Legittima la decurtazione forfettaria dei compensi degli avvocati sul riscosso per pagamento dell’IRAP (ultima parte)

L’ente locale nella sua regolamentazione imporre che una parte degli introiti della controparte siano destinati al pagamento dell’IRAP e di altre spese, prima di essere distribuite quali compensi ai legali

16 Ottobre 2024
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A seguito del rigetto da parte del Tribunale amministrativo di primo grado, l’avvocato comunale ha proposto ricorso davanti al Consiglio di Stato, evidenziando gli errori commessi dal Collegio di primo grado, errori che non solo stati rilevati in sede di appello.

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Le motivazioni del rigetto
Anche per i giudici amministrativi di appello i motivi del ricorso da parte dell’avvocato interno dell’ente non sono stati accolti nella loro totalità, infatti:
In via preliminare il regolamento impugnato non si occupa di suo del regime a fini di quiescenza e Tfr delle prestazioni controverse, limitandosi a disciplinare i compensi in sé, né può essere censurata la qualificazione di detti compensi quali elementi accessori della retribuzione dell’avvocato in linea con le loro caratteristiche e connotazioni nei sensi chiariti sia dalla più recente giurisprudenza costituzionale sia dalla contrattazione collettiva e dei principi della contabilità armonizzata;

Neanche la doglianza relativa alla richiesta previa sottoscrizione di contratto decentrato ai fini dell’erogazione dei compensi controversi è condivisibile. Infatti, il d.l. 90/2014 prevede al riguardo che, nelle ipotesi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti, le somme recuperate siano ripartite tra gli avvocati dipendenti delle amministrazioni, stabilendo come la disciplina di tali corrispettivi rimessa dunque dalla legge alla regolamentazione del singolo ente e alla contrattazione collettiva, e da quest’ultima a sua volta alla contrattazione decentrata;

Non è meritevole di apprezzamento il motivo del ricorso riguardante il non accoglimento del gravame con cui il ricorrente aveva dedotto in primo grado l’illegittimità della previsione per cui la sentenza favorevole all’ente debba essere definitiva, ai fini della corresponsione dei compensi professionali agli avvocati, anche allorquando si tratti di compensi a carico di terzi. In particolare il ricorrente ha, anche, censurato la sentenza laddove trascura che la destinazione in misura del 20% delle somme recuperate (con decurtazione del compenso ripartibile) sia finalizzata al recupero di altri crediti e alla corresponsione dell’IRAP essendo quest’ultima a carico dell’ente locale. In primo luogo, secondo il Collegio contabile di secondo grado, non può ritenersi illegittima la previsione per cui la sentenza favorevole debba essere “definitiva”, questo essendo il regime generale per la ripartizione dei compensi previsto per l’avvocatura erariale applicabile anche agli enti locali.

Analoghe considerazioni valgono per la prevista decurtazione del 20%, di cui l’appellante critica la destinazione, essendo assorbente rilevare come la disposizione sia di suo in linea con le previsioni di legge e ben rientri negli spazi discrezionali riconosciuti all’amministrazione in ordine alla «misura e […] modalità» di ripartizione delle somme recuperate. È la stessa disposizione di legge, peraltro, a prevedere al riguardo che «La parte rimanente delle suddette somme è riversata nel bilancio dell’amministrazione», così come, in relazione all’avvocatura erariale, che il 25% delle somme recuperate sia «destinato al Fondo per la riduzione della pressione fiscale». Se ne ricava che le critiche circa la destinazione impressa alle somme decurtate sono in sé non giustificate, e anzi smentite dalla norma di legge, che non pone al riguardo vincoli e limiti quali invocati dall’appellante. Né rileva, in proposito, la richiamata giurisprudenza relativa al rapporto tra la soggettività passiva all’Irap e la (inammissibile) decurtazione a tal fine dei compensi all’avvocato: ben diversa è infatti la prospettiva che qui viene in rilievo, ove si ha, da un lato, una (generalizzata) riduzione percentuale dei compensi ripartibili, e dall’altro la (distinta e successiva) regolazione delle entrate così acquisite;

Non a miglior sorte possono essere considerate le doglianze del ricorrente riguardo al caso di mancato recupero delle somme della parte soccombente nel fare confluire le citate somme all’interno di quelle compensate. Infatti, la disposizione di legge prevede in modo espresso la ripartizione di «somme recuperate», di guisa che il loro mancato recupero ne precluderebbe l’attribuzione;

La censura relativa alla decisione di rateizzare i pagamenti della parte soccombente non può he incidere anche sul pagamento all’avvocato. D’altra parte la previsione regolamentare è in linea con le disposizioni di legge che ammettono la ripartizione dei compensi professionali in favore dei dipendenti in relazione alle «somme recuperate», e tali non possono essere – in caso di approvata rateizzazione – che (solo) quelle via via riscosse in attuazione del piano;

Anche la censura dell’avvocato in merito ad una presunta illegittimità del regolamento che fa riferimento alla definitività della sentenza, le disposizioni regolamentare sono da considerare coerenti con le previsioni legislative che stabiliscono, all’art. 9 comma 3 del D.L. 24/06/2014 n. 90, il riferimento al pagamento dei compensi in caso di “sentenza favorevole definitiva”. D’altra parte, non può essere ritenuta illegittima la previsione di definitività della sentenza quale condizione alla ripartizione dei compensi nel quadro del regime generale a tal fine previsto, oltreché degli spazi discrezionali all’uopo rimessi all’amministrazione.

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