Le recenti indicazioni della Sezione delle Autonomie
Importanti indicazioni sono contenute nella deliberazione n.2/2023 della Corte dei conti Sezione delle Autonomie che, pur dichiarando inammissibile il parere vertente sull’IRAP, ossia se quest’ultima sia a carico dell’ente locale o gravi sui fondi destinati ai medesimi dipendenti (Avvocatura e diritti di rogito), ha fornito indicazioni indirette di sicuro interesse.
La questione di massima
La Sezione di controllo del Lazio con la deliberazione n.136/2022 ha rimesso alla Sezione delle Autonomie la seguente questione di massima sulla corretta imputazione dell’Irap dell’avvocatura comunale o sui diritti di rogito dei segretari comunali, ossia se il tributo debba gravare contabilmente sul fondo appositamente costituito con l’introito delle spese legali liquidate dal giudice o se il relativo onere debba valere su risorse del bilancio comunale.
Questione di massima
In merito alla valutazione dell’IRAP se la stessa debba gravare sulle risorse di bilancio dell’ente locale (piuttosto che sui fondi costituiti dai compensi degli avvocati o dai diritti di rogito incassati dall’Ente), significa porre in discussione l’ampiezza del diritto soggettivo di cui sono titolari gli avvocati e i segretari comunali, la cui competenza è demandata al giudice ordinario e non a quello contabile. In modo non diverso deve aversi riguardo in che misura la voce riferita all’Irap debba innestarsi nel bilancio e di come debba trovare correlata copertura, in quanto si ripropone in termini sostanzialmente identici la questione correlata all’ampiezza del diritto soggettivo patrimoniale.
In altri termini, riconoscere che il soggetto tenuto al pagamento dell’Irap sia l’ente locale, ma individuare la provvista finanziaria destinata a dare copertura alla spesa nei fondi (e relativi capitoli di bilancio) destinati a riconoscere i diritti di rogito, vorrebbe dire che solo formalmente l’Irap non grava sui dipendenti, ma, nella sostanza, sono questi ultimi a sostenerne l’onere vedendo così incisa la propria sfera patrimoniale. Pertanto, l’interesse pubblico al contenimento della spesa di personale e al mantenimento degli equilibri di bilancio, se pur rilevante, non può giustificare l’ammissibilità del quesito, poiché nel caso di specie tale interesse si “scontra” con un chiaro dato testuale della norma che regolamenta esclusivamente le modalità di corresponsione dei diritti di rogito sulla cui ampiezza, tuttavia, è chiamato a decidere un diverso giudice.
In modo non diverso è il ragionamento relativo ai compensi erogati agli avvocati e la questione relativa all’imputazione dell’Irap, ossia se la stessa debba gravare sui fondi nei quali confluiscono le somme recuperate a seguito del contenzioso vittorioso o sul bilancio dell’ente, che dovrà coprire la spesa con entrate proprie. Anche in tale fattispecie l’orientamento prescelto incide sulla posizione giuridica patrimoniale dell’avvocato comunale. Imputare l’Irap ai fondi destinati a compensare l’attività professionale degli avvocati comunali (nel contenzioso con esito favorevole per l’ente locale) vuol dire ridurre l’ammontare delle risorse ad essi destinate (nei limiti fissati dal comma 7, dell’art. 9 del d.l. n. 90/2014): ancora una volta l’onere Irap graverebbe formalmente sull’Ente locale ma sostanzialmente sugli avvocati (e sul fondo destinato al pagamento delle cd. propine). Pertanto, si manifesterebbe una compressione del diritto soggettivo patrimoniale di questi ultimi alla presenza di norme di diritto tributario che certamente sfuggono al concetto di contabilità pubblica e che vedono nella magistratura ordinaria l’organo competente a dirimere le controversie concernenti la corretta applicazione di tali norme (come testimoniato dalla elevata casistica giurisprudenziale).
Pertanto, per imputare l’Irap al fondo destinato ad erogare i compensi professionali agli avvocati, la giurisprudenza contabile ha dovuto “forzare” la lettera della norma valorizzando l’interesse pubblico sotto l’aspetto, ancora una volta, della copertura finanziaria della spesa e del conseguente rispetto del principio del pareggio di bilancio. Argomentazioni rafforzate, secondo questa giurisprudenza, dal contesto in cui tale norma è inserita in quanto preceduta e seguita da altre disposizioni finalizzate al contenimento della spesa pubblica.
In altri termini, se si parte dal dato testuale che, per i diritti di rogito dei segretari comunali, appare chiaro nella sua enunciazione, ci si troverebbe di fronte ad un’operazione di creazione e supplenza normativa non ammissibile (facendo dire al legislatore ciò che non ha detto ma che, nell’interesse pubblico superiore, “avrebbe dovuto dire”).
Il quesito, pertanto, è stato dichiarato inammissibile, pur ammendo al proprio interno un possibile orientamento sul dato letterale della norma e, quindi, sull’esclusione dell’IRAP a carico del dipendente o dei suoi compensi accessori, per restare la medesima imposta a solo carico dell’ente locale.
I recenti indirizzi del giudice di legittimità
La Cassazione (sentenza n. 27316/2021) ha dichiarato illegittimo il regolamento dell’ente locale e la sua concreta attuazione, in quanto invece di determinare e accantonare a monte, e in misura adeguata, i fondi, destinati ad essere ripartiti tra gli Avvocati interni, al momento della corresponsione del compenso all’avvocato è stata trattenuta la quota IRAP che l’ente avrebbe dovuto pagare. In altri termini, l’ente non può scorporare l’IRAP al momento del pagamento dei compensi dovuti agli avvocati, anche se ciò fosse previsto dal proprio regolamento, in quanto quest’ultimo sarebbe nullo per violazione di una norma imperativa che impone il pagamento del tributo al datore di lavoro. Per poter neutralizzare l’IRAP l’ente locale, una volta stabiliti i fondi da destinare all’avvocatura, dovrà quantificarli al netto dell’IRAP, mentre in sede di erogazione dovrà scorporare gli oneri riflessi, ossia la parte a carico dell’ente (23,8% per la parte previdenziale e la quota destinata all’INAIL a seconda del tasso di rischio del singolo ente).
Esempio operativo:
Qui di seguito un esempio operativo di concreta applicazione delle indicazioni della Cassazione:
Si supponga una entrata di 100 nel bilancio comunale, in presenza di una causa vittoriosa con addebito del compenso, da destinare all’avvocatura, alla parte soccombente, importo questo che dovrà preventivamente essere comunicato dall’avvocatura comunale, da inserire nel fondo delle risorse decentrate, tra le componenti escluse dai limiti di cui all’art.23, comma 2, del d.lgs. 75/2017.
L’entrata di 100 dovrà essere destinata ed iscritta nel fondo delle risorse decentrate per compensi destinati agli gli avvocati interni, per una somma pari a 92,17 per compensi professionali distribuibili (ossia dividendo l’entrata inserita in bilancio con l’entrata + la quota destinata ad IRAP, ossia 100/1,085). La differenza tra 100-92,17 pari a 7,83 è esattamente la quota di risorse destinate a dare copertura dell’IRAP. In sede di erogazione dei compensi l’ente dovrà scorporare dal valore di 92,17 sia la quota riferita ai contributi assistenziali sia la quota previdenziale a suo carico (legge n.266/2005). Supponendo pari all’ 1% la quota assistenziale (INAIL) su 92,17 di compensi da distribuire, l’importo di 0,9217 andrà a copertura degli oneri assistenziali. Alla differenza ottenuta, pari a 91,248 (ossia 92,17 – 0,9217), sarà applicata la percentuale del 23,8% dei contributi previdenziali a carico dell’ente, per un valore pari 21,717. Pertanto, il dipendente dovrà versare l’importo a suo carico pari al 8,85%, ossia pari ad 8,075. Infine, l’importo soggetto ad IRPEF sarà pari a 91,248-21,717-8,075 = 61,456.
La tabella che segue ne mostra i calcoli:
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