La società partecipata nel trasporto pubblico in perdita può essere salvata dai comuni soci solo in caso di realistica ristrutturazione. In caso di copertura di perdite pregresse senza un piano di risanamento prospettico che, anzi, ha successivamente mostrato di essere irrealistico è da considerare una grave violazione contabile oltre che causa di ulteriori inefficienze. Sono queste le conclusioni della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti contenute nella deliberazione n.33/2021.
La vicenda
Una società pluriservizi, avente ad oggetto sociale la gestione del trasporto pubblico di cose e persone, urbano ed extraurbano, oltre ad attività connesse, quali il noleggio, i trasporti scolastici e la gestione di parcheggi a pagamento, presentava perdite da ripianare da parte dei soci pubblici cui apparteneva anche l’ente locale oggetto di verifica da parte dei giudici contabili. Risultavano a tal proposito sintomi di criticità finanziaria mediante indicatori di sicura debolezza. In particolare, oltre alla circostanza per cui negli anni 2017 e 2018 la società in oggetto presenta e documenta perdite di esercizio, veniva accertata una erosione patrimoniale, indotta dai risultati economici negativi registrati negli ultimi esercizi nonché dai rischi gravanti sulla solvibilità aziendale per effetto della prevalenza delle passività correnti sull’attivo circolante. Il piano di risanamento deciso dai soci prevedeva in particolare: a) copertura del fabbisogno finanziario del Piano supportato dall’impegno assunto degli azionisti; b) dall’eventuale intervento di soggetti terzi (nuovi Soci privati); c) riduzione del costo del personale, assicurata nel Piano, vista la situazione di pre-crisi, dal “… più assoluto rispetto delle norme di legge e contrattuali vigenti, allo scopo di assicurare la conservazione degli attuali livelli occupazionali”, così da far risultare “… improcrastinabile procedere all’apertura di un tavolo di contrattazione, avente ad oggetto il contratto integrativo aziendale e tutti gli accordi integrativi ad personam attualmente presenti, aprendo un nuova fase di rinegoziazione dello stesso.
Nonostante le indicazioni la società presentava nell’esercizio successivo perdite maggiori di quelle registrate negli esercizi pre risanamento. Tra gli indicatori più preoccupanti figurano quelli relativi all’indebitamento in genere, all’esposizione debitoria nei confronti dei principali fornitori (su tutti i fornitori del carburante ed a seguire i servizi meccanici e le assicurazioni), ai debiti verso l’erario e verso gli enti previdenziali, debiti che, già in precedenza, superavano la soglia tollerabile ed ai quali si aggiungeva il totale mancato accantonamento di fondi per i trattamenti di fine rapporto dei dipendenti, oltre ad una situazione patrimoniale molto fragile. Dalla relazione del Presidente veniva certificato che considerato il capitale sociale, considerate le perdite di esercizio (nonostante le azioni intraprese dagli amministratori per quanto di loro competenza sul versante dei costi strutturali), considerati i debiti verso i fornitori e verso l’erario, considerati altresì gli importi dei Tfr del personale in uscita, la società avrebbe immediato bisogno di un rilevante flusso di risorse finanziarie per la ripatrimonializzazione e la realizzazione di investimenti per il rinnovo del parco mezzi che nell’arco del Piano doveva essere di circa 2 milioni di euro. Nonostante le positive intenzioni dei soci, il lavoro svolto dagli organi societari, vista quindi la materiale impossibilità a dare implementazione alla realizzazione del Piano di ristrutturazione, alla luce delle disposizioni di cui al D.Lgs. 12.01.2019 n. 14 a cui debbono aggiungersi le già menzionate dimissioni del CdA, rassegnate come atto di favore e rispetto politico verso le nuove amministrazioni comunali, occorre una forte presa d’atto della situazione e, come anticipato ai sindaci presenti alla riunione tenutasi in Prefettura il 09 settembre 2019, procedere all’istanza di composizione assistita della crisi ex art. 12 e seguenti del citato D.Lgs. presso gli organi preposti. In altri termini, il Piano sulla base di quanto illustrato nella Relazione citata, non si è dimostrato in grado di garantire gli obiettivi traguardati, come evidenzia il progressivo peggioramento delle performance gestionali della Società.
Il nuovo amministratore unico ha commissionato un nuovo studio di risanamento e ristrutturazione in ragione della presa d’atto della pubblica utilità dei servizi di TPL prodotti e della necessità, per i Comuni soci, di farsi carico della relativa quota di costi della produzione non coperti dai corrispettivi dei contratti di servizio e dai ricavi da traffico, al netto degli utili generati dalle linee di attività a valore aggiunto. Presupposto di tale soluzione è la condivisione ed approvazione da parte degli enti pubblici soci, contestualmente al bilancio dell’esercizio 2019 ed alla necessaria ricostituzione del capitale sociale.
Si prendeva atto che, la gestione aziendale, sostanzialmente equilibrata grazie all’intervento dei Comuni soci sino all’esercizio 2016, si è progressivamente deteriorata, risultando successivamente “incerta, diseconomica, precaria sotto il profilo patrimoniale e del tutto insostenibile sul piano finanziario”. Con il riformulando Piano per il periodo 2020-2023, oltre a prevedere strategie operative ed economico-finanziarie della Società secondo rigorosi principi economico- aziendali, accogliendo un approccio particolarmente prudenziale, la revisione del Piano presuppone, quale condizione essenziale e propedeutica, il ripiano da parte dei Comuni soci delle perdite pregresse, con conseguente ricostituzione del capitale sociale. Per l’anno 2020, l’intervento a carico dei Comuni soci si somma, tuttavia,alla contribuzione necessaria a ricostituire il capitale aziendale, mediante il ripiano delle perdite cumulate al 31/12/2019, con un ammontare complessivo superiore a € 1 milione di euro, che potrebbe non risultare agevolmente sostenibile.
I rilievi del Collegio contabile
Ciò premesso, la Sezione ha ritenuto doveroso rammentare il disposto dell’art. 14, comma 4, del d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 e s.m.i., secondo cui in caso di crisi aziendale non costituisce un idoneo piano di risanamento “la previsione di un ripianamento delle perdite da parte dell’amministrazione o delle amministrazioni pubbliche socie, anche se attuato in concomitanza a un aumento di capitale o ad un trasferimento straordinario di partecipazioni o al rilascio di garanzie o in qualsiasi altra forma giuridica, a meno che tale intervento sia accompagnato da un piano di ristrutturazione aziendale, dal quale risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività svolte, approvato ai sensi del comma 2, anche in deroga al comma 5”. Nel contempo, occorre porre l’accento sul fatto che, giusta il comma 5 del medesimo articolo, non è possibile “salvo quanto pre visto dagli articoli 2447 e 2482 ter del codice civile, sottoscrivere aumenti di capitale, effettuare trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate, con esclusione delle società quotate e degli istituti di credito, che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti straordinari alle società di cui al primo periodo, a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, purché le misure indicate siano contemplate in un piano d i risanamento, approvato dall’Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti con le modalità di cui all’articolo 5, che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro tre anni.
La Sezione ha osservato, in primo luogo, che il Piano di Risanamento originario non è mai stato comunicato alla Sezione del Controllo della Corte dei conti, difformemente dal disposto di cui all’art. 14, co. 5, d.lgs. n. 175/2016, e, in ogni caso, quindi, mai sottoposto all’attenzione della Corte dei conti; in secondo luogo, il detto Piano 2018/2021 contempla, ad ogni buon conto, l’intervento da parte dei Comuni soci, al fine di mantenere la continuità aziendale, finanziariamente sostenibile, attraverso il ripiano della perdita degli esercizi 2018 e 2019, dopo che già l’esercizio 2017 presentava una cospicua perdita.
Sulla questione ha rammentato la Sezione come A questo punto, la Sezione ritiene opportuno subito rammentare che la norma di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in
materia di società a partecipazione pubblica), prevede che, qualora un organismo partecipato presenti un risultato di esercizio negativo che non venga immediatamente ripianato, l’Ente locale partecipante è tenuto ad accantonare, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, l’importo corrispondente in apposito fondo vincolato del bilancio di previsione dell’anno successivo. In altri termini deve essere creata una e, creata una relazione diretta tra le perdite registrate dagli organismi partecipati e la consequenziale contrazione degli spazi di spesa effettiva disponibili per gli enti proprietari a preventivo, con l’obiettivo di una maggiore responsabilizzazione degli enti locali nel perseguimento della sana gestione degli organismi partecipati. L’adempimento dell’obbligo di accantonamento di quote di bilancio, in correlazione a risultati gestionali negativi degli organismi partecipati, non comporta l’insorgenza a carico dell’Ente socio, anche se unico, di un conseguente obbligo di ripiano di dette perdite o all’assunzione diretta dei debiti del soggetto partecipato. Pur in presenza degli accantonamenti in argomento, pertanto, il “soccorso finanziario” nei confronti degli organismi partecipati si ritiene permanga del tutto precluso, allorché si versi nella condizione di reiterate perdite di esercizio, presa in considerazione dall’articolo 6, comma 19, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con disposizione confermata dall’art. 14, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016, situazione che ricorre ampiamente nella fattispecie.
Conclusioni
Precisato quanto sopra, ne deriva che un ente locale, che dovesse assorbire, sistematicamente, a carico del proprio bilancio, i risultati negativi della gestione di un organismo partecipato, pur in presenza degli accantonamenti prudenziali di cui all’art. 21 in oggetto, sarà tenuto a dimostrare lo specifico interesse pubblico perseguito, in relazione ai propri scopi istituzionali, evidenziando in particolare le ragioni economico giuridiche dell’operazione, le quali, devono necessariamente essere fondate sulla possibilità di assicurare una continuità aziendale finanziariamente e positivamente sostenibile. In definitiva, la previsione del ripianamento delle perdite da parte del socio pubblico può essere considerata un provvedimento adeguato solo ed esclusivamente se accompagnata da un piano di ristrutturazione aziendale dal quale si evincano chiaramente concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività.
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