”Chiamatelo decreto salva-Italia”. E’ un Mario Monti determinato a convincere il Paese che la manovra da 30 miliardi lordi (20 di correzione) non solo e’ l’unico modo per non far precipitare l’Italia, ma e’ anche piu’ equa e giusta di quanto non sia stata dipinta perche’ non e’ di sole tasse e soprattutto non colpisce i soliti noti. Non e’ un caso che aprendo la conferenza stampa – tenuta in una sede della presidenza del Consiglio dei ministri e dove arriva a piedi trovando il sostegno di diversi passanti – si rivolga direttamente ai cittadini italiani. Vuole dare il senso dell’urgenza e ci riesce. Ma anche della massima trasparenza spiegando che tutti i membri del governo dichiareranno per intero i patrimoni e non solo quello che prevede l’attuale modulistica. Parla di crisi ”gravissima”; della necessita’ di salvare i ”sacrifici di almeno quattro generazioni”. Spiega che il debito pubblico, vero fardello che impone la manovra, non e’ colpa degli europei ma degli ”italiani” che non hanno guardato all’interesse delle future generazioni. Insiste sul taglio ai costi della politica contenuti nel decreto legge, citando in particolare l’eliminazione dei consigli provinciali e il ridimensionamento delle Authority, aggiungendo che il governo non si fermera’ qui. Ma soprattutto annuncia di voler rinunciare al suo stipendio da presidente del Consiglio e ministro dell’Economia, eliminando le doppie retribuzioni per tutti i membri dell’Esecutivo. Non a quello di senatore a vita, ammette, ma solo perche’ al momento non sa se sia possibile. L’intento di avere il sostegno degli italiani e’ evidente. Solo cosi’ potra’ superare lo scoglio parlamentare. Con i partiti, l’obiettivo – come ammette lui stesso – e’ scontentare tutti in egual misura. L’unica grossa concessione e’ quella di far saltare l’aumento dell’Irpef presente in diverse bozze e fortemente avversato da Pdl, Pd e persino dal Terzo Polo. Qualcuno sospetta persino che fin dall’inizio non lo volesse e che il premier lo avesse messo sul piatto solo per far passare il resto. Il professore dosa bene il bilancino. Al Pdl consente di poter dire che non c’e’ una patrimoniale e che l’Irpef non sara’ piu’ salata, ma impone il ritorno dell’Ici sulla prima casa, un salasso sulle altre e delle liberalizzazioni che a livello parlamentare saranno difficilmente digeribili. Al Pd permette di festeggiare per la tassazione dei capitali scudati, ma la riforma delle pensioni e’ durissima, come dimostra l’ira dei sindacati. Al Terzo Polo ‘regala’ l’eliminazione dei tagli lineari previsti nella delega fiscale, sostituiti con un eventuale aumento dell’Iva. Ma sono modifiche che non intaccano la struttura di una manovra che resta molto pesante. Soprattutto sul fronte delicatissimo delle pensioni. Tanto che la stessa Elsa Fornero si commuove alla parola ”sacrifici”. Monti invece resta impassibile e illustra con grande calma i provvedimenti, dando la parola come un professore fa con gli alunni ai diversi ministri che lo accompagnano. Ma soprattutto dosa bene allarmi e ottimismo. Sottolinea la necessita’ di ”tirare la cinghia”, ma anche le misure per rilanciare la crescita. Parla di misure incisive sul fisco, di sacrifici distribuiti con equita’. Del bisogno che l’Italia torni ad essere orgoglioso, non ”derisa” nel mondo. Nega che si tratti di una manovra di sole tasse o che colpisca i ”soliti noti”. Quanto al futuro del decreto, Monti si affida al ”senso di responsabilita”’ dei partiti, pur non escludendo il ricorso alla fiducia. Ricorda a tutti che la vita dell’esecutivo non termina con il varo della manovra. Ma quando gli chiedono se non veda un futuro in politica dice che probabilmente al termine di questa esperienza ”ne avra’ abbastanza”.
Federica Garimberti
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