Il rimborso delle spese legali agli amministratori

Il Viminale ha espresso il proprio parere in merito alla domanda del rimborso delle spese legali nei confronti di un consigliere comunale assolto in un giudizio penale, ripercorrendo le indicazione della giurisprudenza contabile.

19 Marzo 2021
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Il Viminale ha espresso il proprio parere in merito alla domanda del rimborso delle spese legali nei confronti di un consigliere comunale assolto in un giudizio penale, ripercorrendo le indicazione della giurisprudenza contabile.

La richiesta

Un ente locale ha richiesto al Ministero dell’Interno un parere sulla rimborsabilità delle spese legali sopportate da un consigliere comunale accusato di “Oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario” conclusosi con sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste.

Le disposizioni di legge

In via principale le attuali disposizioni dei legge che prevedono il rimborso delle spese legali sono contenute nell’art.7- bis, comma 1, del d.l. n. 78/2015  che ha sostituito il comma 5 dell’articolo 86 del Tuel prevedendo ora che “Gli enti locali di cui all’articolo 2 del presente testo unico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all’espletamento del loro mandato. Il rimborso delle spese legali per gli amministratori locali è ammissibile, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel limite massimo dei parametri stabiliti dal decreto di cui all’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, nel caso di conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione o di emanazione di un provvedimento di archiviazione, in presenza dei seguenti requisiti: a) assenza di conflitto di interessi con l’ente amministrato; b) presenza di nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti; c) assenza di dolo o colpa grave”.

Le indicazioni dei giudici contabili

La giurisprudenza contabile si è soffermata in particolare sulla locuzione “senza o maggiori oneri per la finanza pubblica”, ossia in presenza di una invarianza finanziaria della spesa, secondo cui “il limite di riferimento non è legato all’importo massimo del singolo rimborso” (da contenere comunque nei parametri di cui all’art. 13, comma 6, della l. 31/12/2012, n.27) ma a ciò che “è consentito complessivamente stanziare ed impegnare” senza ledere la predetta invarianza finanziaria”. (Sez. reg. contr. Umbria n. 59/2018; sez. reg. contr. Campania n. 102/2019).

Inoltre, trattandosi di spese discrezionali e non obbligatorie, gli enti dovrebbero regolare tale materia con appositi regolamenti, per “garantire l’imparzialità dell’azione amministrativa”, ex art. 12 della l. n. 241/1990. Le disposizioni di tali regolamenti, infatti, dovrebbero stabilire i “criteri e (le) modalità cui le amministrazioni stesse (dovrebbero) attenersi (v. ancora il precitato art. 12) per l’assegnazione o il riparto dello stanziamento”, e dunque per i singoli provvedimenti di rimborso (Corte Contr. Basilicata, deliberazione n. 45/2017)”. In mancanza di regolamenti, seguiranno le regole generali sull’esercizio delle potestà discrezionali pubbliche, mediante provvedimenti di rimborso, rimessi alle loro responsabili determinazioni, in adesione ai consueti canoni di legalità, imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, così da evitare anche ogni possibile conflitto di interesse. (Corte dei conti della Campania deliberazione n. 102/2019).

La medesima giurisprudenza contabile ha anche precisato come sia esclusa l’ammissibilità del riconoscimento di debiti fuori bilancio in caso di mancata previsione della spesa o di stanziamento insufficiente, così come è da escludere la possibilità di apportare variazioni agli stanziamenti senza prima aver rigorosamente accertato il mantenimento degli equilibri e, infine, è stata stigmatizzata la impossibilità di impegnare somme per il rimborso di spese legali se non sono garantite le correlative entrate a copertura.

Il nesso causale e conflitto di interessi

I tecnici del Viminale hanno precisato che, pur in presenza di risorse finanziarie capiente, la rimborsabilità delle spese legali degli amministratori restano vincolate all’accertato nesso causale e ala mancanza del conflitto di interessi con la propria amministrazione.

In merito al nesso causale la giurisprudenza amministrativa ha evidenziato che ai fini del rimborso, è necessario accertare che le spese siano state sostenute a causa e non semplicemente in occasione dell’incarico e sempre entro il limite costituito dal positivo e definitivo accertamento della mancanza di responsabilità penale degli amministratori che hanno sostenuto le spese legali (Consiglio di Stato, Sez. V, decisione n. 2242/2000).

Ulteriore condizione è l’assenza di un conflitto di interessi tra l’attività dell’amministrazione e la condotta dell’amministratore, che il comune interessato dovrà valutare ex post, a conclusione del procedimento. Vi è assenza del contrasto di interessi quando l’amministrazione abbia adottato atti d’ufficio nell’esclusivo interesse dell’amministrazione e non può pertanto essere valutato in astratto ed ex ante, cioè con puro e semplice riferimento alle accuse rubricate, ma deve essere preso in considerazione in concreto, a conclusione del processo, tenuto conto dell’esito dell’istruttoria e del conseguente giudizio. Il conflitto di interesse sussiste tutte le volte in cui l’ente ha assunto, in atti amministrativi o in sede giurisdizionale, una linea a tutela dei propri interessi totalmente o parzialmente diversa da quella dell’amministratore, ed in ogni caso in cui emerga obiettivamente una condizione conflittuale. Così, ad esempio, nel caso in cui la condotta dell’amministratore, pur risultando irrilevante in sede penale, abbia esposto l’ente ad una condizione pregiudizievole o comunque sfavorevole, ovvero non possa ritenersi coerente con i doveri imputabili allo stesso amministratore.

Conclusioni

In definitiva, al fine della rimborsabilità agli amministratori delle spese legali sostenute, il legislatore richiede, oltre che la conclusione del procedimento penale con sentenza di assoluzione o con l’emanazione di un provvedimento di archiviazione, la sussistenza dei seguenti presupposti:

  • assenza di conflitto di interessi tra l’amministratore e l’ente di appartenenza;
  • nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti;
  • assenza di dolo o colpa grave; preventiva programmazione della spese in bilancio – nel rispetto del principio dell’invarianza – cui far fronte con le ordinarie risorse a legislazione vigente;
  • rispetto del limite massimo dei parametri stabiliti dal decreto di cui all’articolo 13, comma 6 della legge 31 dicembre 2012, n. 247; predeterminazione, ex articolo 12, legge n. 241/1990, nelle forme previste dal rispettivo ordinamento, dei criteri e delle modalità cui l’ente deve attenersi per l’assegnazione o il riparto dello stanziamento.

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