Comuni in rivolta contro l’obbligo di restituirei contributi statali sull’indennità degli amministratori. I chiarimenti del ministero dell’interno mettono in crisi molti enti, per lo più piccoli, nei quali sindaci si sono autoridotti lo stipendio. Nei giorni scorsi sul portale della Finanza locale è stato diffuso un comunicato per chiarire alcuni aspetti controversi dell’articolo 1, comma 586, della legge 234/2021 (legge di bilancio 2022) che, a titolo di concorso alla copertura del maggior onere sostenuto dai comuni delle regioni a statuto ordinario per la corresponsione dell’incremento delle indennità di funzione previsto dai commi 583, 584 e 585 (che, ricordiamo, ha parametrato l’emolumento a quello dei presidenti di regione), ha incrementato il fondo di cui all’articolo 57-quater, comma 2, del dl 124/2019 di 100 milioni di euro per l’anno 2022, di 150 milioni di euro per l’anno 2023 e di 220 milioni di euro a decorrere dall’anno 2024. Ai sensi del successivo comma 587, le risorse relative all’anno 2022 sono state ripartite tra i comuni interessati. Le risorse erogate dallo Stato sono destinate, in via esclusiva, a compensare il maggiore onere che gli enti sostengono per adeguare le indennità, con la conseguenza che qualsivoglia delibera che abbia inciso in senso riduttivo rispetto all’ammontare previsto dalla legislazione allora vigente, farà insorgere, in capo al comune, l’obbligo di procedere alla restituzione dell’intero contributo ricevuto. Molti comuni, quindi, dovranno mettere mano al bilancio e trovare le risorse per restituire quanto ricevuto.
* Articolo integrale pubblicato su Italiaoggi ore del 17 gennaio 2023.
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