L’obbligo di astensione, previsto dall’art. 78 del TUEL, per l’ipotesi d’interesse proprio, non prevede eccezioni se non nel caso di atto normativo generale. Rischia, pertanto, il reato di abuso di ufficio il Sindaco che, in violazione del dovere di astensione e tacendo il proprio conflitto d’interessi, affidi con deliberazione di Giunta comunale ad una società, in precedenza nelle sue mani e rimanendone coobligato, l’incarico del servizio di rassegna stampa telematica e di call center. Sono queste le indicazioni contenute nella sentenza penale n. 21421/2022 della Cassazione che, pur considerando il reato in prescrizione, non si è ritenuta legittimata a pronunciare sentenza di assoluzione (ex art.129, co. 2, c.p.p.).
La vicenda
Sia il tribunale di primo grado, sia la Corte di appello hanno confermato il reato di abuso di ufficio del Sindaco per avere, dapprima sollecitato e, quindi, contribuito ad adottare col proprio voto, in violazione del dovere di astensione e tacendo il proprio conflitto d’interessi, la delibera di giunta municipale, con la quale l’ente comunale ha affidato il servizio di rassegna stampa telematica e di call center ad una società di cui, pochi giorni dopo essere divenuto sindaco, aveva ceduto le proprie quote, peraltro rimanendo coobbligato solidale al pagamento dei debiti sociali.
Avverso la sentenza di condanna ha proposto ricorso per Cassazione il Sindaco, evidenziando in via principale l’errore della Corte di appello nel calcolo della prescrizione del reato. Nel merito ha, inoltre, evidenziato insussistenza del dovere di astensione e, comunque, irrilevanza dell’eventuale violazione, trattandosi di deliberazione adottata da organo collegiale ed all’unanimità, avendo evidenziato verbalmente anche al dirigente i suoi precedenti rapporti con la società. Infine, in merito alla sua funzione di coobbligato solidale, per i debiti della società, era insignificante giacché la società, obbligata principale, aveva mezzi a sufficienza per far fronte a tale esposizione debitoria e l’incidenza del contratto in questione era marginale rispetto al complessivo volume d’affari di essa.
La prescrizione
Il motivo della prescrizione è stato accolto per un errore di calcolo operato dai giudici di appello in merito ai periodi di sospensione, essendo la prescrizione intervenuta in data anteriore alla sentenza impugnata. Al fine di poter, in ogni caso, esprimersi il giudice sull’eventuale assoluzione, norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., i giudici di Piazza Cavour evidenziando che nel caso di specie non sono rilevabili vizi di motivazione della sentenza impugnata. Nel caso di specie, non solo non è possibile evidenziare un’immediata non colpevolezza del Sindaco, ma è possibile, anzi, ravvisare una nitida violazione del suo dovere di astensione, poiché, dalla ricostruzione dei fatti operata in sentenza, e sostanzialmente incontroversa, emerge chiaramente che quegli, pur avendo ceduto le quote della società, ne fosse rimasto il dominus e, altresì, che tale situazione non fosse stata mai da lui resa manifesta alla struttura burocratica dell’ente con atti formali. Ricorda, infine la Cassazione, come l’obbligo di astensione per l’ipotesi d’interesse proprio non prevede eccezioni, se non nel caso di atto normativo generale, tra i quali, pacificamente non rientra quello oggetto del giudizio.
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