In mancanza di previo accertamento del giudice contabile dell’ingiustificato arricchimento non è trasmissibile agli eredi il danno erariale

Le Sezioni Unite della Cassazione, in una recente sentenza, si sono occupate della trasmissibilità agli eredi del danno erariale comminato al de cuius…

25 Luglio 2018
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Le Sezioni Unite della Cassazione, sentenza 19 luglio 2018 n.19280, si sono occupate della trasmissibilità agli eredi del danno erariale comminato al de cuius stabilendo i citati principi di diritto:

a) quando il debito risarcitorio del pubblico dipendente sia stato accertato dal giudice contabile con sentenza passata in giudicato, la trasmissibilità agli eredi si verifica soltanto nei casi in cui il fatto illecito abbia non soltanto arrecato un danno all’erario, ma anche procurato al dante causa, autore dello stesso, un illecito arricchimento;

b) in presenza della rinuncia all’eredità da parte degli eredi, anche in caso di illecito arricchimento, non è possibile agire con titolo esecutivo mancando un diritto certo, liquido ed esigibile nei confronti degli eredi che non abbiano accettato l’eredità, tenendosi così al di fuori delle vicende che abbiano riguardato il de cuius.

La vicenda

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha agito nei confronti degli eredi al fine di recuperare la condanna per danno erariale del de cuius. Gli eredi si sono opposti all’esecuzione tanto che il Tribunale di prima istanza negava la legittimazione del Ministero, mentre la Corte di Appello pur riconoscendo la legittimazione del Ministero ha negato il debito degli appellanti, che avevano rinunciato all’eredità. Il MEF ha chiesto allora il regolamento di giurisdizione per essere la competenza intestata alla Corte dei conti in quanto il debito dei soggetti sottoposti  giudizio di responsabilità contabile “si trasmette agli eredi secondo le leggi vigenti nei casi di illecito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi“. In questo caso, secondo il MEF, l’unico giudice munito di giurisdizione è quello contabile, unico a dover valutare i limiti di trasmissibilità agli eredi del debito da danno erariale.

Le motivazioni delle Sezioni Unite

Secondo i giudici di Piazza Cavour il ricorso sul regolamento di giurisdizione oltre ad essere infondato è anche privo di fondamento. Nel caso di specie, infatti, la controversia riguarda l’opposizione all’esecuzione volta a far valere l’assenza di un titolo esecutivo nei confronti dei convenuti al fine di far constatare al Tribunale di non essere eredi, avendo rinunciato all’eredità del de cuius. Precisa la Suprema Corte come in tema di responsabilità amministrativa, anche quando il debito risarcitorio del pubblico dipendente sia stato accertato dal giudice contabile con sentenza passata in giudicato, la trasmissibilità agli eredi si verifica soltanto nei casi in cui il fatto illecito abbia non soltanto arrecato un danno all’erario, ma anche procurato al dante causa, autore dello stesso, un illecito arricchimento il che richiede che tale presupposto – così come il conseguente indebito arricchimento degli eredi – sia stato “accertato nel giudizio dinanzi al giudice contabile”. Nel caso in esame si è in presenza di tale mancato accertamento nella sentenza di condanna del giudice contabile, il quale accertamento deve in ogni caso avvenire prima dell’esecuzione. Tale è la ragione per la quale si giustifica l’accoglimento dell’opposizione all’esecuzione ed esclude la configurabilità della giurisdizione contabile sull’opposizione stessa, la cui competenza non può che essere del giudice ordinario. Infatti, non vi è alcun automatismo nella trasmissione del debito, proprio perché soggetto a presupposti che debbono essere accertati in sede giurisdizionale contabile, dall’altro che il presupposto del processo di esecuzione civile è l’esistenza di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile, senza che possano venire in considerazione profili cognitori per l’accertamento dell’esistenza di un’obbligazione, con la conseguenza che in punto di giurisdizione non si può profilare altro giudice competente sulla materia e che quando sia posta in esecuzione una sentenza di condanna della P.A., ancorché pronunciata da un giudice speciale, viene introdotta una controversia avente per oggetto un diritto soggettivo, rimessa alla competenza del giudice ordinario.

Entrando nel merito della controversia, precisa la Suprema Corte come, nel caso di specie, non si sia in presenza di una dichiarazione di illecito arricchimento del de cuius, il quale anche se provato non poteva spingersi sino ad individuare eredi chi non lo fosse, in considerazione della espressa rinuncia dell’eredità, facendo venir meno l’esecutività di un titolo nei confronti di persone che avevano rinunciato all’eredità. In questo caso, era infatti sufficiente, una volta preso atto dell’affermazione della rinuncia all’eredità, il riscontro dell’assenza di un titolo esecutivo formato nei confronti dei ricorrenti e quindi azionabile in via esecutiva.

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