Il fatto
Un ente che si è visto denegare il piano di riequilibrio dalla Sezione regionale della Corte dei conti in sede di controllo, ne ha impugnato la decisione davanti alle Sezioni Riunite. Tra le varie doglianze, rispetto alla verifica compiuta dalla Sezione Regionale, vi è stata anche quella riguardante la determinazione della differenza di calcolo del Fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE) con il passaggio dal metodo semplificato al metodo ordinario, rispetto al quale si lamenta la violazione dell’art. 188 del TUEL e dell’art. 39-quater del d.l. n. 162/2019 che ne prevede uno specifico ripiano in 15 anni e che impedisce dunque che lo stesso possa essere oggetto del Piano di riequilibrio pluriennale. In altri termini, l’ente locale ha sostenuto che il maggior disavanzo derivante dal cambiamento del metodo di calcolo del FCDE, era già oggetto dello specifico ripiano in 15 anni previsto dall’art. 39-quater del d.l. n. 162/2019, e pertanto non potesse essere compreso nella massa passiva del Piano di riequilibrio pluriennale.
Le indicazioni delle Sezioni riunite
In via preliminare il Collegio contabile ha osservato che, il disavanzo da ripianare con il Piano di riequilibrio pluriennale concorre con il disavanzo da ripianare ai sensi del citato art. 39-quater, oltre che con gli ulteriori disavanzi già prodotti (tra cui quello da riaccertamento straordinario). Nel caso di specie, inoltre, il Comune non avrebbe potuto comunque beneficiare del ripiano previsto dall’art. 39-quater del d.l. n. 162/2019. La norma consentiva infatti agli enti che fino al 2018 si erano avvalsi della facoltà di calcolare il FCDE con il metodo semplificato di ripianare in 15 anni l’eventuale maggior disavanzo derivato dalla determinazione dello stesso con il metodo ordinario nel rendiconto del 2019 in misura non superiore alla differenza tra l’importo del Fondo accantonato nel risultato di amministrazione del 2018 e quello accantonato nel risultato di amministrazione del 2019. Come correttamente accertato dalla Sezione regionale di controllo in sede istruttoria, l’ente, negli esercizi precedenti al 2019, non ha determinato il FCDE con il metodo semplificato, limitandosi ad accantonare di volta in volta la quota stanziata a tal fine nel bilancio di previsione. Al di quantificare il FCDE con il metodo ordinario, l’ente ha provveduto solo in via virtuale a determinarne l’ammontare dell’esercizio precedente con il metodo semplificato, ritenendo di poter usufruire in questo modo dei benefici del ripiano pluriennale.
Non sussistevano, pertanto, a giudizio di questo Collegio, le condizioni previste dalla legge per disporre il ripiano eccezionale, con la conseguenza che il disavanzo emerso dal rendiconto 2019 doveva essere recuperato con gli strumenti ordinari oppure ricompreso nella massa passiva da ripianare con il piano di riequilibrio pluriennale di cui all’art. 243-bis del TUEL.
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