In primissimo piano i fondi destinati alla sicurezza e alla difesa. Si attiverà un confronto tra maggioranza e opposizione, così da rafforzare la richiesta di scorporare le spese aggiuntive dal calcolo del deficit (attorno ai 300 milioni cui potrebbero aggiungersi i 200 milioni destinati al Giubileo), in linea con l’apertura annunciata due giorni fa dal presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker. Poi il capitolo del Sud, con il credito d’imposta automatico per gli investimenti e la decontribuzione rafforzata per i neo-assunti nel 2016. Il tutto dovrà avvenire a saldi invariati, il che presuppone che tutte le nuove, maggiori spese dovranno essere coperte, al netto ovviamente di quelle oggetto di trattativa con Bruxelles il cui impatto sui conti dovrebbe essere neutralizzato.
Nel complesso la manovra “espansiva” che nel suo attuale impianto mette in campo 28,7 miliardi, con il saldo netto da finanziare a quota 36,6 miliardi, non subisce variazioni di rilievo al termine del primo passaggio parlamentare. Il conto finale salirebbe a 31,8 miliardi qualora la Commissione Ue darà il via libera in primavera alla “clausola migranti”, con il saldo netto da finanziare a 39,2 miliardi. Importi rilevanti, che tuttavia scontano il ricorso al maggior deficit in relazione alle clausole di flessibilità richieste sul versante delle riforme e degli investimenti(dall’1,8 al 2,2%, che passerebbe al 2,4% con la clausola migranti). Richiesta difficilmente replicabile nel 2017, stando alla valutazione di Bruxelles che pone in luce il “deterioramento” del saldo strutturale pari allo 0,5% del Pil, con annesso il rischio di “deviazione significativa” dall’aggiustamento richiesto. Non si potrà in sostanza abbassare più di tanto la guardia (lo impone il livello del debito), ma assicurare dal 2017 un “sufficiente margine di sicurezza” in grado di evitare che il deficit nominale torni ad attestarsi nei dintorni del limite del 3 per cento.
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