Le questioni dubbie
Un Sindaco di un ente locale ha sollevato, davanti ai giudici contabili, alcune problematiche sulla legittimità costituzionale della normativa introdotta dalla legge di bilancio 2024 e, in particolare dell’art.1, comma 536, secondo cui «Gli oneri per i permessi retribuiti dei lavoratori dipendenti degli enti locali di cui all’articolo 2 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono a carico dell’ente presso il quale gli stessi esercitano le funzioni pubbliche di cui all’articolo 79 del medesimo testo unico. Al predetto personale si applicano le modalità di rimborso previste dall’articolo 80 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267».
Le questioni sul dubbio costituzionale di tale normativa sono state così riassunte:
– se il comma 536 dell’art. 1 della legge 213 del 2023 non presenti profili di incostituzionalità per violazione dell’art. 81³ della Carta costituzionale nella parte in cui non prevede i mezzi di copertura finanziaria per i maggiori oneri imposti ai comuni nei quali gli amministratori locali siano lavoratori dipendenti di Amministrazioni locali che non si sono collocati in aspettativa;
– se il comma 536 dell’art. 1 della legge 213 del 2023 non presenti profili di disparità di trattamento, contrari alla Carta costituzionale, tra enti locali i cui amministratori siano dipendenti di altri enti locali ed enti locali i cui amministratori siano dipendenti di altre Amministrazioni pubbliche (es. ministeri o Università statali ecc. ecc.);
– se il comma 536 dell’art. 1 della legge 213 del 2023 non presenti profili di incostituzionalità per il mancato rispetto delle procedure di consultazione fra il legislatore statale e il contesto delle Autonomie locali nel loro foro rappresentativo (es. Conferenza Stato – Regioni e conferenza unificata).
Le indicazioni del Collegio contabile
Secondo i giudici contabili nel caso di specie l’ente non ha chiesto dubbi sulla normativa ma, in ragione del contenuto della norma, intende sollecitare la Corte sul contrasto della norma rispetto ad alcuni parametri costituzionali. La richiesta di parere, pertanto, è da considerarsi inammissibile. Infatti, nello svolgimento della funzione consultiva, che non ha carattere giudiziale, la Corte, non essendo legittimata a sollevare questioni di legittimità costituzionale, non esprime valutazioni sulla “manifesta infondatezza” o “non manifesta infondatezza” di eventuali questioni prospettate dagli enti.
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