La copertura dei debiti della società in house sciolta ma mai operante non rientra nel divieto del soccorso finanziario

4 Marzo 2024
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In presenza della costituzione di una società in house, successivamente sciolta in quanto non avrebbe potuto svolgere un servizio che non poteva esserle affidato, il ripiano dei debiti medio termini contratti discende da un obbligo civilistico che si pone in capo all’unico ente socio, senza che ciò possa rientrare nel concetto del divieto di “soccorso finanziario” previsto dall’art. 14, comma 5, del d.lgs. n. 175/2016. Con queste motivazioni la Corte dei conti dell’Umbria (sentenza 8/2024) ha assolto dal danno erariale il Segretario comunale, i responsabili dei servizi e i revisori dei conti.

La vicenda

Un ente locale ha proceduto alla costituzione di una società in house al fine dello svolgimento dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Tuttavia, a pochi mesi di distanza, il Commissario straordinario ha annullato tutti gli atti di costituzione della società in ragione della loro illegittimità. A seguito dell’istruttoria condotta dalla Procura erariale, quest’ultima ha chiamato in giudizio per responsabilità erariale il Segretario comunale, il responsabile del servizio dei lavori pubblici, il responsabile finanziario, il responsabile dell’area del territorio e i revisori dei conti di un ente locale, per aver ripianato i debiti di una società in house, mediante riconoscimento dei debiti fuori bilancio, nonostante il divieto del “soccorso finanziario” previsto dal Testo Unico delle Società Partecipate. A dire, infatti, della Procura, si sarebbe in presenza della violazione delle disposizioni di cui all’art.14, comma 5, del D.lgs. n.175/2016 il quale dispone, con norma di principio, che le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato di cui all’art.1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dagli articoli 2447 e 2482-ter del codice civile, sottoscrivere aumenti di capitale, effettuare trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate, con esclusione delle società quotate e degli istituti di credito, che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Tale principio, noto come divieto di “soccorso finanziario”, sarebbe operante anche nei confronti di società poste in liquidazione che restano in vita senza la possibilità di intraprendere nuove operazioni rientranti nell’oggetto sociale, ma al solo fine di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali.
I convenuti, oltre a sollevare alcune questioni di rito, hanno evidenziato come il riconoscimento dei debiti fuori bilancio risulterebbe pienamente legittimo, poiché le prestazioni oggetto di riconoscimento sono derivate dalla violazione, da parte del comune, nella sua qualità di unico socio pubblico, dei principi di corretta gestione sociale ed imprenditoriale della società: di conseguenza, il comune sarebbe risultato civilmente responsabile dei debiti così contratti dalla società.

Le indicazioni del Collegio contabile

Il caso di specie riguarda l’affidamento del servizio di gestione dei rifiuti ad una società in house a tal fine costituita da un ente locale, quest’ultimo si è , tuttavia, reso successivamente conto che l’affidamento del servizio di gestione dei rifiuti da parte della società in house era illegittimo, perché in contrasto con alcune precise disposizioni del codice dei contratti. In altri termini, la società era stata creata al solo fine di tale affidamento del servizio che non avrebbe potuto esserle affidato, con la conseguenza che è stata posta in liquidazione, ma ciò è avvenuto una volta che la società aveva medio tempore contratto obbligazioni. A tal riguardo soccorrono le disposizioni del codice civile (art.2497) secondo cui vi è responsabilità illimitata e diretta dei soci nei confronti dei creditori sociali per la violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale della società. In altri termini, le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società.

Nel caso di specie, pertanto, l’affidamento illegittimo da parte dell’ente locale, poi annullato, può certamente configurarsi come violazione dei principi di corretta gestione societaria in grado di ledere gli interessi dei creditori sociali, con conseguente responsabilità dei debiti così contratti dalla società. D’altra parte, ha precisato il Collegio contabile, l’omissione del pagamento avrebbe, potenzialmente generato un aumento dei costi per l’ente comunale, suscettibile di essere soggetto a procedure esecutive, oltre a danneggiare l’immagine pubblica del medesimo, un bene che è ormai comunemente riconosciuto come protetto dall’ordinamento giuridico. Non si è trattato, dunque, di una manovra di soccorso finanziario vietato dalla normativa del TULPS, quanto piuttosto, in base ai principi dettati dal codice civile, della responsabilità intestata all’unico socio che risponde dei debiti derivanti dalla violazione dei principi di corretta gestione che, nella fattispecie, si sono concretizzati nell’aver creato una società al solo scopo di svolgere un servizio che non poteva esserle affidato.

Sulla base delle sopra esposte considerazioni, la domanda della Procura deve essere rigettata, con rimborso delle spese di giudizio sostenute dai convenuti.

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