Quest’ultimo dato sembrerebbe, peraltro, il frutto di processi di fusione, in attuazione dei piani di razionalizzazione, di adeguamento alla obbligatoria gestione in forma associata (c.d. ambiti o bacini) dei servizi in rete.
Oltre alle società partecipate dai Comuni, diminuiscono anche le partecipazioni pubbliche locali (ogni società, infatti, può essere partecipata da più Comuni, il che spiega il numero di partecipazioni ben superiore a quello delle società).
Il calo delle partecipazioni è pari al 27,7% rispetto al 2015: le partecipazioni erano pari a 127.262 mentre nel 2018 le partecipazioni sono pari a 91.966.
Entrando nel dettaglio delle 4.313 società pubbliche locali presenti nel 2018 (ed assumendo a riferimento i codici Ateco primari), il 67,5% di queste eroga servizi pubblici (SIG e SIEG), il 22% attività strumentali (ad esempio i servizi di informatica, le attività scientifiche e professionali, le attività amministrative e di supporto), l’8,6% opera in “altri settori” (ad esempio il settore industriale, le attività di commercio e magazzinaggio, i servizi postali, i noleggi, il settore culturale etc).
Circa il 90% delle società partecipate dai comuni produce, dunque, servizi di interesse generale (economico e non), ovvero servizi strumentali (autoproduzione). Le società pubbliche locali si concentrano nel nord del Paese (58,4%) dove del resto sono più numerosi anche i Comuni (56% del totale). Interessante è la presenza a Nord di partecipazioni indirette, segno di una struttura più complessa e specializzata.
Raffrontando questo dato alle 1.654 società “estinte”, il gruppo “altri settori” vede la diminuzione più elevata, sintomo che ad essere abbandonate sono in primo luogo le società più lontane dalle finalità istituzionali (il “core business”) degli enti locali soci. Inoltre, sempre in relazione alle società “estinte”, in ben 802 casi la totalità della partecipazione cumulata anche di più comuni non raggiungeva il 3,5% dell’intero capitale (c.d. “partecipazioni pulviscolari”).
Il 90% delle società “estinte” (1.357 su 1.654) non risponde ai criteri di “conservazione” previsti dal Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (d.lgs. 175/2016).
Ifel ha inoltre analizzato la situazione economico-patrimoniale delle 2.732 società di cui è disponibile il bilancio di esercizio 2016 (il 63% su 4.313); ebbene, il 75% di queste (2.053 su 2.732) registra un risultato di esercizio in utile, per un risultato “consolidato” di oltre 2,5 miliardi di euro, a fronte di 1,1 miliardi di euro di perdite del restante 25% (con un saldo positivo di 1,4 miliardi di euro).
Le società partecipate dai comuni operanti nei servizi a rete (gas, acqua, energia e rifiuti), escluso il trasporto pubblico locale (Tpl), sono complessivamente in utile (1,275 miliardi di euro). Anche il Tpl, al netto delle quattro principali aree metropolitane (Napoli, Roma, Torino e Milano), presenta un risultato di esercizio complessivamente positivo. Per le società di trasporto delle quattro città maggiori, invece, dai dati disponibili dei bilanci 2016, solo Atm a Milano ha registrato un risultato d’esercizio positivo, a fronte delle perdite registrate da Gtt Torino, Atac Roma e ANM di Napoli.
Lo studio infine analizza i dati presenti nei piani di ricognizione straordinaria adottati dai 111 comuni capoluogo di provincia o città metropolitana, ai sensi dell’articolo 24 del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.
Si tratta di 1.576 partecipazioni comunali, a cui corrispondono 1.482 società partecipate (nel caso dei comuni capoluogo/città metropolitane, dunque, il rapporto partecipazioni/società partecipate è pari quasi a 1). Per oltre un terzo di tali partecipazioni (568, pari al 36%) sono previste azioni di razionalizzazione, che, nella larghissima maggioranza, consistono in operazioni di cessione delle partecipazioni o liquidazione delle società.
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