Il fatto
A seguito dell’esclusione dalla massa passiva da parte dell’OSL, che aveva con propria deliberazione escluso le voci di debito fuori bilancio derivanti da competenze per spese legali divenute liquide ed esigibili successivamente alla dichiarazione di dissesto, l’ente locale ha presentato ricorso al Tribunale amministrativo di primo grado chiedendone l’annullamento, quest’ultimo ha giudicato il ricorso dell’ente locale inammissibile “per essere stato impugnato un atto di contenuto non provvedimentale ma meramente accertativo del momento genetico in cui esattamente sono sorte le partite debitorie in discussione”. Tuttavia, secondo il Collegio amministrativo di primo grado il ricorso era da considerarsi infondato per avere correttamente l’OSL escluso il debito in quanto il credito costituito dalle spese legali trova la sua fonte unicamente nel provvedimento del giudice che ne dispone la liquidazione e l’imputazione. In altri termini, per una evidente ragione tecnico-contabile, declinata dagli artt. 252 e 254 d. lgs 267/2000, i crediti per spese legali, determinati con provvedimenti giurisdizionali pubblicati dopo il termine ultimo di vigenza dello stato di dissesto, non possono essere ricompresi nella massa passiva di liquidazione.
Avverso la sentenza di inammissibilità la questione è giunta davanti al Consiglio di Stato.
Sull’ammissibilità del ricorso
In primo luogo il ricorso è ammissibile in quanto, la deliberazione dell’OSL, non ha natura consultiva, come sostenuto dall’OSL, né meramente accertativa, come ritenuto nella sentenza del giudice di primo grado. Infatti, il rapporto tra l’organo straordinario di liquidazione e gli organi istituzionali dell’ente locale, in qualità di soggetti della procedura di risanamento ex art. 245 del d.lgs. n. 267 del 2000 (TUEL), sia paritario e volto al perseguimento del fine comune del risanamento dell’ente locale mediante il corretto adempimento dei distinti compiti loro affidati dalla legge, spettando all’OSL il “ripiano dell’indebitamento pregresso con i mezzi consentiti dalla legge” (art. 245, comma 2) ed agli organi dell’ente locale di assicurare “le condizioni stabili di equilibrio della gestione finanziaria rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il dissesto” (art. 245, comma 3), secondo le previsioni di dettaglio di cui ai successivi artt. 246 e seg. dello stesso d.lgs. n. 267 del 2000. Inoltre, la deliberazione essendo riferita ad una categoria astratta di crediti, quindi di creditori non ha effetti immediati e diretti nei confronti di costoro. Nel caso di specie, il contenzioso non ha ad oggetto le posizioni di diritto soggettivo dei creditori, bensì la posizione soggettiva dell’ente comunale che “s’identifica … nell’interesse pubblico generale alla sana e corretta gestione delle risorse comunali”, nonché nell’interesse “[…] di evitare determinati effetti sull’assetto futuro delle finanze comunali”. Sotto questo profilo, la delibera impugnata si pone come immediatamente lesiva della posizione giuridica soggettiva del Comune, poiché determina, di per sé, l’inoltro di richieste di pagamento direttamente all’amministrazione comunale ordinaria, col rischio di avvio di azioni esecutive contro la medesima, laddove la competenza spetterebbe, già in via generale ed astratta, all’organo straordinario di liquidazione. Pertanto, l’immediata lesività della delibera impugnata comporta la sussistenza dell’interesse ad agire del Comune e quindi l’ammissibilità del ricorso proposto in primo grado.
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