Il parere contabile del responsabile finanziario, reso nelle deliberazioni di giunta o di consiglio, rappresenta un mero atto di attestazione della regolarità contabile della manifestazione della volontà degli organi politici dell’ente. Tale parere, pertanto, non abilita il terzo a ritenere concluso e valido l’atto di impegno dell’ente e ad evitare così la nullità tanto della deliberazione che autorizza la prestazione, quanto del susseguente contratto stipulato in attuazione di essa. In altri termini, solo il formale atto di impegno di spesa, correlato dal visto finanziario del responsabile della ragioneria, rende valida la prestazione resa. Queste sono le conclusioni della Cassazione (sentenza n.33768/2019) che ha riformato le sentenze del Tribunale e della Corte di appello che, invece, hanno considerato sufficiente, per la validità dell’atto e del conseguente contratto, la deliberazione dell’organo esecutivo munito del parere contabile del responsabile finanziario reso ai sensi dell’art.49 del TUEL.
Il caso
Il Tribunale di primo grado e successivamente la Corte di appello hanno considerato valido il contratto di locazione stipulato da un ente provinciale, in quanto la deliberazione dell’Organo esecutivo era supportata dal parere di regolarità contabile del responsabile finanziario che ne attestava la copertura finanziaria. Secondo la Corte territoriale, infatti, la conclusione del contratto di locazione è avvenuta nel rispetto delle norme procedimentali e contabili previste dalla legge, essendo detto contratto adeguatamente sorretto dalla delibera della Giunta Provinciale corredata dai prescritti pareri ex art. 49 del TUEL, contestualmente confermando l’insussistenza di alcuna causa di annullamento del contratto, né di alcun motivo di risoluzione del contratto, né di vizi della cosa locata, escludendo infine che l’amministrazione provinciale fosse validamente receduta dal rapporto in sede di autotutela. La sentenza della Corte di appello, pertanto, confermando quella del tribunale di primo grado, ha dichiarato la validità e l’efficacia del contratto di locazione a uso diverso da quello di abitazione stipulato dalla società ricorrente (in qualità di locatrice) con la Provincia, con la condanna di quest’ultima all’esecuzione delle prestazioni promesse non eseguite.
L’ente locale, in ragione della soccombenza, ha proposto ricorso in Cassazione evidenziando l’errore dei giudici civili per aver omesso di rilevare la nullità del contratto di locazione per mancanza dell’atto di impegno contabile, previsto dall’art. 191 del TUEL e, per l’ulteriore mancanza della preventiva determinazione a contrattare ai sensi del successivo art. 192.
Le ragioni della riforma della sentenza
Il giudice di legittimità ha dato ragione all’ente locale in quanto i giudici di appello non hanno tenuto conto della violazione di norme imperative espressamente indicate nel testo unico degli enti locali. Infatti, l’art. 191 TUEL dispone che gli enti locali possono effettuare spese solo se sussistono l’impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria, comunicati dal responsabile del servizio al terzo interessato che ha facoltà, in mancanza della comunicazione suddetta, di non eseguire la prestazione. Nel caso in cui, invece, il terzo esegue la prestazione, in mancanza della comunicazione dell’impegno contabile, l’obbligato non è l’ente locale ma l’amministratore o dipendente dell’ente che abbia consentito la fornitura del bene o servizio in violazione della norma. In altri termini, gli atti degli enti locali da cui discende un obbligo contrattuale, di prestazioni di servizi o forniture, sono validi e vincolanti nei confronti dei terzi solo qualora siano accompagnati dal relativo impegno di spesa, diversamente ne discende la nullità tanto della deliberazione che ne autorizza il compimento quanto del susseguente contratto stipulato in attuazione della stessa. Tali previsioni normative e in particolare, l’art. 191 TUEL, nell’imporre l’indicazione dell’ammontare delle spese e dei mezzi per farvi fronte, a pena di nullità delle relative deliberazioni adottate in violazione di legge (tra le tante Sez. Unite, 10 giugno 2005, n. 12195, Sez. Unite, 28 giugno 2005, n. 13831 e successive conformi), tutelano il preminente interesse pubblico all’equilibrio economico-finanziario delle amministrazioni locali in un quadro di certezza della spesa secondo le previsioni di bilancio e di trasparenza dell’azione amministrativa (tra le tante Cass., Sez. I°, 9 maggio 2018/11 marzo 2019, n. 6919).
Ha errato, pertanto, la Corte di appello nel ritenere equipollente l’impegno contabile e il parere di regolarità contabile. In realtà, esiste una sostanziale differenza tra un provvedimento (l’impegno di spesa di cui all’art. 191) funzionalmente destinato a incidere direttamente, vincolandolo, su un determinato capitolo di bilancio dell’ente locale e ad attestare la concreta sussistenza di una copertura finanziaria, e un provvedimento (il parere di cui all’art. 49) il cui profilo funzionale deve ritenersi limitato ad attestare la mera regolarità, sul piano contabile, della prospettata manifestazione della volontà degli organi politici dell’ente. Infatti, l’art.49 del Tuel dispone che “Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione”. Ricorda il giudice di legittimità, inoltre, come a partire dal d.l. n.174/2012 sia stata data la possibilità all’Organo esecutivo o al Consiglio di discostarsi motivatamente dal parere di regolarità contabile. Infatti, l’art.49 comma 4 del TUEL dispone che “Ove la Giunta o il Consiglio non intendano conformarsi ai pareri di cui al presente articolo, devono darne adeguata motivazione nel testo della deliberazione”, scostamento che non avrebbe alcuna ragion d’essere in relazione all’impegno di spesa di cui all’art. 191, la cui violazione vale a determinare la nullità della delibera e del contratto della P.A. Allo stesso modo, proprio detta differenza vale a giustificare la ragione per cui, la mancata acquisizione del parere di cui all’art. 49 non comporta alcuna illegittimità o nullità della deliberazione; evenienza del tutto impensabile in caso di mancata acquisizione dell’impegno di spesa, che al contrario implica la nullità sia della deliberazione che ha autorizzato la prestazione del terzo che del successivo contratto eventualmente stipulato in attuazione della medesima.
La Cassazione ha pertanto, in ragione della fondatezza delle censure indicate dalla Provincia, cassato la sentenza con rinvio alla Corte territoriale in diversa composizione sulla base del principio di diritto enunciato.
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