La disciplina di cui all’art. 86, comma 5, secondo periodo, del TUEL, nel conformare la fattispecie cui è collegata l’obbligazione dell’ente locale avente ad oggetto il rimborso subordinandola anche al rispetto del vincolo di invarianza finanziaria, non appare compatibile con la possibilità di ricorrere all’istituto del riconoscimento del debito fuori bilancio. Sono queste le indicazioni della Corte dei conti del Molise (deliberazione n.113/2021).
La domanda del Sindaco
Il Sindaco dopo aver premesso che è pervenuta richiesta di rimborso delle spese legali sostenute da parte di tre ex consiglieri comunali, imputati di calunnia in concorso (110 e 368 c.p.) e assolti con sentenza di primo grado, ha chiesto se possa considerarsi ammissibile provvedere allo stanziamento delle somme necessarie a far fronte alla richiesta con riconoscimento di debiti fuori bilancio, oppure, in subordine, con una variazione di bilancio.
La disposizione legislativa
La disposizione legislativa che permette il rimborso delle spese legali agli amministratori è contenuta nell’art. 85, comma 5, secondo periodo, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, secondo cui ““Il rimborso delle spese legali per gli amministratori locali è ammissibile, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel limite massimo dei parametri stabiliti dal decreto di cui all’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, nel caso di conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione o di emanazione di un provvedimento di archiviazione, in presenza dei seguenti requisiti:
- a) assenza di conflitto di interessi con l’ente amministrato;
- b) presenza di nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti;
- c) assenza di dolo o colpa grave”.
La risposta del Collegio contabile
La disposizione legislativa subordina il rimborso – in presenza dei presupposti previsti dalla legge – ai propri amministratori delle spese legali da essi sostenute al rispetto del principio dell’invarianza finanziaria. Sulle regole del bilancio e delle spese della PA, la Consulta ha avuto modo di evidenziare che è la garanzia dei diritti fondamentali e incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione (sentenza n.275/2016). Poiché tra i diritti incomprimibili non può certo annoverarsi quello al rimborso delle spese legali sostenute, risulta sistematicamente coerente l’assoggettamento a vincoli finanziari del suo concreto riconoscimento da parte di enti. Sulla questione del rimborso delle spese legali e, in particolare, sul concetto di invarianza finanziaria è intervenuta la Sezione delle Autonomie (deliberazione n.17/2021) secondo la quale “Il vincolo di invarianza finanziaria di cui all’art. 86, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 va valutato in relazione alle risorse finanziarie ordinarie, in modo tale che non sia alterato l’equilibrio finanziario pluriennale di parte corrente. Ne deriva che l’ente può sostenere le spese di cui all’art. 86, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 nei limiti in cui tali spese trovino copertura nelle risorse finanziarie ordinarie già stanziate in bilancio, con la conseguenza di non alterare l’equilibrio finanziario pluriennale di parte corrente”. Tuttavia, in tale occasione la Sezione delle Autonomie non è stata chiamata a pronunciarsi sulla complementare questione della necessità di ricorso all’istituto contabile del “riconoscimento di debiti fuori bilancio” o, in alternativa, della “variazione di bilancio”, oggetto del quesito del Sindaco. In tale ambito, precisa il collego contabile, appare doveroso fare riferimento ai prncipi della contabilità armonizzata, fondati sul criterio della competenza finanziaria potenziata secondo cui, per le obbligazioni giuridiche passive, la registrazione che consegue al provvedimento di impegno, a valere sulla competenza, avviene nel momento in cui l’impegno è giuridicamente perfezionato, con imputazione agli esercizi finanziari in cui le singole obbligazioni passive risultano esigibili. Pertanto, ad un determinato esercizio finanziario non possono essere riferite le spese per le quali non sia venuta a scadere, nello stesso esercizio, la relativa obbligazione giuridica.
Conseguentemente, se l’obbligazione in esame si attualizza con la richiesta di rimborso avanzata dall’amministratore e trova la sua fonte nella legge, è evidente che anteriormente alla richiesta di rimborso – che integra la fattispecie che perfeziona l’obbligazione – il vincolo contabile cui è subordinato l’obbligo di registrazione dell’impegno ex art. 183 TUEL non può sorgere, né può predicarsi una violazione delle regole per l’assunzione di impegni e per l’effettuazione di spese di cui all’articolo 191 del TUEL. In tale ambio, allora il principio di invarianza finanziaria previsto dalla normativa, non appare compatibile con la possibilità di ricorrere all’istituto del riconoscimento del debito fuori bilancio, anche ad ammettere la riconducibilità del caso alla lett. e) del primo comma dell’articolo 194 TUEL (“acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente”), che in ipotesi può non richiedere il reperimento di risorse aggiuntive “fuori bilancio” per la presenza – ad esempio – di adeguato fondo per passività potenziali. Infatti, in disparte l’assenza, di regola, del requisito dell’utilità e dell’arricchimento per l’ente in conseguenza di atti e comportamenti di soggetti privi (salvo eccezioni) di poteri gestionali, la possibilità di ricorrere senza limiti temporali al riconoscimento del debito consentirebbe di eludere agevolmente la clausola di invarianza, derubricando il divieto di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica a formula normativa priva di concreto significato precettivo.
Quali risorse massime prevedere
Assodato che solo il previo impegno contabile permette il rimborso delle spese legali degli amministratori, la questione si sposta sui limiti finanziari entro i quali l’ente dovrebbe muoversi. Sul punto, evidenzia il Collegio contabile, è intervenuto l’art. 1, commi 1015-1022 della legge di bilancio 2021, secondo cui all’imputato assolto, con sentenza divenuta irrevocabile successivamente al 1° gennaio 2021, “perché il fatto non sussiste, perché non ha commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato” è riconosciuto il rimborso delle spese legali nel limite massimo di euro 10.500,00. Tale rimborso è escluso solo nei casi di: a) assoluzione da uno o più capi di imputazione e condanna per altri reati; b) estinzione del reato per avvenuta amnistia o prescrizione; c) sopravvenuta depenalizzazione dei fatti oggetto di imputazione. Esso è ripartito in tre quote annuali di pari importo (a partire dall’anno successivo a quello in cui la sentenza è divenuta irrevocabile), non concorre alla formazione del reddito ed è subordinato alla presentazione della fattura del difensore, con espressa indicazione della causale e dell’avvenuto pagamento, corredata di parere di congruità del competente Consiglio dell’ordine degli avvocati e di copia della sentenza di assoluzione con attestazione di cancelleria della sua irrevocabilità.
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