Il termine per il ripiano del disavanzo non è di natura perentoria

4 Luglio 2023
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La mancata approvazione del ripiano del disavanzo in 45 giorni previsto dalla normativa, sebbene una parte della giurisprudenza contabile abbia previsto tale termine come perentorio, di diverso avviso è la Corte dei conti della Sicilia (deliberazione n. 187/2023) secondo cui tale termine deve essere considerato ordinatorio.

Il fatto

A seguito del passaggio dal fondo crediti in via semplificata al fondo crediti ordinario, un ente in riequilibrio finanziario pluriennale ha ottenuto un ingente disavanzo ma per la sua ripartizione in 15 anni previsto dalla normativa non ha adottato la relativa deliberazione nei 45 giorni. Eventuali disavanzi emersi successivamente all’approvazione del piano di riequilibrio non potranno essere inclusi in quest’ultimo attraverso la rimodulazione che il Comune ha dichiarato di voler compiere, ma il loro ripiano dovrà necessariamente seguire le regole ordinarie, ossia dovrà confluire per intero sull’esercizio in corso di gestione. Sul punto la Sezione delle Autonomie ha avuto modo di precisare che <<La facoltà introdotta nella fase di avvicendamento delle amministrazioni consente solo la rimodulazione del piano e non anche la sua riformulazione. Con il termine “riformulazione” deve intendersi una nuova edizione del piano di riequilibrio, mentre la “rimodulazione” consiste nella revisione e/o riorganizzazione del piano stesso sulla base di esigenze diverse sopravvenute (vengono revisionati una serie di parametri in modo coordinato e graduale)>>.
In sede di verifica del piano di riequilibrio è stata posta in rilievo la problematica discendente dalla mancata adozione, da parte del Comune, della delibera consiliare di cui al comma 2 dell’art. 39-quater della legge n. 8 del 2020 (che accorda la facoltà di ripianare il disavanzo generato dall’operazione in non più di quindici annualità, a decorrere dall’esercizio finanziario 2021, in quote annuali costanti) nel termine di quarantacinque giorni dall’approvazione del rendiconto.

La risposta dell’Ente locale

In sede di audizione l’Ente locale ha fatto presente che, <<il Consiglio comunale non ha adottato specifica deliberazione entro i 45 gg dall’approvazione del rendiconto, in quanto nella relazione sulla gestione, documento di cui si compone il rendiconto, ha dato atto del ripiano, anziché in tre anni, in 15 anni decorrenti dall’esercizio 2021. Confermando, peraltro, la volontà manifestata con l’approvazione del rendiconto 2019, in sede di deliberazione consiliare approvativa del bilancio 2021-2023 laddove, appunto ha allocato, nel triennio, la quota di 1/15 del maggior disavanzo>>, con relativa approvazione da parte del Consiglio comunale oltre i termini di 45 giorni.

Le indicazioni del Collegio contabile

A dire dei magistrati contabili siciliani, sebbene giurisprudenza contabile che ha iniziato a formarsi sul punto escluda ricostruzioni aperte a soluzioni tardive, valorizzando, piuttosto, l’inequivocabile natura perentoria del termine per l’assunzione della delibera di ripiano, va considerato, da un lato, che la possibilità di reputare validamente adottata la delibera in questione oltre il termine di 45 giorni dall’approvazione del rendiconto, potrebbe trovare un fondamento nell’assimilazione della sua mancata adozione alla mancata approvazione del rendiconto di gestione e dall’altro, che, nel caso di specie, ricorrono circostanze peculiari legate alle modalità con cui l’Ente sostiene di aver comunque manifestato l’intento di avvalersi dell’agevolazione sin dall’approvazione del rendiconto dell’esercizio 2019.
In merito ai termini di natura ordinatoria e non perentoria, il Collegio contabile rinvia alla giurisprudenza amministrativa la quale è costante nell’affermare la natura ordinatoria dei termini di approvazione dei documenti contabili fondamentali: <<[…] il mero decorso del termine per provvedere assegnato dal Prefetto con la diffida impartita ai sensi dell’art. 141, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000 non determina, di per sé, la consumazione del potere dell’organo consiliare dell’Ente di provvedere, ancorché tardivamente, all’approvazione dei documenti contabili obbligatori previsti dalla legge, avendo tale termine carattere esclusivamente acceleratorio-sollecitatorio, giacché sono da considerarsi perentori solo i termini espressamente indicati come tali da una previsione normativa. In sostanza, merita ossequio l’insegnamento pretorio secondo il quale “L’inosservanza del termine fissato dall’art. 175 comma 3 t.u. 18 agosto 2000 n. 267 per l’approvazione da parte del Consiglio comunale dello schema di bilancio predisposto dalla Giunta non ha come conseguenza automatica lo scioglimento dello stesso ma comporta, a norma dell’art. 141 comma 1 lett. c) del succitato t.u. n. 267 del 2000, l’apertura di un procedimento sollecitatorio che può anche condurre all’adozione della grave misura dello scioglimento, ma solo a seguito della constatata inadempienza da parte dell’organo consiliare all’intimazione puntuale ed ultimativa dell’organo competente, che attesti l’impossibilità o la volontà del Consiglio di non approvare il bilancio” (così, da ultimo, Cons. St., sez. III, sent. n. 4288/2020).

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