Sono stati già ripartiti 30 dei 36 miliardi di euro destinati ai Comuni (pari all’83,3% del totale), i quali dovranno ora impegnarli entro fine anno per progetti rivolti al potenziamento dell’offerta formativa, in primis gli asili nido, la prima infanzia e la messa in sicurezza dell’edilizia scolastica. Altresì, saranno chiamati a migliorare la qualità abitativa del patrimonio immobiliare pubblico, l’inclusione sociale e la tutela del territorio.
Una vera e propria mission quasi impossibile. Sindaci e strutture tecnico-amministrative, infatti, sono chiamati ad uno sforzo immane per far fronte ad una mole di risorse, pari al triplo della spesa annuale per investimenti registrata nel triennio 2017/2019. Mentre molti Comuni, soprattutto quelli piccoli – segnala l’approfondimento realizzato dall’Ufficio studi della CGIA per conto di ASMEL – dispongono di risorse umane ridotte all’osso, con grosse difficoltà per fronteggiare le difficoltà procedurali richieste per mettere a terra questi investimenti. Sostiene Francesco Pinto, Segretario generale dell’ASMEL:
“A nulla valgono le migliaia di assunzioni a progetto, con personale precario, dunque poco motivato ad affrontare le complessità procedurali che affliggono gli Enti locali. Poco risolvono le task force calate dall’alto o i finanziamenti per improbabili campagne di comunicazione”.
Anche se, è bene ricordarlo, il ruolo delle Amministrazioni comunali rimane centrale.
“I Comuni – prosegue Pinto – sono, in ogni, caso, i più efficaci investitori pubblici, come certificato dalla Corte dei Conti. Ma ancor prima dei soldi chiedono opere di bene. Ovvero semplificazione e superamento del bigottismo normativo che affligge non solo i privati ma anche il settore pubblico”.
A tal fine, continua Pinto, “ASMEL chiede da anni di “importare” in Italia le norme europee sugli appalti e quelle sulle rinnovabili. Con queste ultime, ad esempio, senza bisogno di indebitarsi, lo Stato potrebbe garantirsi 8000 alleati, i Comuni italiani, per realizzare almeno 20 GW di impianti per comunità energetiche in un anno. Oggi siamo in fondo alla classifica in Europa che vede in testa Germania, Paesi bassi e Regno unito. Eppure non è questione di soldi, perché si tratta di impianti che si auto finanziano. Men che mai di fattori climatici. Mancano solo le opere di bene”.
Lo studio CGIA-Asmel, infine, evidenzia come che su un ammontare di risorse previste dal Recovery che vale complessivamente 191,5 miliardi, gli enti locali sono chiamati ad impegnare e realizzare investimenti per oltre 36 miliardi, circa il 20% del totale.
E delle 16 componenti che compongono le missioni in cui si articolano gli interventi, i Comuni assumono un ruolo importante in 8 componenti, impegnando mediamente di questi il 37% delle risorse, ma arrivando anche all’80% per le componenti M5C2 Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore e M5C3 Interventi speciali per la coesione territoriale.
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