L’ente locale può stabilire riduzioni e/o esenzioni del canone unico, fermo restando l’equilibrio di bilancio

19 Giugno 2024
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Pur non essendo necessaria una formale motivazione, trattandosi di regolamento, l’ente locale deve, in ogni caso, fornire adeguata motivazione nella delibera consiliare di approvazione dell’atto regolamentare, che inducono il comune a riconoscere specifiche riduzioni o esenzioni per specifiche categorie di soggetti, operatori economici o di attività. Sono queste le indicazioni della Corte dei conti della Liguria (deliberazione n.162/2024) che, tuttavia, suggerisce all’ente di limitare il periodo di riduzione e/o esenzione nel limite del bilancio di previsione, fermo restando che il mancato o minore gettito permetta all’ente di non subire squilibri finanziari dalla decisione.

La richiesta

Un ente locale ha chiesto ai magistrati contabili se esista un potere discrezionale dell’ente, senza che sia necessaria una valutazione comparativa tra i vari interessi in gioco o una stretta correlazione economica tra il beneficio potenziale per l’Ente e la minore entrata, di poter esentare o ridurre il canone unico a favore di particolari categorie economiche.

La risposta

In via preliminare il Collegio contabile ha precisato come, il comma 816 della legge n. 160 del 2019 abbia istituito il c.d. “canone unico di patrimoniale”, stabilendo che, a decorrere dal 2021, il “canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria” (denominato nella legge “canone”) sia istituito dai comuni, dalle province e dalle città metropolitane in sostituzione di tassa e canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, dell’imposta comunale sulla pubblicità e diritto sulle pubbliche affissioni, del canone per l’installazione dei mezzi pubblicitari. Gli enti locali, pertanto, sono stati chiamati a disciplinare le nuove disposizioni legislative mediante apposito atto regolamentare. In altri termini, in aderenza all’autonomia finanziaria e tributaria riconosciuta dalla Costituzione agli enti territoriali, il legislatore ha previsto che il canone sia disciplinato dagli enti “in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe”. La norma di legge statale, pertanto, nel delimitare l’esercizio dell’autonomia regolamentare degli enti locali in materia, prevede un vincolo finanziario complessivo, funzionale, da un lato, ad evitare che la nuova disciplina possa impattare negativamente sugli equilibri di bilancio, ma, dall’altro, a consentire agli enti adeguata autonomia nell’individuazione di tariffe, riduzioni ed esenzioni.

Pertanto, a dire del Collegio contabile, la concreta regolamentazione da parte del singolo comune, oltre che aderente alle prescrizioni legislative citate, non può che essere ispirata dall’esigenza di perseguire l’interesse pubblico della comunità amministrata. Di conseguenza, pur non essendo necessaria una formale motivazione, trattandosi di atto regolamentare (art. 3, comma 2, legge n. 241 del 1990), vanno esplicitate, nella delibera approvativa, le ragioni che inducono il comune a riconoscere specifiche riduzioni o esenzioni per specifiche categorie di soggetti, operatori economici o di attività. In modo non diverso, pur non prevedendo la legge direttamente un limite temporale per le fattispecie di riduzione o esenzione, principi di buona amministrazione e sana gestione finanziaria suggeriscono la predeterminazione di un termine massimo di durata, parametrato, ad esempio, al ciclo della programmazione di bilancio, in modo da poter monitorare le minori entrate prodotte e darvi adeguata tempestiva copertura nel caso in cui i risultati della gestione finanziaria non rispettino le previsioni.

Il principio di diritto

Pertanto, in risposta alla domanda il Collegio contabile ha stabilito il seguente principio di diritto “i comuni, nell’esercizio dell’autonomia regolamentare attribuita dalla legge statale, e nei limiti da quest’ultima stabiliti (tesi, in particolare, a garantire invarianza di gettito ed equilibri di bilancio), possono prevedere, in sede di disciplina del canone unico patrimoniale di cui all’art. 1, commi 816 e seguenti, della legge n. 160 del 2019, riduzioni o esenzioni, per specifici titolari di autorizzazioni o concessioni all’utilizzo del suolo pubblico, fermi restando l’interesse pubblico e gli altri principi generali che devono conformare le scelte discrezionali”.

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