I piani di rientro sottoscritti dai contribuenti e relativi al recupero evasione delle entrate proprie del Comune (in particolare: IMU, TARI, TASI e sanzioni del codice della strada) hanno carattere programmatico per il futuro e, non dando evidenza dell’avvenuto recupero mediante riscossione, non esimono l’Ente dall’inclusione dei corrispondenti residui del calcolo del fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE): è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Lazio, nella delib n. 149/2023/PRSP, depositata lo scorso 16 novembre.
Nel caso specifico, il Comune aveva individuato, quali modalità operative per superare le criticità della riscossione delle entrate proprie, un’intensa attività accertativa ed ingiuntiva, l’affidamento della riscossione ad un operatore economico specializzato (in sostituzione del precedente affidatario Equitalia spa) e la creazione di un ufficio interno ad hoc, riuscendo ad ottenere la sottoscrizione di quasi 60 piani di rientro, per un importo di circa 1,8 milioni di euro. Dette somme, secondo il principio espresso dai giudici, non possono considerarsi come già riscosse nel presente e, conseguentemente, continuano a rilevare, per la parte ancora da introitare negli anni successivi, ai fini del calcolo del FCDE.
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