Di Stefano Usai
Con la recente deliberazione n. 12/2014 l’Anac (ex Civit) ha chiarito che l’organo competente all’approvazione del piano triennale di prevenzione della corruzione negli enti locali è la giunta comunale “anche alla luce dello stretto collegamento tra il piano triennale di prevenzione della corruzione e i documenti di programmazione previsto dal Piano nazionale anticorruzione, salvo diversa previsione adottata nell’esercizio del potere di autoregolamentazione dal singolo Ente”.
Si chiarisce, pertanto, la questione sull’organo competente considerate le recenti perplessità sul tema anche se – alla luce di quanto previsto nell’articolo 42 del decreto legislativo 267/2000 (anche se ovviamente antecedente alla legge anticorruzione) – doveva già ex se ritenersi incardinata detta prerogativa nell’organo a competenza residuale.
Pertanto, gli enti locali dovranno procedere inevitabilmente entro il 31 gennaio 2014.
Si sintetizza di seguito il contenuto della recente deliberazione dell’Anac di approvazione del primo piano di prevenzione nazionale.
Il piano per la prevenzione della corruzione
Con la deliberazione n. 72/2013 l’Anac (ex Civit) ha approvato il primo piano anticorruzione (proposto dal dipartimento della funzione pubblica) per il triennio 2013/2016 che costituisce base per la definizione dei singoli piani per le pp.aa. ma, soprattutto base per effettuare i monitoraggi o la eventuale sopravvenienza di nuove normative o prassi. Sulla base di quanto, inoltre il Dipartimento promuoverà un’azione di controllo, da svolgere nell’anno 2014, sullo stato di attuazione della prevenzione nelle pubbliche amministrazioni.
Gli esiti del controllo verranno quindi utilizzati per elaborare la prima proposta di aggiornamento, da sottoporre all’approvazione dell’Anac, che terrà anche conto dei monitoraggi e delle indicazioni che emergeranno dal confronto con le amministrazioni e con i portatori di interesse.
Come si legge nel documento “con tale provvedimento normativo è stato introdotto anche nel nostro ordinamento un sistema organico di prevenzione della corruzione, il cui aspetto caratterizzante consiste nell’articolazione del processo di formulazione e attuazione delle strategie di prevenzione della corruzione su due livelli.
Obiettivo principale del piano – ferme restando le esigenze fissate nel comma 9, articolo 1 della legge 190/2012 – è quella di assicurare l’attuazione coordinata delle strategie di prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, elaborate a livello nazionale e internazionale. Il sistema deve garantire che le strategie nazionali si sviluppino e si modifichino sulla base delle indicazioni provenienti anche dalle varie amministrazioni in modo da predisporre degli strumenti di prevenzione mirati e sempre più incisivi. In questa logica, l’adozione del piano – si legge nel documento – si caratterizza non per essere un’attività una tantum, “bensì come un processo ciclico in cui le strategie e gli strumenti” vengono progressivamente “affinati, modificati o sostituiti in relazione al feedback ottenuto dalla loro applicazione”. Lo strumento in argomento si pone anche come elemento in grado di creare quella (graduale) consapevolezza in relazione alle finalità e alla stessa possibilità di attivare pratiche virtuose. In questo senso, nel documento si legge che “l’adozione del P.N.A. tiene conto dell’esigenza di uno sviluppo graduale e progressivo del sistema di prevenzione, nella consapevolezza che il successo degli interventi dipende in larga misura dal consenso sulle politiche di prevenzione, dalla loro accettazione e dalla concreta promozione delle stesse da parte di tutti gli attori coinvolti”.
I contenuti del piano risultano strutturati in tre sezioni, nella prima sezione risultano esposti gli obiettivi strategici e le azioni previste, da implementare a livello nazionale nel periodo 2013-2016. La seconda sezione è stata dedicata all’illustrazione della strategia di prevenzione a livello decentrato, ossia a livello delle specifiche amministrazione e contiene le direttive a queste destinate per l’applicazione delle
misure di prevenzione, tra cui quelle obbligatorie per legge. Le indicazioni alle amministrazioni sono descritte in maniera sintetica, mentre gli approfondimenti di carattere interpretativo, procedurale e metodologico sono forniti negli allegati. In particolare, l’allegato 1, al paragrafo B.1.2., e gli allegati 2, 3, 4, 5 e 6 contengono misure di accompagnamento per supportare le amministrazioni nella gestione del rischio.
Infine nella terza sezione sono contenute le indicazioni relative alle comunicazioni dei dati e delle informazioni al dipartimento della funzione pubblica e la finalizzazione dei dati successivamente alla raccolta per il monitoraggio e lo sviluppo di ulteriori strategie. Negli allegati e nelle tavole sintetiche sono sintetizzate le misure che le amministrazioni debbono applicare con la correlata tempistica.
Di particolare rilievo, anche in relazione a quanto si evidenziava sopra, attiene alla precisa definizione dell’ambito soggettivo di applicazione del piano. Non a caso nel documento si chiarisce che i destinatari del piano sono:
- tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30.3.2001, n. 165;
Inoltre:
- gli indirizzi contenuti nel P.N.A. hanno come destinatari anche le regioni, gli enti del S.s.n., gli enti locali e gli enti ad essi collegati, fermo restando quanto previsto dall’intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata il 24 luglio 2013 ai sensi dell’art. 1, commi 60 e 61, della legge n. 190 del 2012;
- indirizzi contenuti nel presente P.N.A. riguardano anche il personale delle Forze armate, Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, della carriera diplomatica e prefettizia, i professori e ricercatori universitari, disciplinati dai propri ordinamenti ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n. 165 del 2001, per i quali le amministrazioni competenti dovranno assicurare l’adozione di iniziative e misure di prevenzione analoghe a quelle previste per il personale c.d. contrattualizzato, con gli adattamenti e tenendo conto delle specificità di ciascun ordinamento;
I contenuti del piano sono inoltre rivolti agli enti pubblici economici (ivi comprese l’Agenzia del demanio e le autorità portuali), agli enti di diritto privato in controllo pubblico, alle società partecipate e a quelle da esse controllate ai sensi dell’art. 2359 c.c. per le parti in cui tali soggetti sono espressamente indicati come destinatari;
Per enti di diritto privato in controllo pubblico si intendono le società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle pubbliche amministrazioni, sottoposti a controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c. da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi.
La premessa si chiude con la raccomandazione “alle autorità amministrative indipendenti, alle amministrazioni della Camera e del Senato, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica, nonché agli organi di autogoverno della Magistratura e dell’Avvocatura dello Stato di valutare l’adozione di iniziative, anche in analogia a quanto stabilito dalla l. n. 190 e dai decreti attuativi della legge, al fine di attuare un’adeguata politica di prevenzione del rischio di corruzione”.
Le strategie di prevenzione
Nel piano si specifica quanto sia ampia l’accezione di corruzione; questa è comprensiva “delle varie situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati”; inoltre, “le situazioni rilevanti sono più ampie della fattispecie penalistica, che è disciplinata negli artt. 318, 319 e 319-ter, c.p., e sono tali da comprendere non solo l’intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione disciplinati nel Titolo II, Capo I, del codice penale, ma anche le situazioni in cui – a prescindere dalla rilevanza penale – venga in evidenza un malfunzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite ovvero l’inquinamento dell’azione amministrativa ab externo, sia che tale azione abbia successo sia nel caso in cui rimanga a livello di tentativo”.
Gli effetti dei fenomeni corruttivi vengono descritti come una sorta di patologia che lede oltre al prestigio, all’imparzialità e al buon andamento della pubblica amministrazione, pregiudica, “la stessa legittimazione delle pubbliche amministrazioni, e, dall’altro (…) l’economia della Nazione”. Il susseguirsi delle convenzioni internazionali – siglate a partire dagli anni novanta – e le indicazioni provenienti dalle organizzazioni hanno evidenziato “l’esigenza di perseguire i tre seguenti obiettivi
principali nell’ambito delle strategie di prevenzione, ovvero ridurre le opportunità che si manifestino casi di corruzione; aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione; creare un contesto sfavorevole alla corruzione. Questi obiettivi sono perseguiti attraverso la previsione di varie misure di prevenzione, che nell’ambito del nostro ordinamento sono state disciplinate mediante la legge n. 190 del 2012”.
I principali strumenti previsti dalla normativa, oltre all’elaborazione del piano nazionale sono:
- adozione dei P.T.P.C. (piani triennali di prevenzione della corruzione);
- adempimenti di trasparenza (il piano della trasparenza costituisce un frammento del piano anticorruzione);
- codici di comportamento (che oggi la p.a. è tenuta a pubblicare sulla sezione trasparenza con il codice disciplinare);
- rotazione del personale (in merito si rinvia alla sezione di approfondimento espressa sopra riportata)
- obbligo di astensione in caso di conflitto di interesse (sul punto si rinvia anche al commento della nuova disposizione di cui all’articolo 6-bis della legge 241/1990 innestata proprio dalla legge 190/2012)
- disciplina specifica in materia di svolgimento di incarichi d’ufficio –
attività ed incarichi extra-istituzionali
- disciplina specifica in materia di conferimento di incarichi dirigenziali in
caso di particolari attività o incarichi precedenti;
- incompatibilità specifiche per posizioni dirigenziali (a questo riguardo si segnalano le disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6.11.2012, n. 190, decreto legislativo 8.4.2013, n. 39)
- disciplina specifica in materia di formazione di commissioni, assegnazioni agli uffici, conferimento di incarichi dirigenziali in caso di condanna penale per delitti contro la pubblica amministrazione
- disciplina specifica in materia di attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro (pantouflage – revolving doors)
- disciplina specifica in materia di tutela del dipendente che effettua segnalazioni di illecito (c.d. whistleblower)
- formazione in materia di etica, integrità ed altre tematiche attinenti alla prevenzione della corruzione.
Rilevanti riferimenti normativi poi sono contenuti nel Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6.11.2012, n. 190, approvato con il decreto legislativo 31.12.2012, n. 235; e come visto nella disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, approvato dal Governo il 15 febbraio 2013, in attuazione di commi 35 e 36 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2012, decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33; nonché, come annotato, nel codice di comportamento per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, approvato con d.P.R. 16.4.2013, n. 62 in attuazione dell’art. 54 del d.lgs. n. 165 del 2001, come sostituito dalla legge 190/2012.
L’elaborazione e l’attuazione della strategia tiene conto dei seguenti elementi/vincoli:
- il vincolo derivante dal carattere imperativo della normazione, che ha disciplinato appositi istituti che debbono essere implementati obbligatoriamente;
- il vincolo connesso al prevalente carattere innovativo della disciplina, che richiede interventi di tipo interpretativo per l’applicazione;
- il vincolo derivante dal carattere non omogeneo delle amministrazioni ed enti coinvolti, che richiede adattamenti e forme di flessibilità;
- il vincolo derivante dall’invarianza finanziaria, stante la mancanza di un finanziamento ad hoc nella legge e nei decreti attuativi;
Risultano utili sotto il profilo pratico/operativo, per la redazione del piano, le specificazioni contenute nei vari allegati a cui si rinvia. In particolare gli allegati contengono:
Allegato 1: Soggetti, azioni e misure finalizzati alla prevenzione della corruzione
Allegato 2: Le aree di rischio
Allegato 3: Elenco esemplificativo delle misure ulteriori
Allegato 4: Elenco esemplificativo di rischi specifici
Allegato 5: La valutazione del livello di rischio
Allegato 6: I principi per una efficace gestione del rischio
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