IRAP su compensi degli avvocati comunali e sui diritti di rogito spettanti ai Segretari comunali negli enti privi di dirigenti

16 Marzo 2023
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Gli indirizzi del giudice amministrativo

Il TAR della Puglia (sentenza n.1468/2021) ha giudicato legittimo un regolamento dell’avvocatura civica sulla distribuzione dei compensi professionali che:
a) condiziona i compensi alla contrattazione decentrata integrativa, in quanto si è pur sempre in presenza di una componente della retribuzione accessoria e, come tali, sono oggetto di contrattazione collettiva integrativa decentrata. Le medesime disposizioni contenute all’art.9, comma 6, D.L. n. 90/2014, infatti, prevedono che la corresponsione dei compensi sia affidata “alle norme regolamentari o contrattuali vigenti e nei limiti dello stanziamento previsto”;
b) decurta i compensi delle cause vittoriose con addebito alla parte soccombente per destinare una quota al fondo crediti e al pagamento dell’IRAP. Nel caso di specie il regolamento ha previsto che all’Avvocato incaricato competono le somme recuperate nel limite del 80%. Il restante 20% recuperato sarà inserito in un fondo dal quale si attingerà per affrontare le spese necessarie per recupero crediti dalle parti condannate ed IRAP…”. Per il TAR la decurtazione del 20% (con corrispondente alimentazione del fondo per recupero crediti ed IRAP) non è di per sé irragionevole ed è ispirata da logiche di contenimento della spesa pubblica, che non sono nemmeno state censurate in ricorso;
c) eroghi i compensi al netto della quota assistenziale (INAIL) e previdenziale (INPS). Per la Consulta (sentenza n.33/2009) la disposizione legislativa non mira ad una riduzione del trattamento retributivo complessivo dell’avvocato dipendente, previsto dalla contrattazione collettiva, ma disciplina piuttosto la distribuzione del carico contributivo tra ente pubblico-datore di lavoro e dipendente;
d) eroghi i compensi in caso di rateizzazione del credito per spese di lite agli effettivi incassi annuali. la disposizione è coerente con la logica che prevede il pagamento dei compensi professionali sugli incassi recuperati e, quindi, correttamente associa alla rateizzazione delle spese anche la rateizzazione di quanto dovuto all’avvocato
e) preveda che l’erogazione debba avvenire solo in caso di definitività della decisione. Secondo il TAR tale previsione non è, di per sé, contra legem, né può dirsi viziata da arbitrarietà o illogicità
f) abbia subordinato con effetto retroattivo i compensi all’approvazione del regolamento. Per il TAR è la stessa legge che ha posto un divieto di corresponsione dei compensi agli avvocati dipendenti in assenza di adeguamento, a decorrere dal 1° gennaio 2015, così come stabilito dall’art. 9, comma 8, D.L. n. 90/2014.

Le indicazioni nella legge di bilancio 2023

Nell’articolo unico della Legge di bilancio 2023 il comma 890 ha stabilito che “Le competenze attribuite ai sensi dell’articolo 21 del regio decreto 30 ottobre1933, n.1611, fermo quanto previsto dall’articolo 9, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n.90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n.114, si interpretano come assoggettate al regime di cui all’articolo 50, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del presidente della Repubblica22 dicembre 1986, n.917, nonché escluse dalla disciplina di cui al decreto legislativo15 dicembre 1997, n.446”. Con questa interpretazione il legislatore ha qualificato i compensi professionali degli avvocati della Stato quali redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettera b), del decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e, in quanto tali, non assoggettabili alla contribuzione ai fini pensionistici gravante sui redditi da lavoro dipendente ma esclusivamente alla ritenuta diretta in acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Inoltre, la disposizione legislativa esclude che tali somme rientrino nella base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e, di conseguenza, non devono essere sottoposte al relativo pagamento. Va evidenziato come, il Ministero dell’Economia, già nel parere del 20 gennaio 1998, aveva avuto modo di precisare come i compensi percepiti dagli avvocati pubblici rientrassero nei redditi assimilati a quello di lavoratore dipendente, avendo soddisfatto le due condizioni previste dalla normativa tributaria, ossia sono “percepiti a carico dei terzi dai prestatori di lavoro dipendente” e si deve trattare di incarichi svolti in relazione a tale qualità. Pertanto, i compensi professionali degli avvocati e procuratori dello Stato sono anzitutto “a carico dei terzi”, in quanto l’Avvocatura generale dello Stato e le Avvocature distrettuali, nel corrispondere gli emolumenti in questione, “svolgono una funzione di mero tramite limitandosi a curarne l’esazione nei confronti delle controparti”. Inoltre, si tratta di onorari che “derivano dall’esito dell’attività giudiziale svolta piuttosto che dalla prestazione sottostante al rapporto di lavoro” di qui la loro assimilazione ai redditi di lavoro dipendente.
Se tali indicazioni dovessero essere valide anche per i compensi degli avvocati comunali, allora il problema sarebbe risolto a monte, non essendo i citati compensi soggetti né a ritenute previdenziali e assistenziali, né a trattenute fiscali (IRAP).

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