No al danno erariale per l’incarico a società esterna per il recupero dell’IVA

6 Luglio 2021
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L’avvio di un progetto di assistenza metodologica e normativa per il recupero, da parte di un ente pubblico, di eventuali crediti IVA, per la cui esecuzione veniva pattuito un corrispettivo quantificato nella misura del 15 per cento del credito IVA rimborsato, i compensi corrisposti alla società non possono rientrare nella qualificazione del danno erariale. Infatti, secondo la Corte dei conti per la Calabria (sentenza n. 202/2021) al fine di determinare il danno erariale la procura avrebbe dovuto dimostrare che in assenza della società avrebbe raggiunto il medesimo recupero tributario, ovvero il compenso erogato non può qualificarsi come “danno da mancata entrata”, considerato che, in quest’ultima ipotesi, il pregiudizio per l’erario non si verifica con l’omessa prestazione della somma dovuta, ma con la perdita del relativo credito, vale a dire con la perdita del diritto ad ottenere la prestazione stessa, poiché ciò che attualizza il pregiudizio è la definitiva inesigibilità della prestazione, come avviene in ipotesi di intervenuta prescrizione, la quale segna in concreto la diminuzione patrimoniale che costituisce l’essenza del danno erariale.

Il fatto

Un Azienda sanitaria locale procedeva all’affidamento delle seguenti attività ad una società estera: 1) Revisione del sistema di contabilità dell’IVA adottato e individuazione delle eventuali misure correttive per una più efficace gestione a regime della contabilità IVA (analisi del work flow documentale, analisi dei servizi rilevanti e non ai fini IVA, analisi delle fatture, redazione dei registri IVA e compilazione della dichiarazione IVA integrativa); 2) Individuazione di un sistema oggettivo per la determinazione dei costi ripartiti per le fatture non direttamente imputabili ad attività commerciali (analisi delle fatture relative ad acquisti di beni e servizi utilizzati promiscuamente per realizzare sia operazioni imponibili e sia operazione escluse dal campo IVA, per costruire un criterio oggettivo e misurabile al fine di recuperare l’IVA promiscua su tali fatture); 3) Predisposizione di una guida operativa di tutte le eventuali azioni correttive individuate per rendere più efficace l’attuale sistema di gestione dell’IVA; 4) Redazione di una relazione finale di tipo tecnico operativo che dettagli tutte le fasi del progetto riferite alle attività IVA per come realizzate con gli obiettivi raggiunti e le strategie adoperate; 6) Formazione del personale e trasferimento di tutto il know-how al personale preposto alla gestione della contabilità IVA e predisposizione del modello di dichiarazione annuale IVA (per la formazione vengono previste 30 ore, alle quali vengono aggiunte altre 6 ore come verifica o come laboratorio didattico).

Il danno erariale secondo la Procura

L’erogazione del compenso complessivamente stimato per più di 870.000 euro è stato considerato danno erariale in quanto le attività avrebbero dovuto essere svolte dal personale interno. A dire della procura, infatti, l’affidamento rientrava nelle attività di consulenza soggette al regime di cui all’art.7, comma 6, del d.lgs. 165/01 che avrebbero dovuto richiedere l’intervento esterno mediante procedura comparativa non avvenuta nel caso di specie.

L’avviso contrario del Collegio contabile

Per i giudici contabili l’affidamento rientra nell’appalto di servizi rientrante sotto il disposto di cui all’art. 57, comma 2, lettera b) (ipotesi, comunque, già contemplata dall’art. 41, n. 2 del R. d. n. 827 del 1934) e, pertanto, da affidarsi con una procedura negoziata senza bando di gara, atteso che lo stesso può essere affidato ad un operatore economico determinato, dotato della necessaria specializzazione che, nel caso in esame, risulta sia stata previamente valutata ed accertata con la delibera in questione. Per questo motivo devono essere condannati per colpa grave tutti i dirigenti apicali dell’Azienda, nonché il dirigente finanziario.

Sulla mancanza del danno erariale

La Procura ha calcolato il danno erariale sulla base della percentuale liquidata alla società sulle entrate effettivamente recuperate. In questo caso non vi sarebbe alcun pregiudizio erariale per due ragioni. La prima è che la Procura ha dato per scontato che il recupero sarebbe avvenuto anche in assenza delle attività svolte dalla società, ma non lo ha provato. Inoltre, il compenso erogato alla società non può essere qualificato come “danno da mancata entrata”, considerato che, in quest’ultima ipotesi, il pregiudizio per l’erario non si verifica con l’omessa prestazione della somma dovuta, ma con la perdita del relativo credito, vale a dire con la perdita del diritto ad ottenere la prestazione stessa, poiché ciò che attualizza il pregiudizio è la definitiva inesigibilità della prestazione, come avviene in ipotesi di intervenuta prescrizione, la quale segna in concreto la diminuzione patrimoniale che costituisce l’essenza del danno erariale. Al contrario, nel caso di specie dall’accettazione della proposta contrattuale non è derivato alcun danno concreto per l’Azienda sanitaria, bensì il vantaggio di poter utilizzare il maggior credito IVA recuperato.
Per tali motivazioni il Collegio contabile ha assolto tutti i convenuti.

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