Orientamenti applicativi ARAN – Turnazione e flessibilità orario di lavoro

Con orientamento applicativo del 15/07/2015 RAL_1786_ l’ARAN risponde alla seguente domanda.

E’ possibile applicare l’istituto della flessibilità dell’orario di lavoro, di cui all’art.17, comma 4, lett.a), anche al personale inserito in una organizzazione del lavoro per turni? Se un lavoratore turnista, per la flessibilità oraria, presta un numero di ore superiore alle 6 giornaliere, allo stesso l’indennità di turno deve essere comunque corrisposta per 6 ore oppure l’indennità deve essere liquidata per tutte le ore effettivamente prestate? Se il lavoratore turnista accumula ore per effetto della flessibilità oraria, ove le recuperi prestando un orario inferiore alle 6 ore giornaliere, in quel giorno devono essere comunque liquidate 6 ore di indennità di turno oppure devono essere detratte le ore lavorate in meno anche si tratta di ore lavorate in più rispetto alle 6 ore ordinarie di altri giorni?

Su di un piano generale, secondo la scrivente Agenzia, l’istituto della flessibilità dell’orario di lavoro (art.17, comma 4, lett.a), del CCNL del 6.7.1995) non sembra compatibile con le finalità e le caratteristiche tipiche dell’organizzazione del lavoro per turni.

Infatti, questa ha lo scopo di assicurare la continuità dell’erogazione del servizio in una determinata fascia oraria (di almeno 10 ore) attraverso la effettiva rotazione ciclica dei lavoratori, in ciascuna delle articolazioni orarie prestabilite (antimeridiane, pomeridiane ed eventualmente serali), sul medesimo posto di lavoro, in base alle esigenze organizzative dell’ente.

Ad esempio, un lavoratore rende la sua prestazione lavorativa in un determinato posto di lavoro dalle 7.30 alle 13,30 ed è sostituto da un altro lavoratore per prestazioni che abbracciano il diverso arco temporale che va dalle 13,30 alle 19,30.

Appare evidente che se il primo lavoratore, utilizzando la flessibilità oraria in ingresso, incomincia la prestazione, ad esempio, alle 8,15, anziché alle 7,30 come stabilito per il suo turno, il servizio non è comunque reso per 45 minuti, in conflitto con le finalità del turno che, come si è detto, è quella di garantire la continuità del servizio.

Analogo effetto interruttivo si determinerebbe nel caso in cui il lavoratore preso in considerazione, sempre in virtù della flessibilità oraria anticipasse, l’uscita alle 12,30 (rispetto alla prevista cessazione della prestazione alle ore 13,30).

Rispetto a tale contesto, nessun rilievo sembra acquisire la circostanza che sempre lo stesso lavoratore ipotizzato successivamente, recuperi, secondo le regole generali, il tempo fruito in flessibilità (in entrata o in uscita).

Infatti, come sopra evidenziato il lavoratore rende la sua prestazione in due articolazioni orarie di durata aventi una precisa durata: dalle 7,30 alle 13,30 e dalle ore 13,30 alle 19,30.

Conseguentemente, l’eventuale recupero del dipendente finirebbe per collocarsi sempre e necessariamente al di fuori delle fasce della turnazione.

Così ad esempio, ove restasse a recuperare nel giorno successivo i 45 minuti di flessibilità sopra ipotizzati, al termine della sua prestazione antimeridiana (dalle 7,30), si troverebbe a lavorare nella seconda articolazione prevista nella turnazione (quella pomeridiana) in cui è prevista la presenza di un diverso lavoratore.

Tale prestazione, quindi, non potrebbe considerarsi comunque come turno.

Alla luce di quanto detto, pertanto, l’ente potrebbe valutare l’opportunità di prevedere una deroga per il personale turnista in materia di fruizione delle diverse forme di flessibilità oraria.

Sulla base delle suesposte considerazioni devono essere valutate anche le particolari situazioni prospettate, ai fini della riconoscibilità o meno dell’indennità di turno.

Infatti, in relazione ad entrambi i casi prospettati, occorre ricordare che, in base all’art.22, comma 6, del CCNL del 14.9.2000, l’indennità di turno può essere corrisposta solo per i periodi di effettiva prestazione di servizio in turno.

Nel primo caso, il lavoratore avrà pure reso una maggiore prestazione lavorativa, in relazione alla flessibilità oraria fruita, ma come si è già detto, essa finisce per collocarsi necessariamente al di fuori dell’articolazione oraria prevista per lo stesso nell’ambito del turno e, quindi, non può essere considerata come rientrante nel regime della turnazione.

In relazione al secondo caso, a parte i dubbi già esposti in materia, se il lavoratore ha comunque reso, per effetto della flessibilità, una prestazione in turno inferiore alle ore ordinariamente previste (le sei ore), l’amministrazione dovrà necessariamente ridurre in misura proporzionale l’entità dell’indennità.

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