Razionalizzazione società partecipate e le condizioni del controllo pubblico

31 Gennaio 2023
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La questione del controllo pubblico, ai fini del rispetto delle condizioni previste dal Testo Unico delle Società Partecipate, anche in tema di razionalizzazione delle società partecipate sono state sollevate da un ente locale presso la Corte dei conti Emilia Romagna (deliberazione n.19/2023) che non le ha decisamente approvate.

Le indicazioni dell’ente

Nonostante le indicazioni dei giudici contabili di formalizzare il controllo pubblico congiunto di società partecipate l’ente ha eccepito la mancanza dei relativi requisiti. In particolare, a dire dell’ente locale, non sussiste l’ipotesi del controllo pubblico congiunto, in quanto, sebbene la composizione del capitale pubblico della società di capitali sia complessivamente pari al 63,78 per cento, nessuno dei soggetti pubblici possiede singolarmente la maggioranza del capitale della società e non sussiste alcun vincolo fra gli stessi ad operare in senso congiunto. Inoltre, i soci pubblici non sono portatori di esigenze omogenee, ma di istanze diverse, con una rappresentanza di interessi pubblici specifici.

La replica del collegio contabile

Secondo i magistrati contabili il mancato esercizio del controllo pubblico, ancorché congiunto, non sembrava poter consentire il perseguimento adeguato delle finalità istituzionali come invece richiesto dalle disposizioni Tusp per le società con quote pubbliche complessivamente superiori al 50 per cento. Rilevava, pertanto, l’esigenza di un ulteriore approfondimento circa la sussistenza di un controllo pubblico congiunto da formalizzare al fine di valorizzare la partecipazione pubblica di maggioranza: in caso contrario il Collegio rilevava, quindi, la necessità di riconsiderare il mantenimento della partecipazione alla luce del disposto art. 4, comma 1, del Tusp.

La controreplica

In risposta alle osservazioni del Collegio contabile, l’ente locale unitamente alla società evidenziato che non sussistono i presupposti per considerare la società a controllo pubblico, ai sensi del combinato disposto delle lettere b) ed m) del comma 1 dell’art. 2 del TUSP. In ogni caso, l’ente ritiene la partecipazione nella società strategica e necessaria per il perseguimento dei fini istituzionali degli enti soci, in ciò confortati anche dalla previsione dell’art. 4, comma 7, del TUSP che ammette la detenzione di partecipazioni in società che hanno prevalentemente la gestione di spazi fieristici ed organizzazione di eventi fieristici (TAR Emilia-Romagna, sentenza n. 858/2020).

Le conclusioni del Collegio contabile

I magistrati contabili hanno richiamato, in primo luogo, l’orientamento più volte ribadito dalla magistratura contabile circa la sussistenza del controllo pubblico, con assoggettabilità alla disciplina del Tusp, qualora i soggetti pubblici (cumulativamente considerati) dispongono della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria oppure di voti o rapporti contrattuali tali da configurare un’influenza dominante, a prescindere dalla presenza di forme coordinate di controllo, sempreché non sussista un’influenza dominante del socio privato  (tra le tante Corte conti, SS.RR. in sede di controllo deliberazione n. 11/19). Nel caso di specie, inoltre, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha interposto appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza Tar richiamata dall’Ente.

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