Gli enti in riequilibrio, infatti, devono assicurare il recepimento, all’interno degli atti di programmazione finanziaria, dei contenuti del piano (con riferimento, tra l’altro, agli stanziamenti relativi al disavanzo da recuperare).
Le stesse Linee guida approvate con la deliberazione n. 5/SEZAUT/2018/INPR precisano che “le previsioni – in quattro, dieci, quindici e venti anni – esprimono un’anticipata programmazione finanziaria dei futuri esercizi nella misura in cui essi sono interessati dal piano di rientro e che, le stesse, vincolano l’ente ad attuarlo in virtù del fatto costitutivo, rappresentato dall’approvazione del piano, salvo il verificarsi dell’ipotesi contemplata dall’art. 243-quater, comma 7-bis, TUEL”.
Anche la Corte costituzionale ha evidenziato, con riferimento alla procedura di riequilibrio pluriennale, che “Il complesso impianto normativo di riferimento muove dalla ratio unitaria di evitare il dissesto attraverso un fattivo e coerente comportamento economico-finanziario dell’ente locale nel tempo ipotizzato di rientro dal deficit. […] tale coerente comportamento nel tempo previsto per il risanamento deve trovare puntuale riscontro in ciascuno dei bilanci preventivi e successivi del predetto periodo” (sent. n. 34/2021).
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