La vicenda
A seguito di una segnalazione di parere negativo dei revisori, a fronte di una transazione approvata dall’Organo esecutivo, i giudici contabili di controllo hanno chiesto spiegazioni all’ente locale. Secondo l’ente locale, si è proceduto ad una compensazione tra debiti e crediti reciproci verso la società partecipata motivando che “la soluzione della compensazione dei rapporti pendenti è stata ritenuta dall’Amministrazione quella più adeguata per assicurare trasparenza nella gestione dei conti pubblici conformandosi ai principi di cui all’art. 97 della Costituzione nonché per portare a conclusione, in autotutela, procedimenti ancora in essere con la società partecipata per i quali, tuttavia, si sarebbe anche potuto valutare l’ipotesi della prescrizione che avrebbe portato al medesimo risultato”. A fronte di una fattura emessa nel lontano 2009 da parte della società partecipata, l’ente ha evidenziato come il citato credito fosse prescritto e che, comunque, il debito non era dovuto in quanto in bilancio non è mai stato assunto nessun impegno di spesa al riguardo. Anche il credito vantato dall’ente locale, relativo agli interventi effettuati in favore della società partecipata, non risulta iscritto in bilancio. In relazione a quanto sopra esposto, il Comune conclude ritenendo che nulla è dovuto e conseguentemente le reciproche posizioni risultano chiuse. Nonostante entrambe le poste contabili non fossero iscritte in bilancio, l’ente ha proceduto, in sede di rendiconto, ad accantonare in bilancio passività potenziali riducendo in tal modo il risultato contabile disponibile. La transazione, effettuata dall’ente locale, su poste contabili positive e negative verso la società partecipata, non avrebbe richiesto il parere dell’organo di revisione, in quanto gli accordi transattivi presuppongono la decisione dell’Ente di pervenire ad un accordo con la controparte e che l’istituto giuridico della transazione non rientra nella fattispecie dell’art. 194 del TUEL “riconoscimento di legittimità del debito fuori bilancio”. Secondo il revisore dei conti, l’ente ha da subito inserito l’impegno contabile di spesa ma, tale impegno, è stato stralciato a seguito di riaccertamento dei residui. Inoltre, a dire del revisore la società partecipata non ha mai dichiarato prescritti né i debiti né i crediti reciproci, ma l’ente locale non ha mai emesso fattura nei confronti della partecipata, ciò che ha condotto ad un disallineamento contabile tale che è mersa la necessità di accantonare risorse per passività potenziali al fine di non avere ripercussioni sul bilancio comunale. La procedura, d’latra parte, sarebbe supportata da un parere legale esterno secondo cui sarebbe corretta una compensazione debito/credito sulla base del fatto che credito e debito siano reciproci, certi, liquidi ed esigibili anche se il credito risulta prescritto, salvo vicende interruttive.
Le indicazioni del Collegio contabile
La questione oggetto di verifica da parte dei magistrati contabili riguarda, in primo luogo, la possibilità che l’Ente possa o meno procedere alla transazione di un debito oramai prescritto, come riconosciuto dalle stesse parti del negozio nelle note citate; in secondo luogo, se la fattispecie rientra nell’ipotesi contemplata dalla disposizione di cui al II comma dell’articolo 1242 cod. civ., ai sensi del quale “la prescrizione non impedisce la compensazione, se non era compiuta quando si è verificata la coesistenza di due debiti”; in terzo luogo, se l’atto con cui procede a tale negozio debba essere accompagnato dal parere dell’Organo di revisione.
Ai fini di un accordo transattivo è necessaria l’esistenza di una controversia giuridica e non di un semplice conflitto economico, che sussiste o può sorgere quando si contrappongono pretese confliggenti di cui non sia possibile a priori stabilire quale sia giuridicamente fondata. La transazione è, inoltre, valida soltanto se ha ad oggetto diritti disponibili (art 1966, c. 2 cc) e cioè, secondo la prevalente dottrina e giurisprudenza, quando le parti hanno il potere di estinguere il diritto in forma negoziale. È nulla, infatti, la transazione nel caso in cui i diritti che formano oggetto della lite siano sottratti alla disponibilità delle parti per loro natura o per espressa disposizione di legge. In altri termini, oggetto dell’accordo non è il rapporto o la situazione giuridica cui si riferisce la discorde valutazione delle parti, ma la lite cui questa ha dato luogo o possa dar luogo e che le parti stesse intendono definitivamente risolvere mediante, per l’appunto, reciproche concessioni.
In ogni caso, l’ente locale che ha capacità di transigere le controversie delle quali è parte, non può più prescindere da una valutazione del rapporto tra gli obiettivi conseguiti e spese sostenute, con l’ulteriore effetto che la violazione dei criteri di economicità e di efficacia assume specifico rilievo nel giudizio di responsabilità. Secondo il Collegio contabile, pertanto, occorre la massima prudenza da parte dell’ente, nonché una dettagliata motivazione che dia conto del percorso logico seguito per giungere alla definizione transattiva della controversia, anche sulla base di un giudizio prognostico circa l’esito del contenzioso. Nel caso di specie, pertanto, il sindacato giurisdizionale sugli accordi transattivi delle pubbliche amministrazioni deve essere contenuto nei limiti della rispondenza delle transazioni medesime a criteri di razionalità, congruità e prudente apprezzamento, nonché all’idoneità dell’accordo transattivo a conseguire un risparmio di spesa.
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