore a vita, che ha voluto sottolineare il passaggio parlamentare di ieri: «È un voto importante – ha detto – bisognava esserci e io c’ero».
La riforma ha incassato il voto favorevole di Pdl, Pd e Terzo polo (Udc, Fli, Api). Contrari Lega e Idv (che invece avevano votato a favore nei tre passaggi precedenti al Senato e alla Camera) con l’astensione di Coesione nazionale-grande Sud. In dissenso dal proprio gruppo Mario Baldassarri (Fli) che non ha partecipato al voto così come Nicola Rossi (gruppo misto). Si sono astenuti Mauro Cutrufo (Pdl) e Massimo Garavaglia (Lega).
La riforma mette l’Italia in condizione di «aver fatto i compiti» richiesti dall’Ue, pur tra i tanti dubbi sollevati da economisti che contestano il rigorismo fiscale imposto dalla Germania.
Ma veniamo alle novità. Il nuovo articolo 81 afferma che «lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico». «Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta, al verificarsi di eventi eccezionali». La riforma demanda poi a una legge ordinaria di attuazione il compito di definire quali sono gli «eventi eccezionali» che permettono lo sforamento di bilancio, tra cui sono annoverate «gravi recessioni economiche, crisi finanziarie, gravi calamità naturali».
Il ricorso all’indebitamento deve comunque essere accompagnato dalla definizione di un «percorso di rientro». Significa che se un anno finisce in deficit poi andrà recuperato e non finirà per accrescere il debito. E comunque la legge attuativa indicherà anche quale sarà il «limite massimo dello scostamento ciclico cumulato rispetto al Pil, al superamento del quale occorre intervenire con misure correttive». Il che significa che se il deficit supererà tale limite, sarà obbligatorio per il Governo in carica fare subito una manovra.
Il provvedimento dovrà essere approvato entro il 28 febbraio 2013. Nella legge di attuazione ci sarà la seconda grande novità, cioè l’istituzione «presso le Camere, nel rispetto della relativa autonomia costituzionale, di un organismo indipendente al quale attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio». Qualcosa di simile al Congressional Budget Office (Cbo) l’agenzia federale statunitense che opera nel Congresso Usa.
La Ue aveva chiesto un organismo indipendente da Governo e Parlamento, per evitare situazioni in cui la maggioranza fosse troppo indulgente con il proprio Governo. La riforma sancisce inoltre, all’articolo 97 della Carta, che «le pubbliche amministrazioni in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico». L’articolo 119 stabilisce poi che Comuni, Province, città metropolitane e Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa «nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari dovuti all’ordinamento dell’Unione europea».
Con il via libera di ieri si chiude un capitolo importante, aperto già negli anni 80 da Nino Andreatta. Ieri in aula a Palazzo Madama le critiche hanno riguardato soprattutto l’eccessiva rigidità di norme che potrebbero rivelarsi una camicia di forza con effetti perversi sull’economia. Si è osservato anche che limitarsi a fissare il principio del pareggio di bilancio senza introdurre un vincolo sulla spesa o sulla pressione fiscale costituirebbe una lesione del principio democratico e della libertà nelle scelte economiche di famiglie ed imprese.

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