Nessun abuso di ufficio se il direttore del personale incoraggia la nomina del fratello

7 Dicembre 2023
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Non incorre in alcun reato di abuso di ufficio, il Direttore del personale che, in una riunione informale, abbia sostenuto la nomina del fratello alla copertura del posto dirigenziale superiore, sia in quanto non responsabile del procedimento, sia perché la nomina non era attribuita al suo ufficio ma disposta nella piena discrezionalità del Sindaco. La Cassazione penale (sentenza n.40428/2023), in riforma della sentenza della Corte di appello, ha ritenuto non integrato il reato di abuso di ufficio, ricordando come la mera “raccomandazione” o “segnalazione” non ha di per sé un’efficacia causale sul comportamento del soggetto attivo, con conseguente annullamento della sentenza perché il fatto non sussiste.

La vicenda

Il direttore del personale, in una riunione informale, aveva sostenuto la nomina, da parte del Sindaco, del proprio fratello alla copertura di un posto di dirigente superiore, accolta con esito favorevole dalla parte politica e dal responsabile del procedimento della procedura di interpello individuato dal Sindaco, in un avvocato interno all’ente. Per il Tribunale di primo grado e, per la Corte di appello, il caso avrebbe rappresentato una violazione del diritto di astensione stabilito dalla legge n.141/1990, oltre che in violazione del codice di comportamento, con conseguente condanna di abuso di ufficio per aver procurato un ingiusto vantaggio al parente. La questione è, quindi, giunta in Cassazione in ragione, a dire del ricorrente, dell’errore commesso nella valutazione del reato in quanto, nessun obbligo di astensione avrebbe potuto a lui richiedersi, non essendo il responsabile del procedimento, avendo solo trasferito i curricula dei candidati dirigenti interni che avevano partecipato all’interpello, stante la nomina fiduciaria rimessa alla esclusiva competenza del Sindaco. Inoltre, la segnalazione non avrebbe assunto alcuna rilevanza disciplinare non avendo, nel caso di specie, integrato alternativamente una persuasione, un’intesa o una pressione.

L’annullamento della sentenza

Per i giudici di Piazza Cavour il ricorso è fondato e la sentenza è stata annullata perché il fatto non sussiste. Non integra, infatti, il reato di abuso di ufficio la condotta del pubblico funzionario che, con “raccomandazioni”, anche articolate ed insistenti, sollecita altri pubblici ufficiali a compiere atti di competenza del loro ufficio, in quanto l’abuso richiesto dall’art. 323 cod. pen. deve realizzarsi attraverso l’esercizio del potere per scopi diversi da quelli imposti dalla natura della funzione attribuita (tra le tante: Cass. Sez. 6, n. 5895 del 09/01/2013). In altri termini, la mera “raccomandazione” o “segnalazione” non ha di per sé un’efficacia causale sul comportamento del soggetto attivo, il quale è libero di aderirvi o meno secondo il suo personale apprezzamento, salvo che essa sia caratterizzata da ulteriori comportamenti positivi o coattivi, nella specie non dimostrati, che abbiano efficacia determinante sulla condotta del soggetto qualificato, costituendo in tale caso una forma di concorso morale nel reato (tra le tante: Cass. Sez. 5, n. 40061 del 12/07/2019). Inoltre, i giudici di merito non hanno accertato che il fratello del ricorrente non aveva i requisiti per accedere alla posizione di dirigente superiore, ma ha affermato che la segnalazione dell’imputato ha determinato l’effetto di precludere l’esame dei curricula degli altri candidati, facendo in tal modo cadere il presupposto della norma penale sulla doppia ingiustizia.

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