Il recupero del disavanzo non può avvenire oltre il termine né l’ente può indicare misure ipotetiche

31 Luglio 2024
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Il recupero del disavanzo da conto consuntivo oltre il triennio massimo consentito dalla normativa, così come le misure correttive richieste dalla magistratura contabile di controllo (art.148-bis del Tuel) non possono essere indicate in via teorica o ipotetica, ma piuttosto con misure realistiche iniziando con la riduzione dei programmi di spesa. Sono queste le criticità evidenziate dalla Corte dei conti dell’Emilia Romagna (deliberazione n. 81/2024) in sede di controllo delle misure del recupero del disavanzo di un ente locale già sottoposto a misure correttive.

Le misure correttive

In un ente locale sottoposto a controllo, il Collegio contabile ha rilevato una situazione di inattendibilità delle risultanze di bilancio e in ogni caso di grave compromissione degli equilibri di bilancio, in particolare in relazione al mancato riassorbimento del disavanzo ordinario nel termine perentorio di tre anni ai sensi dell’art. 188 del TUEL, che il Comune avrebbe dovuto recuperare entro e non oltre l’approvazione del rendiconto 2022, alla protrazione illegittima del disavanzo così risultante al nuovo esercizio finanziario 2023. Nelle misure correttive il Consiglio comunale ha approvato le seguenti misure correttive:
– forte attività accertativa dei tributi locali in termini di recupero evasione;
– attività di recupero di somme da entrate tributarie ed extra-tributarie attraverso l’attivazione di procedura coattiva al fine di ridurre significativamente il fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE);
– operare nel rispetto dei termini di pagamento al fine di azzerare il Fondo debiti commerciali e rimettere in disponibilità delle risorse;
– avviare una riduzione della spesa corrente stimata nella misura del 5 % senza però penalizzare l’utenza nell’erogazione dei servizi primari;
– partecipare ad iniziative tendenti alla riduzione delle spese energetiche attraverso progetti europei, nazionali e regionali di impianti fotovoltaici con i Comuni del territorio o direttamente;
– installazione di un impianto per la produzione di energia idroelettrica su condutture dell’acquedotto;
– avvio di attività di promozione del territorio coinvolgendo anche partners privati con effetti sia diretti che indiretti tutti tendenti allo sviluppo del territorio;
– verifiche quadrimestrali, in aggiunta a quelle obbligatorie, attraverso un controllo interno della gestione, al fine di adottare misure correttive, qualora necessarie; attività gestionale finalizzata al contenimento e riduzione dei residui; ogni altra iniziativa ritenuta utile da valutare nel medio termine.

Le indicazioni del Collegio contabile

Per i giudici contabili, la deliberazione consiliare sulle misure correttive è priva di un reale valore tecnico, essendo stati indicati genericamente misure di recupero dell’evasione che non rappresentano entrate effettive, bensì meri intendimenti futuri privi di una concreta tangibilità e soprattutto di una loro potenziale iscrizione in bilancio. Dall’esame della documentazione istruttoria, emerge la palese insufficienza delle misure adottate dall’Ente. Non è, infatti, idonea alla copertura richiesta dalla norma e alla provvista finanziaria l’adozione di misure correttive elencate nella delibera consiliare come: l’attività accertativa dei tributi locali, l’attivazione di procedure coattive per entrate tributarie ed extra-tributarie, il rispetto dei termini di pagamento al fine di azzerare il Fondo debiti commerciali, l’avvio di una generica riduzione della spesa, la partecipazione ad iniziative volte alla riduzione delle spese energetiche attraverso progetti europei, nazionali e regionali, l’installazione di un impianto per la produzione di energia idroelettrica su condutture dell’acquedotto con benefici economici, l’avvio di attività di promozione del territorio, il potenziamento di controlli interni con verifiche quadrimestrali in aggiunta a quelle obbligatorie ed attività gestionali finalizzate al contenimento e riduzione dei residui. Infatti, la Consulta ha avuto modo di precisare il divieto di meccanismi di copertura ipotetici (Corte cost. sent. n. 64/2023), dopo aver premesso che la copertura di spese «deve essere credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri» (Corte cost. sent. n. 307/2013 e n. 131/2012). Pertanto, l’assenza di un risultato univoco di amministrazione, l’incongruità degli elementi aggregati per il suo calcolo e l’inderogabile principio di continuità tra gli esercizi finanziari coinvolgono il rendiconto nella sua interezza, non essendo utilmente scindibili gli elementi che ne compongono la struttura.

Conclusioni

Secondo il Collegio contabile, al di là della verifica sui saldi fondamentali di cui si compone il rendiconto, rimangono tuttavia accertate in modo definitivo le conseguenze che scaturiscono sul versante dei comportamenti tenuti dai singoli soggetti, per i quali è necessario, esulando ciò dalla specifica competenza attribuita a questa Sezione di controllo, interessare gli organi deputati. In primo luogo, il riassorbimento in un arco di tempo superiore al prescritto triennio reca con sé l’effetto, sul piano delle omissioni imputabili all’Ente, di accertare il mancato avvenuto obbligatorio ricorso alla procedura di riequilibrio pluriennale, e delle relative conseguenze, e la non veridicità e attendibilità delle scritture contabili, e a cascata dei documenti contabili successivi. In conclusione, il mancato riassorbimento del disavanzo ordinario in un arco di tempo triennale costituisce, alla luce di quanto sopra espresso, criticità insanabile, comportando conseguentemente effetti sull’attendibilità e veridicità dei documenti contabili futuri.

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