Nessuna responsabilità delle Poste sul pignoramento di terzi delle somme giacenti

17 Giugno 2024
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Se è vero che le norme del Testo unico degli enti locali (art.159) prevedono che non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri e che, gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa, è altrettanto vero che, il soggetto diverso dal tesoriere, in qualità di terzo pignorato, è soggetto al vincolo nascente dal pignoramento quale custode delle somme pignorate, spettando al solo giudice dell’esecuzione rilevare la nullità del pignoramento. Con queste motivazioni la Cassazione (ordinanza n. 16576/2024) ha sollevato Poste Italiane spa dalla responsabilità contrattuale contro l’ente locale.

La vicenda

Un ente locale ha chiesto il risarcimento dei danni subiti da Poste Italiane spa per aver disatteso le disposizioni di cui all’art.159 del Tuel, attraverso il pignoramento delle somme, giacenti nel conto corrente intestato all’ente locale, quale dichiarazione di terzo a fronte di procedimenti esecutivi. Il Tribunale di primo grado e, successivamente, la Corte di appello hanno individuato nell’ente Poste Italiane spa una responsabilità contrattuale per avere reso, quale terzo pignorato, nel corso di procedure esecutive instaurate da creditori del Comune, dichiarazione di sussistenza delle somme giacenti presso il proprio istituto pur essendo dette somme ex lege indisponibili ai sensi dell’art. 159 D. Lgs. n. 267 del 2000. Infatti, la citata normativa prevede che “non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa”. La responsabilità contrattuale, a dire dei giudici di appello, è dovuta ad un grave inadempimento contrattuale in quanto ha pregiudicato la regolarità del servizio di bancoposta demandato a Poste Italiane Spa, sottraendo alla disponibilità del Comune risorse economiche che non potevano essere accantonate per espressa disposizione normativa. È stato, pertanto, accertato l’inadempimento di Poste Italiane Spa agli obblighi di correttezza e buona fede nascenti dalla qualità di terzo pignorato, soggetto come tale, all’osservanza delle disposizioni normative che gli imponevano di non accantonare le somme pignorate ai sensi dell’art. 159 TUEL e, quindi, di rendere dichiarazione di terzo negativa.

Avverso la citata sentenza Poste ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo che, a differenza dei giudici di appello, per il solo fatto di aver ricevuto la notifica dell’atto di pignoramento aveva assunto la veste di custode delle somme di cui al c/c del Comune e per effetto di tale qualità era tenuta ex art. 547 c.p.c., a rendere la dichiarazione di scienza. Infatti, in qualità di terzo pignorato, essa era assoggettata al vincolo nascente dal pignoramento quale custode delle somme pignorate (art. 546 c.p.c.), delle quali non poteva disporre senza ordine del giudice e di cui era penalmente responsabile ai sensi dell’art. 388 c.p.c., pertanto, non le era consentito di sottrarsi agli obblighi nascenti dal pignoramento, né era legittimata a far valere o a valutare la pretesa impignorabilità delle somme, mentre tale onere incombeva sul Comune il quale avrebbe dovuto farne valere l’impignorabilità dinanzi al Giudice dell’esecuzione. In altri termini, dalla rilevabilità officiosa della nullità del pignoramento non poteva scaturire un suo dovere di rendere dichiarazione negativa.

L’accoglimento del ricorso

Secondo la Cassazione il ricorso è fondato. Infatti, gli obblighi di collaborazione del terzo pignorato attengono all’individuazione dell’oggetto del pignoramento, mentre l’atto di pignoramento deve contenere l’indicazione delle cose o delle somme dovute almeno generiche, nella prospettiva appunto che la specificazione di queste si abbia a seguito della dichiarazione del terzo pignorato. Nel caso di specie, al terzo il Comune imputa non tanto la falsità del fatto dichiarato al creditore procedente e al giudice dell’esecuzione, quanto il fatto di non aver dichiarato l’indisponibilità giuridica delle somme che avrebbe dovuto indurre il terzo, a dichiarare la non sussistenza di somme nella sua disponibilità. Tuttavia, il terzo chiamato a rendere la dichiarazione non avrebbe dovuto essere onerato di un onere informativo che è estraneo alla sua sfera di conoscibilità e che gli sarebbe potuto gravare solo nel caso in cui avesse rivestito la qualità di tesoriere. Pertanto, ha errato la Corte di appello, nell’onerare Poste Italiane spa, che non riveste la qualità di tesoriere, di valutazioni fattuali e giuridiche che non possono rientrare tra i suoi oneri informativi, essendo egli del tutto estraneo al rapporto di tesoreria, per quanto detentore e debitore di somme di spettanza dell’ente territoriale. Solo in questo modo il giudice dell’esecuzione è posto nella migliore condizione di valutare la validità del vincolo apposto con il pignoramento presso terzi di somme spettanti all’ente territoriale.
Sulla base di tali principi di diritto, la Cassazione ha deciso nel merito, respingendo la domanda del Comune nei confronti di Poste Italiane s.p.a., con conseguente restituzione di quanto eventualmente versato in forza della sentenza impugnata.

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