Dopo i servizi di trasporto locale, considerati fuori dai servizi a domanda individuale, la Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto (deliberazione n.399/2019), ritiene che vanno esclusi dai servizi a domanda individuale anche gli asili nido.
La domanda posta dal Comune
Il Sindaco dopo aver richiamato la normativa di cui alla Legge n. 107/2015 rubricata “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” e alcune norme del successivo D.Lgs. n. 65/2017 concernente il “Piano di azione nazionale pluriennale per la promozione del Sistema integrato di educazione e di istruzione”, chiede se sia consentito all’ente locale di utilizzare gli istituti di cui all’art 12 della Legge n. 241/1990 al fine, tra l’altro, di dare attuazione alle politiche agevolative a favore delle famiglie, per garantire la sostanziale gratuità dei servizi educativi dell’infanzia forniti dagli istituti presenti sul territorio di propria competenza. In altri termini, domanda se sia possibile, nell’ambito della disciplina generale che regola la concessione di contributi alle famiglie, adottare misure finalizzate all’abbattimento integrale delle rette di frequenza che le famiglie sostengono per l’iscrizione dei figli alle scuole dell’infanzia indipendentemente dalla sussistenza in capo alla famiglia di uno stato di disagio economico-sociale.
I servizi a domanda individuale
Il Collegio contabile prima di fornire una risposta ripercorre la normativa. In via preliminare va evidenziata l’intervento del legislatore sulla “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” introdotta dalla legge n.107/2015 con la quale è stata conferita al Governo una delega al fine di provvedere al riordino, alla semplificazione e alla codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione, prevedendo, tra l’altro, espressamente all’art. 1, comma 181, lett. e), punto 3, l’esclusione dei servizi educativi per l’infanzia e delle scuole dell’infanzia dai servizi a domanda individuale.
Secondo il Collegio contabile tale disposizione è da considerarsi innovativa, rispetto alla precedente regolamentazione sui servizi a domanda individuale, individuati dal Ministero dell’Interno con D.M. del 31 dicembre 1983 con espressa inclusione anche degli asili nido. Secondo il decreto erano da considerarsi servizi a domanda individuale tutte quelle attività, gestite direttamente dall’ente, poste in essere non per obbligo istituzionale, utilizzate a richiesta dell’utente e non dichiarate gratuite dalla legge.
Alla delega prevista dalla legge n.107/2015 ha fatto seguito l’emanazione del Decreto Legislativo n. 65 del 2017 avente ad oggetto l’“Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181 lett. e) della legge 13 luglio 2015 n. 107”, con il quale è stato istituito il Sistema integrato di educazione e di istruzione per i bambini e bambine dalla nascita fino ai sei anni, allo scopo precipuo di sviluppare potenzialità di relazione, autonomia, creatività apprendimento, garantendo inoltre pari opportunità di educazione, di istruzione, di cura, di relazione e di gioco, al fine di superare le disuguaglianze e le barriere territoriali, economiche, etniche e culturali. Con l’articolo,comma 1, viene ribadito l’obiettivo del legislatore di raggiungere, tramite l’adozione del c.d. Piano di azione, l’esclusione dei servizi educativi per l’infanzia dai servizi pubblici a domanda individuale di cui all’art. 6 del D.L. 28 febbraio 1983 n. 55 e, al successivo comma 4, statuisce che “Gli interventi previsti dal Piano di azione nazionale pluriennale sono attuati, in riferimento a ciascuno degli enti destinatari e a ciascuna delle specifiche iniziative, in base all’effettivo concorso, da parte dell’ente medesimo, al finanziamento del fabbisogno mediante la previsione delle risorse necessarie, per quanto di rispettiva competenza.”
Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 9 del D.Lgs. n. 65 del 2017, rubricato specificatamente “Partecipazione economica delle famiglie ai servizi educativi per l’infanzia” è stabilita la soglia massima di partecipazione economica delle famiglie alle spese di funzionamento dei servizi educativi per l’infanzia pubblici e privati accreditati che ricevono finanziamenti pubblici. Il comma 2 della citata norma prevede, inoltre, espressamente, che “Gli enti locali possono prevedere agevolazioni tariffarie sulla base dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013 n. 159, nonchè l’esenzione totale per le famiglie con un particolare disagio economico o sociale rilevato dai servizi territoriali.”
Tracciata la normativa di riferimento, per il Collegio contabile i servizi educativi ricadono nell’ampia categoria dei servizi pubblici, nella quale è ora possibile far rientrare anche le strutture “asili nido”, (interpretando il D.M. del 1983 alla luce della nuova normativa) essendone stata stabilita, tra l’altro, esplicitamente la possibile fruizione gratuita a favore delle famiglie meno abbienti (art. 9 del D.Lgs. n. 65 del 2017).
Asili nido quale servizio pubblico
Una volta esclusi gli asili nido dai servizi a domanda individuale, essi rientrano quindi quali servizi pubblici così come disciplinati dall’art.112 del Tuel, secondo cui gli enti locali provvedono alla gestione dei servizi pubblici aventi ad oggetto la produzione di beni ed attività rivolte alla realizzazione dei fini sociali e alla promozione dello sviluppo economico e civile delle comunità locali. Spetta, pertanto agli enti locali approvano tariffe in misura tale da assicurare l’equilibrio economico/finanziario dell’investimento e della connessa gestione. I criteri per il calcolo della tariffa relativa ai servizi stessi riguardano: a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico/finanziario; b) l’equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito; c) l’entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio ed infine d) l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato.
Dall’altro lato, l’art. 12 della Legge n. 241 del 1990 disciplina i provvedimenti attributivi di vantaggi economici stabilendo, al comma 1, che “La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi” e, al comma 2, che “L’effettiva osservanza dei criteri e delle modalità di cui al comma 1 deve risultare dai singoli provvedimenti relativi agli interventi di cui al medesimo comma 1”.
Conclusione
In risposta alla domanda del Sindaco, in modo non diverso da quanto precisato dalla Sezione delle Autonomie (deliberazione n.25/2019) per il servizio di trasporto scolastico, anche per questa fattispecie, la possibilità, per gli enti locali, nell’ambito della propria autonomia finanziaria e nel rispetto degli equilibri di bilancio, nonché nel rispetto della clausola di invarianza della spesa, di provvedere alla copertura finanziaria dei servizi educativi con risorse proprie, con tutti gli strumenti concessi dall’ordinamento vigente, sulla scorta di una valutazione di amministrazione attiva di competenza esclusiva dell’ente di riferimento, entro il limite di rispetto del principio di ragionevolezza. Pertanto, resta la possibilità “… di erogare gratuitamente il servizio nei confronti delle categorie di utenti più deboli e/o disagiati, laddove sussista un rilevante e preminente interesse pubblico, e dall’altro, di definire un piano diversificato di contribuzione delle famiglie beneficiarie …”.
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