Nessuna sanzione all’associazione se l’utilizzazione del dipendente della PA per incarichi extra nasce da un precedente accordo

1 Agosto 2024
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Inutile il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro un’associazione del terzo settore avverso il diniego del decreto ingiuntivo, emesso nei confronti di una associazione, per avere utilizzato un dipendente pubblico in assenza della preventiva autorizzazione della PA di appartenenza, qualora la PA abbia in precedenza sottoscritto specifico accordo con l’associazione in merito all’utilizzo del proprio personale. Infatti, secondo la Cassazione (ordinanza n. 19756/2024) nel caso di specie non si sarebbe in presenza dell’assenza di una formale autorizzazione del dipendente pubblico, ma di utilizzazione del dipendente pubblico nel diverso ambito degli accordi e convenzioni che l’ente pubblico abbia deciso di stipulare con altri soggetti al fine di realizzare gli interessi pubblici cui è preposto.

La vicenda

A seguito di alcuni incarichi conferiti da una onlus a dipendenti di un’Azienda sanitaria, l’Agenzia delle Entrate ha applicato la sanzione parti al doppio dei compensi corrisposti, in assenza di una formale autorizzazione ai dipendenti pubblici cui gli incarichi erano stati conferiti. Il Tribunale di primo grado e successivamente la Corte di appello, a seguito del ricorso della onlus, ha revocato il decreto ingiuntivo ed accolto la tesi della onlus in merito alla legittimità del conferimento di tali incarichi. A dire dei giudici di appello, infatti, l’autorizzazione prevista dall’art. 53 d.lgs. n. 165 del 2001 può essere anche implicita e, quindi, può ravvisarsi anche in comportamenti concludenti dell’Amministrazione, laddove essi implichino una valutazione della rispondenza dell’incarico conferito ai suoi dipendenti con i propri interessi, e che nel caso di specie, in relazione alla utilizzazione dei dipendenti della USL, tale autorizzazione implicita era desumibile dalle numerose convenzioni, di durata annuale, stipulate con l’associazione, in forza delle quali essa metteva a disposizione di quest’ultima propri dipendenti, che essa stessa individuava e che venivano retribuiti con fondi somministrati dalla stessa USL.

Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione in considerazione dell’errore in cui erano incorsi i giudici di appello per non aver considerato come la magistratura contabile ha escluso la possibilità di provvedimenti orali o impliciti sostitutivi del provvedimento formale previsto dall’art. 53 d.lgs. n. 165 del 2001.

Le indicazioni della Cassazione

Secondo i giudici di legittimità il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è parzialmente fondato. Non vi sono dubbi che la sentenza della Corte di appello abbia errato nella sua motivazione ritenendo valida anche una autorizzazione implicita e derivare da comportamenti concludenti, da cui si desuma una valutazione da parte dell’amministrazione degli interessi pubblici coinvolti, analoga a quella da svolgere ai fini del rilascio della autorizzazione. Infatti, le disposizioni legislative prevedono che l’autorizzazione sia richiesta dal soggetto, pubblico o privato, che intende conferire l’incarico e che su di essa si pronunci l’amministrazione di appartenenza, aggiungendo che, decorso il termine per provvedere, l’autorizzazione, salvo se richiesta per incarichi conferiti da amministrazioni pubbliche, si intende definitivamente negata ( art. 53, comma 10 ). Ora, la previsione di un provvedimento di autorizzazione e della scansione del relativo procedimento, articolato in una richiesta dell’interessato ed in una risposta dell’amministrazione, portano senz’altro a ritenere che l’autorizzazione debba manifestarsi in un atto formale, e quindi ad escludere che essa possa ritenersi implicita in comportamenti della amministrazione da cui desumere che essa sia stata accordata, tanto più che il silenzio o inerzia sulla richiesta equivale, per espressa previsione normativa, a rigetto dell’istanza. Tuttavia, nel caso di specie non si è in presenza di un procedimento che si articoli nella richiesta di autorizzazione del soggetto che intende avvalersi dell’attività del dipendente pubblico e nella successiva risposta dell’amministrazione, ma di una utilizzazione del dipendente nascente da un precedente accordo sottoscritto dalla stessa amministrazione al fine del perseguimento dell’interesse pubblico, dimostrato dalla messa a disposizione da parte di essa di fondi destinati alla retribuzione dei lavoratori.

Il ricorso, pertanto, dell’Agenzia delle Entrate deve essere respinto anche se per diversa motivazione.

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