Un dirigente, sospeso dal servizio per un triennio, a seguito di procedimento penale, è stato successivamente reintegrato in servizio a seguito di proscioglimento. In sede di ricostruzione del trattamento economico da riconoscere al suddetto dirigente a seguito della reintegrazione, oltre che dello stipendio e della retribuzione di posizione nella medesima misura in godimento al momento della sospensione, si deve prendere in considerazione anche la retribuzione di risultato?
L’avviso della scrivente Agenzia è nel senso che, nel caso esposto, occorre fare riferimento alle specifiche previsioni dell’art.9, comma 8, del CCNL del 22.2.2010.
Tale clausola contrattuale, infatti, stabilisce che: “…In caso di sentenza penale definitiva di assoluzione, pronunciata, con la formula “il fatto non sussiste” o “l’imputato non lo ha commesso”, quanto corrisposto nel periodo di sospensione cautelare a titolo di indennità alimentare, verrà conguagliato con quanto dovuto al dirigente se fosse rimasto in servizio tenendo conto anche della retribuzione di posizione in godimento all’atto della sospensione”.
Come si evince dal testo contrattuale, quindi, la clausola richiamata:
- a) prende in considerazione solo la condizione del dirigente prima sospeso e poi riammesso in servizio a seguito di sentenza definitiva di piena assoluzione, con le formule ivi espressamente richiamate;
- b) dispone a favore del dirigente che si trovi in questa condizione il conguaglio con quanto già erogato a titolo di indennità alimentare durante il periodo di sospensione, prendendo in considerazione a tal fine, oltre ovviamente allo stipendio tabellare, la sola retribuzione di posizione in godimento all’atto della sospensione.
Tale garanzia economica, quindi, non si estende anche alla retribuzione di risultato che sarebbe spettata al medesimo dirigente durante il periodo di sospensione.
La disciplina contrattuale ha preso atto della circostanza che tale specifica voce retributiva si collega esclusivamente alla valutazione delle prestazioni e dei risultati del dirigente, che, per definizione, nel caso concreto sono mancate per la sospensione dal servizio del dirigente stesso.
Tuttavia, occorre tenere conto anche di un altro aspetto.
Infatti, se nell’anno in cui è avvenuta la sospensione dal servizio il dirigente ha comunque reso le sue prestazioni, sia pure per un limitato periodo di tempo (ad esempio, tre mesi), questi dovranno essere valutati ai fini della verifica dell’eventuale apporto partecipativo dello stesso al conseguimento degli obiettivi di quell’anno.
Proprio la necessità di tenere conto dell’effettivo apporto partecipativo consente di escludere che si possa operare un semplice riproporzionamento del maggiore importo della retribuzione di risultato stabilito in relazione all’incarico conferito al dirigente in relazione al periodo temporale di servizio.
E’ evidente, però, che un ridotto periodo di svolgimento dell’incarico non può non influire sul giudizio finale in ordine al conseguimento degli obiettivi assegnati.
Ove, comunque, vi sia stato un effettivo apporto partecipativo e questo sia stato giudicato idoneo ad incidere sul raggiungimento degli obiettivi connessi all’incarico del dirigente, sulla base delle risultanze del sistema di valutazione delle prestazioni dirigenziali adottato dall’ente, allo stesso non può non essere riconosciuto anche una quota della retribuzione di risultato per l’anno in cui ha avuto inizio la sospensione.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento