In arrivo i primi chiarimenti sull’Imu. Tra oggi e domani, più verosimilmente domani, il dipartimento delle finanze diffonderà la circolare esplicativa tesa a chiarire alcuni punti rimasti oscuri circa l’applicazione del tributo, anche alla luce delle modifiche apportate dal decreto legge fiscale (16 del 2012 convertito in legge 44/2012). La circolare (sin veda quanto anticipato su ItaliaOggi del 3 aprile scorso) dovrebbe riconoscere ai consigli comunali massima libertà d’azione, fatto salvo il rispetto dei limiti minimi e massimi fissati dall’art. 13 del decreto «salva-Italia». Ne consegue che con riferimento all’aliquota di base i comuni potranno spaziare tra il 4,6 per mille e l’1,06%. Limite minimo che può essere derogato, fino al 4 per mille, solo per gli immobili non produttivi di reddito fondiario ai sensi dell’art. 43 del Tuir, per quelli posseduti dai soggetti Ires, per quelli locati per (art. 13, comma 9, dl n. 201/2011) e fino al 3,8 per mille solo per i fabbricati costruiti e destinati alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, e comunque per un periodo non superiore a tre anni (art. 56, comma 1, dl n. 1/2012). Altrettanto dicasi per l’abitazione principale in relazione alla quale i comuni potranno stabilire un’aliquota ricompresa tra il 2 e il 6 per mille senza possibilità di «sforare» in un senso o nell’altro, e per i fabbricati strumentali rurali dove l’asticella dovrà essere posta tra l’1 e il 2 per mille. Quella che dovrebbe essere l’indicazione del Mef pare perfettamente in linea con il dettato di legge. Innanzitutto, sul piano logico, perché non avrebbe avuto senso che la norma avesse previsto dei limiti minimi se poi i comuni fossero stati autorizzati a derogarli in piena libertà e, in via dirimente, perché il richiamo all’art. 52 del dlgs n. 446/1997 è una a chiara limitazione legislativa alla potestà regolamentare dei comuni a suo tempo riconosciuta dalla risoluzione n. 1/2001.
Imu, carte scoperte
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