Il fatto
Con delibera del Consiglio comunale un ente locale ha deliberato di costituire una società consortile a responsabilità limitata “a partecipazione mista pubblico-privata”, con relativa trasmissione alla Corte dei conti e all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ai sensi dell’art. 5, comma 3 del TUSP. A sostegno delle motivazioni per la citata costituzione della società, l’ente ha evidenziato lo scopo sarebbe quello di rafforzare il proprio impegno a favore delle iniziative culturali ed economiche volte a valorizzare e potenziare lo sviluppo sociale, economico e turistico del distretto territoriale. In qualità di ente capofila, è stata attivata la procedura ad evidenza pubblica di selezione dei soci interessati a sottoscrivere una partecipazione. La deliberazione di costituzione della società e di approvazione dello Statuto è munita dei pareri favorevoli di regolarità tecnica e contabile e del parere favorevole dell’Organo di revisione.
La valutazione del Collegio contabile
Premettono i giudici contabili come, in materia di partecipazione pubbliche il combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’articolo 4 del TUSP individua per le partecipazioni societarie degli enti pubblici un «vincolo di scopo pubblico» e un «vincolo di attività». In merito al vincolo di scopo “Le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società”. Avuto riguardo al vincolo di attività le amministrazioni pubbliche possono, direttamente o indirettamente, costituire società e acquisire o mantenere partecipazioni in società esclusivamente per lo svolgimento delle seguenti attività: a) produzione di un servizio di interesse generale; b) progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra PA; c) realizzazione e gestione di un’opera pubblica o di un servizio d’interesse generale, attraverso un contratto di partenariato; d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti, o allo svolgimento delle loro funzioni ; e) servizi di committenza.
La scelta operata dall’ente locale non è coerente con nessuno dei due vincoli indicati dal legislatore. In particolare l’atto consiliare è da considerarsi privo di adeguata motivazione in ordine ai fondamentali profili (che hanno un valore di veri e propri presupposti di legittimità) della “necessità” e della indispensabilità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente.
Rispetto, inoltre, ad una asserita assenza di scopo di lucro della società indicato nell’atto costitutivo, è smentita dalle successive disposizioni statutarie e, in particolare, dallo stesso oggetto sociale dell’organismo societario che prevede le più disparate attività, contemplando finanche attività a carattere internazionale, nonché la possibilità di “compiere operazioni commerciali, industriali ed immobiliari connesse all’attività principale” e ”assumere partecipazioni ed interessenze in altre imprese”. Sotto questo aspetto, è evidente, altresì, che un così ampio e indeterminato perimetro di finalità e attività collide con l’impostazione alla base del TUSP – e, in particolare, dell’art. 4, commi 1 e 2 – che punta a contrastare l’aumento ingiustificato delle partecipazioni pubbliche. Bisogna, quindi, ribadire che il legislatore, con l’introduzione del TUSP, ha inteso limitare la generale capacità di diritto privato degli enti locali, al fine di contrastare l’abuso dello strumento societario, che può diventare causa della lesione degli equilibri di bilancio. Ciò comporta che la motivazione della decisione di acquisizione di partecipazioni societarie debba essere fondata su stringenti e concrete ragioni di interesse pubblico.
Il parere, pertanto, del Collegio contabile non può che essere negativo.
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