Le diverse motivazioni sul mantenimento dei residui secondo la loro anzianità (prima parte)

27 Settembre 2023
Modifica zoom
100%
Il responsabile delle entrate, in occasione del riaccertamento ordinario dei residui, deve cancellare o mantenere i residui secondo la loro anzianità, anche senza attendere la dichiarazione di inesigibilità da parte del concessionario. Se i residui attivi anno una anzianità superiore ai cinque anni vanno stralciati, ameno che il responsabile delle entrate dimostri il loro mantenimento. Secondo la Corte dei conti della Marche (deliberazione n.144/2023) la cancellazione dei residui divenuti inesigibili rappresenta un vero e proprio dovere per l’ente locale, specie se l’anzianità è superiore ai cinque anni, evitando in tal modo di non penalizzare il bilancio e fornire una rappresentazione non reale della situazione finanziaria dell’ente.

La domanda del Sindaco

In Sindaco ha chiesto ai magistrati contabili di sapere se la perdurante pendenza di procedure giudiziali o stragiudiziali di esecuzione coattiva del credito o l’assenza di una formale comunicazione di inesigibilità del medesimo credito da parte dell’agente del concessionario alla riscossione possa precludere all’Ente di valutare l’opportunità di mantenere o cancellare dal conto del bilancio un residuo attivo di anzianità ultratriennale di dubbia o incerta esigibilità.

Le premesse

Il Collegio contabile richiamando il principio contabile applicato della competenza finanziaria, di cui al paragrafo 9.1 dell’All. 4/2 al dlgs. N.118/2011, che prevede la cancellazione dei residui attivo dopo tre anni dalla loro iscrizione, qualora basato su elementi che possano far ipotizzare una probabile inesigibilità del credito o una riscossione non in tempi ragionevoli. In questi casi, infatti, il mantenimento di questi residui attivi fino a quando non intervenga la comunicazione di inesigibilità determinerebbe una lievitazione dei residui attivi a fronte di bassissimi volumi di riscossione, con peggioramento della percentuale media di riscossione e, conseguentemente, di quella di accantonamento al FCDE, che penalizzerebbe il bilancio e non rappresenterebbe la reale situazione finanziaria dell’ente. Secondo l’ente locale, non è la contabilità finanziaria a dover dare evidenza dei crediti complessivi vantati dall’ente, ma che questo ruolo debba essere svolto dalla contabilità economico patrimoniale, in cui i crediti devono restare iscritti fino ad intervenuta definitiva inesigibilità o prescrizione.
Il Collegio contabile condivide le conclusioni cui è pervenuto l’ente locale, ritenendo che sia non solo facoltà ma, addirittura, dovere dell’ente valutare, in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto, l’opportunità di mantenere o cancellare dal conto del bilancio residui attivi di dubbia o difficile esigibilità di anzianità ultratriennale (e debitamente svalutati mediante congruo accantonamento al FCDE) anche qualora non si siano ancora formalmente concluse o esaurite le già avviate procedure giudiziali o stragiudiziali di esecuzione coattiva o non sia stata ancora comunicata dall’agente della riscossione la formale dichiarazione di inesigibilità del credito.

D’altra parte, a dire del Collegio contabile, oltre al principio contabile, tale stralcio è confermato dall’art. 228, comma 3, TUEL, ai sensi del quale “prima dell’inserimento nel conto del bilancio dei residui attivi e passivi l’ente locale provvede all’operazione di riaccertamento degli stessi, consistente nella revisione delle ragioni del mantenimento in tutto od in parte dei residui e della corretta imputazione in bilancio”. In altri termini, poiché l’accertamento delle entrate individua le risorse attraverso cui viene data copertura finanziaria alla spesa, affinché tale copertura sia effettiva, e non meramente contabile, occorre che tali entrate (e quindi il loro mantenimento nel conto del bilancio) siano supportate da un adeguato grado di esigibilità, che va prudenzialmente valutato in concreto, caso per caso, tenendo conto delle cause che ne hanno impedito o ritardato la riscossione, onde evitare che la genuinità del risultato di amministrazione possa essere inquinata dalla presenza di risorse aleatorie o di incerta realizzazione. Pertanto, ragionando a contrario, la conservazione nel conto del bilancio di un residuo attivo ultratriennale di dubbia esigibilità deve essere adeguatamente motivata e supportata da elementi idonei a suffragare ragionevoli aspettative d’incasso e non certo effettuate un rimando al semplice fatto che, nel frattempo non sia ancora intervenuta la conclusione delle procedure giudiziali o stragiudiziali di esecuzione coattiva o la dichiarazione di definitiva inesigibilità del credito da parte dell’agente della riscossione.

Infine, non può essere richiamata la disposizione contenuta nell’art. 11, comma 6, lett. e), D.Lgs. 118/2011, ai sensi del quale la relazione sulla gestione, allegata al rendiconto, deve illustrare “le ragioni della persistenza dei residui con anzianità superiore ai cinque anni e di maggiore consistenza, nonché sulla fondatezza degli stessi”. Tale norma sta chiaramente a significare che, per il mantenimento in bilancio di un residuo attivo ultraquinquennale non è sufficiente l’assenza di ragioni per la sua cancellazione, essendo invece necessaria l’esigenza di idonee giustificazioni per il suo mantenimento.

Vai alla seconda parte dell’articolo

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento