Legge di stabilità, da banda larga a edilizia scolastica: piano investimenti per 5 miliardi

Fonte: il Sole 24 Ore

Dalla banda ultralarga a interventi anti-dissesto idrogeologico, dall’edilizia scolastica alle strade, dalle piattaforme Ict alle ferrovie. Sono alcuni dei punti del piano che il governo punterebbe a presentare alla Ue per ottenere lo 0,3% di flessibilità sul deficit. Le opere, cantierate o cantierabili nel 2016, valgono 5 miliardi da cofinanziare con altri 5 di fondi Ue.

Piano investimenti da 5 miliardi
Con la legge di stabilità il governo presenterà un elenco dettagliato degli obiettivi che intende finanziare in deficit grazie alla flessibilità Ue introdotta a gennaio dello scorso anno. Il piano comprende opere materiali (strade, ferrovie, infrastrutture) e immateriali (piattaforme Ict, accelerazione e incremento della banda ultralarga). Ma della stessa partita potrebbero essere anche interventi per la messa in sicurezza dei territori colpiti negli ultimi anni da terremoti e alluvioni. Si tratta, in alcuni casi, di opere già avviate ma che necessitano ancora di finanziamenti specifici. Il meccanismo della clausola per gli investimenti prevede una flessibilità sul deficit dello 0,5% del Pil che l’Italia richiede di utilizzare per lo 0,3%, quindi per circa 5 miliardi di euro. La clausola si riferisce agli investimenti effettuati in cofinanziamento con i fondi europei di coesione. Ai 5 miliardi di risorse nazionali si ne aggiungerebbero quindi altrettanti di origine europea.

Allo studio taglio Ires Pmi Sud al 20%
L’esecutivo sta studiando poi un abbattimento dell’Ires per le Pmi del Sud dal 27,5% al 20%. È questa, una delle ipotesi in corso di valutazione in vista della messa a punto della legge di stabilità. Il costo supererebbe i 450 milioni di euro. È spuntata però anche l’ipotesi di un vincolo, condizionando la riduzione all’esecuzione di investimenti. In questo modo l’aiuto fiscale si tramuterebbe in una sorta di bonus produttivo e sarebbe anche più semplice ottenere il via libera di Bruxelles. In particolare, si starebbe ragionando su un taglio fiscale dall’attuale 27,5% al 20%, per Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, regioni individuate dalla Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale 2014-2020. La misura, se limitata alle Pmi, richiederebbe una copertura nell’ordine di 300-400 milioni.

La partita dei tagli da 1 miliardo ai ministeri
Intanto la partita sui tagli ai ministeri è entrata nel vivo. Con i dicasteri che, anche se non in toto, frenano di fronte alle nuove ipotesi di spending review. Dati ufficiali non ne circolano. Ma al momento i tagli a carico delle amministrazioni centrali non raggiungerebbero quota 1 miliardo. Anche se il commissario per la spending review, Yoram Gutgeld, continua nel suo pressing. Anche perché l’obiettivo resta quello di non allontanarsi troppo da quell’obiettivo dei 10 miliardi complessivi per il 2016 dalla revisione della spesa indicato per il 2016 dal Def di aprile. Un obiettivo rivisto al ribasso perché come si afferma nella recente Nota di aggiornamento del Def la nuova spending sarà più graduale rispetto a quanto immaginato originariamente anche per evitare il rischio di ricadute recessive.

Le entrate dalla spending review
Sul fronte spending nuovo meccanismo di centralizzazione degli acquisti modellato su sole 34 stazioni appaltanti con Consip perno centrale, dovrebbe garantire direttamente per il 2016 risparmi per 2-2,5 miliardi. Altri 2-2,5 miliardi dovrebbero arrivare dalla sanità. In tutto da 4 ai 5 miliardi, ai quali si dovrebbero aggiungere minori spese per almeno altri 1,5-2 miliardi dai ministeri (per ora sotto quota 1 miliardo) e revisione tax expenditures. Che però potrebbe essere congelata o limitata a un intervento da poche centinaia di milioni. Fino ad ora la dote garantita dalla nuova revisione della spesa oscillerebbe attorno ai 6 miliardi ma con buone possibilità di arrivare a 7-8 miliardi.

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