L’Ente pone un quesito in tema di fruizione del servizio di scuolabus da parte di minori, residenti in un comune diverso da quello a nome del quale il veicolo è immatricolato a uso proprio, per poter frequentare le scuole primarie ubicate nel territorio di quest’ultimo, benché esistenti anche nel comune di residenza.
In particolare, l’Ente chiede di conoscere:
a) se si renda sempre necessaria la convenzione tra le due amministrazioni o quantomeno l’autorizzazione del sindaco del comune di residenza degli utenti;
b) come sia possibile procedere, qualora il predetto comune di residenza non intenda stipulare la convenzione/autorizzare il trasporto.
Occorre, anzitutto, rilevare che l’uso degli automezzi comunali destinati al trasporto scolastico è regolato da due discipline: quella di carattere generale, contenuta nel decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e quella specifica, recata dal decreto del Ministero dei trasporti e della navigazione 31 gennaio 1997 (Nuove disposizioni in materia di trasporto scolastico).
Circa la disciplina di carattere generale rilevano, per quanto qui d’interesse, gli articoli 82 e 83 del D.Lgs. 285/1992:
– l’articolo 82 dispone sulla destinazione[1] e sull’uso[2] dei veicoli, prevedendo che essi possono essere adibiti a uso proprio o a uso di terzi[3] e contemplando sanzioni per l’inosservanza delle relative previsioni[4];
– l’articolo 83 tratta dell’uso proprio dei veicoli stabilendo, in particolare, che «Per gli autobus adibiti ad uso proprio e per i veicoli destinati al trasporto specifico di persone ugualmente adibiti a uso proprio, la carta di circolazione può essere rilasciata soltanto a enti pubblici, imprenditori, collettività, per il soddisfacimento di necessità strettamente connesse con la loro attività, a seguito di accertamento effettuato dal Dipartimento per i trasporti terrestri sulla sussistenza di tali necessità […]» (comma 1) e sanzionando chiunque adibisca ad uso proprio un veicolo per trasporto di persone senza il titolo prescritto, o che violi le condizioni o i limiti stabiliti nella carta di circolazione[5].
La disciplina speciale del servizio di trasporto scolastico è recata, invece, dal decreto del Ministero dei trasporti e della navigazione 31 gennaio 1997 che, all’articolo 3, detta le disposizioni in tema di utilizzo dei veicoli immatricolati in uso proprio a nome dei comuni e degli altri enti locali o loro consorzi.
Per quanto qui rileva, occorre avere riguardo al comma 1 della norma, ai sensi del quale possono utilizzare gli autobus ed i minibus, gli scuolabus o i miniscuolabus:
a) alunni e bambini abitanti nel territorio dell’ente a cui nome il veicolo è immatricolato e frequentanti le scuole site nei territori dei rispettivi enti;
b) alunni e bambini abitanti nel comune a cui nome il veicolo è immatricolato, frequentanti scuole site in altri comuni, qualora nel territorio dello stesso comune manchi la corrispondente scuola;
c) alunni e bambini abitanti in comuni diversi da quello in cui ha sede la scuola frequentata, «a condizione che i rapporti fra gli enti locali interessati siano regolati in base a quanto previsto dalla legge 8 giugno 1990, n. 142»[6].
Per illustrare e chiarire i contenuti del predetto decreto, il Ministero dei trasporti e della navigazione è intervenuto con circolare 11 marzo 1997, n. 23, nella quale ha, anzitutto, precisato che «Al fine dell’effettuazione del trasporto scolastico tutti i veicoli […] debbono essere utilizzati nell’assoluto rispetto delle norme vigenti in materia di uso e destinazione degli stessi, contenute nel decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 […]; in particolare debbono essere osservate le eventuali prescrizioni o limitazioni contenute nelle carte di circolazione relative ai veicoli in uso proprio […]».
Quanto all’utilizzo dei veicoli immatricolati in uso proprio a nome dei comuni, degli altri enti locali o loro consorzi, il Ministero ha evidenziato che tali soggetti possono utilizzare i veicoli per trasportare (tra gli altri) alunni e bambini, frequentanti la scuola dell’obbligo o la scuola materna, abitanti in comuni diversi da quello che ha immatricolato in uso proprio il veicolo, «solo se tra i predetti Comuni intercorrono rapporti regolati dalla legge 8 giugno 1990, n. 142».
Il Ministero ha poi affermato che «per singoli casi è sufficiente l’autorizzazione del Sindaco del Comune in cui dimora l’alunno o il bambino».
La necessità di addivenire ad apposita convenzione tra i comuni interessati, per poter procedere legittimamente al trasporto scolastico di studenti residenti in un comune diverso da quello che eroga il servizio, è stata affermata anche dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI).
Di particolare interesse, per l’affinità della fattispecie esaminata all’ipotesi oggetto della presente trattazione, risulta essere un parere reso dall’ANCI il 20 luglio 2009.
L’ente locale richiedente la consulenza lamenta che alcuni residenti fruiscono del servizio di scuolabus erogato da un comune limitrofo il quale, prelevandoli dal territorio di residenza, li conduce alle proprie scuole medie. L’ente, segnalando che nel proprio territorio è presente il medesimo grado di scuola, intende negare, al comune limitrofo, il consenso necessario a permettere il predetto trasporto sul proprio territorio.
Anzitutto, l’ANCI afferma che la condizione posta dall’articolo 3, comma 1, lettera c), del D.M. 31 gennaio 1997 «rimette all’ente proprietario dei mezzi di valutare se esistono le condizioni per estendere il servizio all’ente limitrofo, e da parte dell’altro ente, se accettare l’effettuazione sul proprio territorio del servizio di raccolta e trasporto alunni svolto da scuolabus del comune vicino».
L’ANCI evidenzia, quindi, che:
– lo strumento convenzionale «perché si perfezioni, richiede la volontà di entrambe le parti, manifestata a livello di consiglio comunale, che dia atto della reciproca convenienza ed utilità di effettuare, in forma congiunta, il servizio di trasporto scolastico»;
– in presenza di elementi che rivelino un’utilità orientata in un’unica direzione «non si ravvisa alcun obbligo di aderire ad una convenzione da parte dell’ente che si ritiene ‘svantaggiato’ dalla stipula di questo atto»;
– la stipula di una convenzione «deve essere fondata, affinché si possa realizzare, su un’identità o una convergenza di intenti verso un fine il più possibile condiviso».
Occorre, inoltre, rilevare che il trasporto di alunni non residenti nel comune a nome del quale il mezzo è immatricolato impone anche di dover verificare se la polizza assicurativa stipulata per l’uso del mezzo offra già idonea copertura. In difetto, si dovrà procedere all’estensione dell’assicurazione al percorso esterno al territorio comunale ed ai trasportati appartenenti ad altro comune.[7]
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[1] «Per destinazione del veicolo s’intende la sua utilizzazione in base alle caratteristiche tecniche.» (comma 1).
[2] «Per uso del veicolo s’intende la sua utilizzazione economica.» (comma 2).
[3] «Si ha l’uso di terzi quando un veicolo è utilizzato, dietro corrispettivo, nell’interesse di persone diverse dall’intestatario della carta di circolazione. Negli altri casi il veicolo si intende adibito a uso proprio.» (comma 4).
[4] I commi 8 e 10 prevedono, rispettivamente, che «Ferme restando le disposizioni di leggi speciali, chiunque utilizza un veicolo per una destinazione o per un uso diversi da quelli indicati sulla carta di circolazione è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 85 ad euro 338.» e che «Dalla violazione dei commi 8 […] consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della carta di circolazione da uno a sei mesi, secondo le norme del capo I, sezione II, del titolo VI. In caso di recidiva la sospensione è da sei a dodici mesi.».
[5] I commi 4 e 5 dispongono, infatti, che «Chiunque adibisce ad uso proprio un veicolo per trasporto di persone senza il titolo prescritto oppure violi le condizioni o i limiti stabiliti nella carta di circolazione è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 169 ad euro 680.» e che «La violazione di cui al comma 4 importa la sanzione accessoria della sospensione della carta di circolazione per un periodo da due a otto mesi, secondo le norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI.».
[6] La previsione deve intendersi riferita allo strumento giuridico della convenzione tra enti locali, di cui all’articolo 24 della L. 142/1990 (Ordinamento delle autonomie locali). Attualmente, occorre fare riferimento all’articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) e, per gli enti locali di questa Regione, all’articolo 21 della legge regionale 9 gennaio 2006, n. 1 (Principi e norme fondamentali del sistema Regione – autonomie locali nel Friuli Venezia Giulia).
[7] Sul tema si segnalano i pareri ANCI 19 gennaio 2007 e 3 luglio 2008.
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