di GIUSEPPE LATOUR e GIOVANNI PARENTE (Il Sole 24 Ore – 14/12/2023)
Un ritorno a sorpresa per la mini-Imu. Niente a vedere con il precedente relativo alle abitazioni principali, che aveva riguardato il complesso e intricato groviglio di scrittura e riscrittura delle regole che avevano portato prima all’istituzione della Tasi e, poi, al suo superamento. Questa volta la coda di versamento, da effettuare entro il 29 febbraio 2024, riguarderà quei Comuni che hanno pubblicato in ritardo, rispetto alla scadenza del 28 ottobre 2023, le delibere di aumento delle aliquote sul sito del Dipartimento delle Finanze. La nuova scadenza è l’effetto di uno dei venti tra emendamenti e subemendamenti presentati dai relatori (Guido Quintino Liris, Fratelli d’Italia, Dario Damiani, Forza Italia, Elena Testor, Lega) al disegno di legge di Bilancio.
L’intervento è legato alla prossima scadenza del saldo Imu, in calendario per il 18 dicembre. I Comuni, per definire le loro aliquote 2023, dovevano approvare e pubblicare una delibera entro il 28 ottobre sul sito del Dipartimento delle Finanze. In 211 casi questo iter è stato completato fuori tempo massimo, anche per effetto della proroga dei termini per l’approvazione dei bilanci di previsione. Si tratta – va precisato – in larga parte di piccole amministrazioni, con poche eccezioni. Quando le delibere hanno confermato le aliquote 2022, non si pongono problemi particolari. In caso, invece, di aumenti, la mancata pubblicazione entro i termini rischiava di portare un effetto collaterale indesiderato per i conti delle amministrazioni. I contribuenti, infatti, non avrebbero dovuto versare gli ammontari extra, previsti per il 2023. Creando un buco nei bilanci dei Comuni.
Ora un emendamento dei relatori sana questi ritardi. E stabilisce che, solo per il 2023, le delibere che approvano le nuove aliquote si considerano tempestive se inserite nel portale del federalismo fiscale entro il 30 novembre 2023. Il termine per la pubblicazione delle delibere è, poi, fissato al 15 gennaio del 2024. Arriva, in questo modo, una sanatoria in deroga alle regole generali sull’Imu. Una sanatoria che servirà anche a prevenire gli eventuali rischi di danno erariale, in caso di responsabilità nella pubblicazione ritardata. Attenzione, però. Non bisognerà tenere conto dei nuovi ammontari aumentati con il versamento del 18 dicembre. Lo stesso emendamento dei relatori, infatti, stabilisce che l’eventuale differenza andrà pagata, senza sanzioni e interessi, entro il 29 febbraio.
Lo stesso emendamento in materia di Imu contiene anche una norma interpretativa che riguarda gli immobili posseduti da enti non commerciali (quindi anche quelli della Chiesa). Viene precisato in via normativa un chiarimento fornito dalle Finanze nella risoluzione 4/DF/2013. In particolare, la precisazione riguarda l’esclusione dal prelievo se l’immobile sia concesso in comodato per attività di carattere non commerciale. È il caso delle attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive. Purché, ovviamente, non generino profitti economici. Sempre su questo tema, un’altra precisazione riguarda il possesso per finalità non commerciali che si configura anche in caso di temporaneo inutilizzo, quindi lasciando intatta la chance di esenzione.
Arriva, infine, anche la modifica che sana i problemi creati dalla prima formulazione della legge di Bilancio sulla cedolare secca. La prima versione del testo che aumenta dal 21 al 26% l’aliquota dell’imposta sugli affitti brevi prevedeva che, in caso di locazione di più immobili, tutti sarebbero stati attratti dall’aliquota più onerosa. Per scongiurare questo effetto di trascinamento, arriva una riscrittura. La nuova formulazione prevede, come regola generale, l’aliquota al 26% per gli affitti brevi. Scatta, però, la riduzione al 21% per un’unità individuata dal contribuente in sede di dichiarazione. Su un immobile, insomma, si pagherà l’imposta più bassa. Viene anche precisato che, quando gli intermediari che incassano i canoni fanno da sostituti di imposta, applicano sempre l’aliquota al 21%, operando una ritenuta a di acconto.
In collaborazione con Mimesi s.r.l.
* Articolo integrale pubblicato su Ilsole24ore del 14/12/2023
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