Nessun rimborso per le multe già pagate

il Sole24ore
5 Giugno 2024
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di SILVIO SCOTTI (05/06/2024)
Autovelox non omologati, le multe non possono essere rimborsate.
Codice della strada
Per la Suprema Corte il divieto di ricorso per chi ha pagato prevale sul Codice civile
È invece possibile opporsi alle sanzioni accessorie, ma solo per quelle non «scadute». Ora che la Cassazione ha sostanzialmente dichiarato illegittime tutte le multe per eccesso di velocità (ordinanza 10505/2024, depositata il 18 aprile), molti si chiedono se sia possibile recuperare i soldi pagati per le sanzioni. Normalmente, il Codice della strada è basato sul principio che, di fatto, pagando si ammettono le proprie responsabilità. Ma la portata di quanto affermato dalla Cassazione è tanto ampia da configurare una situazione mai vista: ritenendo necessario che i rilevatori di velocità siano omologati e non semplicemente approvati, i giudici hanno messo in discussione l’intero sistema (non risulta esistano apparecchi che hanno ottenuto l’omologazione). Di qui un dibattito in cui qualcuno sta facendo credere che si possa farsi ridare i soldi. È davvero così? Come bisognerebbe muoversi per la restituzione? Ci sono multe troppo “vecchie” per chiederne il rimborso? E si può far valere qualche diritto anche per le sanzioni accessorie (sospensione della patente e decurtazione dei punti) eventualmente patite? Gli ostacoli La giurisprudenza non pare lasciare molte speranze sulla restituzione dei soldi. E sulle sanzioni accessorie saranno accolti solo i ricorsi dei pochi per i quali non sono ancora scaduti i termini per presentarli. Inoltre, l’ordinanza 10505/2024 è sì importante, ma il principio che afferma può ancora essere ribaltato da future pronunce della stessa Cassazione, prima che della differenza tra omologazione e approvazione si occupino eventualmente le Sezioni unite (si veda «Il Sole 24 Ore» dell’8 maggio) per dirimere definitivamente la questione. Quindi, ad oggi, pure chi non ha pagato e chiede l’annullamento della multa non può dirsi del tutto certo di ottenerlo. La restituzione dei soldi I riferimenti giurisprudenziali principali sono le sentenze 15098/2010 e 16222/2007 della Cassazione. Gli interessati avevano presentato ricorso ex articolo 2043 del Codice civile (risarcimento per fatto illecito) per riavere quanto pagato. Quindi, per superare il principio del «pagamento che equivale a un’ammissione di colpevolezza» affermato dagli articoli 203 e 204-bis del Codice della strada quando non consentono a chi ha già pagato di ricorrere contro il verbale, i multati avevano chiesto la restituzione sotto forma di risarcimento danni. Il giudice di pace, dando loro ragione, rilevava come la sanzione traeva origine da documentazione proveniente da apparecchiatura non omologata che, in quel caso (passaggio a semaforo rosso), per essere utilizzata avrebbe avuto bisogno della presenza di agenti in loco. La Cassazione ha però ribaltato tale decisione. Tralasciando gli aspetti meno centrali rispetto alla nostra tematica, trattati magistralmente nelle sentenze, nelle motivazioni la Cassazione ha espresso una condivisibile interpretazione, secondo cui la possibilità di effettuare il pagamento in misura ridotta (cioè il minimo stabilito dalla norma violata) – e, mutatis mutandis, anche quello scontato del 30% – prevista dall’articolo 202 del Codice della strada è una norma speciale e quindi costituisce deroga alle norme generali. Va considerato il meccanismo giuridico con cui il pagamento in misura ridotta è inserito nel Codice della strada. Effettuare il pagamento preclude, per effetto di legge espresso, sia il ricorso al prefetto sia l’impugnazione del verbale di fronte al giudice di pace: tale caratteristica assimila il versamento volontario, cioè non a fronte di una ordinanza o di un’ingiunzione, all’istituto dell’oblazione, che ha una natura deflattiva del contenzioso giurisdizionale e amministrativo. In sostanza, l’utilizzo della possibilità di pagare il minimo implica un riconoscimento di responsabilità e un’accettazione implicita del verbale. La facoltà concessa al cittadino, che dal punto di vista della norma è un beneficio (liberarsi dell’obbligazione col minor esborso possibile), si inquadra in un rapporto con la pubblica amministrazione dove quest’ultima trae un vantaggio riferibile all’incasso immediato e alla definizione della violazione, annullando la possibilità di mettere in discussione la validità dell’accertamento alla base del verbale. Per la Cassazione è un rapporto transattivo: a fronte del vantaggio concesso al trasgressore, deve corrispondere un beneficio per l’amministrazione. Così vi è una preclusione ex lege dei rimedi: il ricorso amministrativo al prefetto o giurisdizionale al giudice di pace e le eventuali azioni di ripetizione. L’alternativa teorica Avendo affermato che il Codice della strada deroga alle norme generali, è probabile che la Cassazione bocci anche i ricorsi di chi scegliesse di agire per indebito arricchimento (articolo 2041 del Codice civile), cioè chiedendo un indennizzo a un soggetto (qui, l’amministrazione che incassa i proventi della sanzione) arricchitosi senza giusta causa ai danni di un’altra persona. Oltretutto, è difficile affermare che in questi casi la giusta causa manchi del tutto: le amministrazioni agiscono pur sempre in forza di leggi, anche se interpretate male. Le sanzioni accessorie Il pagamento in misura ridotta preclude anche il ricorso contro le sanzioni accessorie? La Cassazione ritiene (sentenza 20544/2008 delle Sezioni unite civili) che il pagamento non preclude il ricorso al prefetto o l’opposizione al giudice di pace contro le sanzioni accessorie: comporta sì la rinuncia far valere le contestazioni relative alla violazione, ma gli effetti dell’infrazione sulla patente di chi guidava quando sarebbe stata commessa sono cosa diversa. Infatti, potrebbe essere stata applicata una sanzione differente da quella dovuta e comunque l’opposizione al giudice può riguardare anche i provvedimenti che hanno provocato quegli effetti. Ma tale opposizione va fatta entro i termini previsti per proposizione del ricorso, cioè 30 giorni dalla notifica del provvedimento di decurtazione o sospensione della patente.
 In collaborazione con Mimesi s.r.l. – Articolo integrale pubblicato su Ilsole24ore del 5 giugno 2024

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