La domanda del Sindaco
Il Primo cittadino di un ente locale ha chiesto ai magistrati contabili se le “terre di originaria proprietà collettiva della generalità degli abitanti del territorio di un comune o di una frazione, imputate o possedute da comuni, frazioni od associazioni agrarie comunque denominate”, di cui all’art. 3, comma 1, lettera a) della l. n. 168/2017, non rientrino nelle categorie del demanio e del patrimonio indisponibile dell’ente locale, cui fa riferimento la norma istitutiva, e che, pertanto, il canone unico non possa trovare applicazione in caso di occupazione temporanea delle terre collettive.
La differenza tra TOSAP e COSAP
Prima di rispondere il Collegio contabile ha indicato la precedente distinzione tra TOSAP e COSAP, quale differenza tra nauta tributaria (TOSAP) e patrimoniale (COSAP). Sul carattere tributario della TOSAP (tassa per l’occupazione di aree e spazi pubblici) la Cassazione aveva previsto la sua estensione anche alle ipotesi di occupazione delle terre civiche. Infatti, il presupposto della tassa era stato individuato nella mera sottrazione di uno spazio alla libera fruizione da parte della collettività (Tra le tante: Cass. civ., Sez. V, sent. 8.10.2007, n. 21046; sent., 31.07.2007, n. 16913). Sotto questo profilo, è evidente che anche i beni assoggettati ad usi civici, comprese le terre del demanio civico, si caratterizzano per essere fruibili dalla collettività insediata sul territorio. In altri termini, la sottrazione del bene all’uso pubblico, latamente inteso, rilevasse anche a prescindere dal titolo di proprietà sul terreno.
Nel successivo passaggio alla COSAP (canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche) il legislatore aveva consentito agli enti locali di prevederlo in sostituzione del tributo e, pertanto, in caso di sostituzione esso perdeva la sua natura tributaria. Pertanto, in caso di istituzione della COSAP il pagamento disposto perdeva la sua natura tributaria con la conseguenza che non potevano essere assoggettati i beni assoggettati ad usi civici, in quanto non appartenenti al patrimonio comunale.
Il canone unico
Il successivo passaggio voluto dal legislatore è stato quello dell’istituzione di un canone unico tanto da qualificarlo come “patrimoniale”, ossia con una sua funzione indennitaria rispetto agli oneri che derivino dall’occupazione all’ente percettore, titolare del bene occupato, in una logica prettamente sinallagmatica. Al di fuori dei casi espressamente individuati dal legislatore, il canone unico sia invece applicabile soltanto ad aree e spazi che appartengono all’ente locale percettore, a titolo di demanio o patrimonio indisponibile, coerentemente con la sua natura di corrispettivo per l’utilizzo a fini privati del bene, nonché di indennizzo per gli eventuali oneri che derivino dall’occupazione all’ente di appartenenza. I casi, espressamente individuati dal legislatore, infatti, riguardano anche le strade appartenenti ad altri enti territoriali (statali, regionali e provinciali che attraversano i centri abitati, escludendo indirettamente assoggettati i beni assoggettati ad usi civici, non avendoli espressamente indicati.
In conclusione, per il Collegio contabile, è possibile affermare che il canone unico patrimoniale, nelle fattispecie di occupazione di aree e spazi pubblici, è applicabile dai comuni ai soli beni del demanio comunale e a quelli del patrimonio indisponibile dell’ente. Eventuali eccezioni devono trovare fondamento in espresse disposizioni di legge. Il canone unico non può, pertanto, trovare applicazione nelle ipotesi di temporanea occupazione delle menzionate terre di proprietà collettiva.
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